In a Time Lapse chiude a Caracalla

Archi in distorsione. Ambientazioni tra il punk e ll metal. Entusiasmo dei fan da concerto rock.
Il pianista, compositore con la fama di una popstar, Ludovico Einaudi e la sua band delle meraviglie continuano a sorprendere e a stupire. Non fa eccezione l’ultima data del tour legato all’album “In a time lapse”, un doppio giro del mondo durato due anni e mezzo e conclusosi definitivamente ieri, domenica 2 agosto, alle Terme di Caracalla, con il concerto di Einaudi incasellato tra i fuoriprogramma pop della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma.

Ludovico Einaudi__C Beniamino BarreseSuoni dal mondo della natura. Le corde di chitarra, violini e violoncello, assieme alle ricostruzioni elettroniche di Alberto Fabris rendono appieno il senso degli elementi che nel circolo di note, asse strutturale delle melodie di Einaudi, si trasformano in musica d’ascolto eccellente e gradevole per molti.

Si apre dunque con “Waterways”, si passa per “In a Time Lapse”, il brano che dà il nome all’album, mentre la critica attende già trepidante il prossimo lavoro del maestro che si dovrebbe manifestare in autunno.

Il pubblico sugli spalti e sotto il palco gode. In estasi i fan del maestro, plaudenti anche i più profani, vista la notorietà dei brani, resi celebri anche da spot televisivi e colonne sonore cinematografiche.

caracallaLa prima esplosione del pubblico di Caracalla c’è – rituale rodato nelle oltre duecento date precedenti – quando i musicisti risuonano nel fragore di vitalità che è “Life Experience”.

Applausi a scena aperta con ovazioni per il maestro Einaudi, il giovanissimo polistrumentista Federico Mecozzi che ruggisce con il suo violino, la sorprendente new entry Kaori Yamagami, autorevole al violoncello e in grande empatia con la platea.
Altri suoni – o meglio ritmi – distintivi delle composizioni restano i battiti di percussioni e tamburelli, una presenza vivace e forte più che un tappeto, a ricordare le numerose frequentazioni col mondo della musica etnica: dalla taranta alle melodie africane, sperimentate lo scorso anno a Milano, nel concerto“Le Piano Africain” per sei pianoforti, due marimbe e quattro balafon.

in a time lapseNon manca, come è tradizione, al centro della performance, il cuore piano-solo del compositore, durante il quale Einaudi ha potuto riproporre i sempre graditi cavalli di battaglia: “Nuvole bianche”, “I giorni”, “Divenire”, prima di un ritorno ai ritmi elettro tribali dei nuovi arrangiamenti che conducono dritti al finale che è rock puro. O meglio “Eden Roc”, con la platea di Caracalla in piedi a ballare come in un concerto degli U2 o dei Coldplay. Ma siamo all’Opera. E guai a chiamarlo easy listening.

Daniele Priori

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