Qualcosa di buono, ‘quasi amici’ al femminile.

L’America affronta i suoi demoni e lo fa attraverso il cinema. Dopo l’ottima prova di Julianne Moore nel pregevole Still Alice di Richard Glatzer, è ora la volta della temibile, inquietante, inesorabile sclerosi laterale amiotrofica (SLA) ed a portarcene sullo schermo gli effetti devastanti, dalla scoperta della malattia sino al tragico epilogo è il premio Oscar Hilary Swank che, superata da poco la soglia dei quaranta, si sente pronta per massacrarsi sullo schermo, dopo averlo fatto con una quantità significativa di pellicole inutili che ci fanno interrogare su come si possa passare dalle vette di Boys Don’t Cry (1999) e Million Dollar Baby (2004), al vuoto spinto delle produzioni successive.

qualcosa-di-buonoCon Qualcosa di buono siamo di fronte alla summa dei cliché sulla malattia ed è impossibile non pensare al bellissimo Quasi amici di Olivier Nakache virato al femminile. Ciò che rende questo blockbuster meritevole di essere visto è il rapporto che si instaura tra le protagoniste e l’indubbio talento della giovane e bellissima attrice-cantante (raro caso di talento a pari livello nelle due discipline) Emmanuelle Grey Rossum.

Il film, infatti, sembra un indie nel plot secondario che vede la vulcanica e casinara Bec (Rossum) protagonista di rockettare performance sessuali di una notte mentre cerca di sfondare sul palchetto di un localino di zona ed un polpettone, a tratti insostenibile, nel plot primario. Fallimento di sceneggiatura, quindi, ma occasione per scoprire una giovane interprete di valore. Qualcosa-di-buono2E’ probabile che il demerito vada proprio alla Swank, abile nelle intense scene d’azione e praticamente negata in quelle d’amore a causa della sua monoespressiva androginia (proprio quella che abbiamo adorato in Boys Don’t Cry). Sono, infatti, di tutto rispetto, gli istanti in cui il dolore della malattia prende il sopravvento e non è da buttare l’ipocrita contesto wasp delle amiche che non vogliono accettare l’intrusione della dura realtà nel loro mondo dorato alla Sex and the City di cui la stessa Kate ed il suo fidanzato “Ken di Barbie” fanno indubbiamente parte, come le Manolo da lei regalate a Bec sono indizio evidente.

QUALCOSADIBUONOL’argomento SLA è talmente serio ed attuale (la protagonista si ammala a 35 anni ed è praticamente in fin di vita due anni dopo), la minaccia talmente trasversale che non si può bocciare un film che faccia riflettere sul tema, anche se ciò avviene (troppo) all’americana. In attesa, quindi, della giornata nazionale ad essa dedicata che, in Italia, sarà il 20 settembre…buona visione.

Massimo Frezza

I commenti sono chiusi.