Si può fuggire, ma non dal destino.

Sarebbe facile immaginare Papa Francesco nelle vesti di Innocenzo X, così come ritratto da Bacon, dinanzi all’opera Yo quiero a la Argentina y ustéd? Io amo l’Argentina, e lei? Si chiede Kokocinski lasciandoci sconvolti di fronte allo sguardo del dittatore nelle tenebre, al buio, dove nemmeno il bianco della bandiera è simbolo di purezza, nello sfregio compiuto alla dignità umana durante quegli anni. La gioventù trascorsa in America Latina, dove l’esperienza di diventare artista lo renderà realmente Artista, viene interrotta dalla barbarie della dittatura. Sono gli anni dell’apolide in fuga.

kokocinskiFino al 1° novembre, la Fondazione Roma Museo – Palazzo Cipolla ospita la mostra personale dell’artista contemporaneo Alessandro Kokocinski.

Pare esserci una simpatia, guardando le tele realizzate a cavallo degli anni dell’esilio, con il grande Chagall. Entrambi fuggono dai luoghi e dalle persone, ma ampliano, de facto, la loro capacità imaginìfica. Quel bagaglio di esperienza umana accumulato a quei tempi rivive costantemente nelle opere di Kokocinski, D’altronde l’Arte è conoscenza dellʹuniversale.

C’è un contemporaneo atemporale in quei dipinti e in quelle statue, come in generale in tutta l’opera dell’artista, dove il sorriso è confuso col ghigno. C’è un’angoscia alla Füssli, non mediata dalla fervente fantasia. È la realtà che supera molto, l’immaginazione e che rende l’angoscia palpabile sulla tela. La serenità degli sguardi persi nell’infinito della notte.

Il vuoto è sempre presente, di certo il bronzo non lo riempie, ma almeno negli occhi dell’osservatore il vacuo è reso meno opprimente. In tal prospettiva, si comprende appieno la necessità di Kokocinski del ritornare in Argentina, per collocare una statua monumentale a Buenos Aires a perpetuo ricordo del più efferato atto criminale compiuto nei confronti della comunità ebraica latinoamericana.

La visione onirica delle opere di fatto collide con la possanza delle sculture, il bronzo sembra dare presenza fisica al ricordo che langue. Da un lato, c’è la seta dipinta che come un velo offusca lo sguardo dello spettatore. Dall’altro, le grandi maschere scolpite e indefinite, solo nella nostra visione, non nella mente dell’artista. Un tourbillon di emozioni si palesa attraversando il percorso della mostra, Kokocinski ci accompagna idealmente in qualsiasi nuance emozionale: commedia e tragedia, luce e oscurità, pittura e scultura, liricità e poeticità. E quando si esce dall’emozionante ”mostra‐viaggio”, balena ripercorrendo la storia dell’Artista, un unico pensiero: si può fuggire, ma non dal destino.

Paolo Rossi
kokocin

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