Diana & Lady D, Serena Autieri è una principessa

Al Teatro Sistina di Roma in scena fino al 19 febbraio ‘Diana & Lady D’ con Serena Autieri, primo spettacolo teatrale al mondo sulla vita della principessa triste, scritto e diretto da Vincenzo Incenzo e prodotto da Engage.

Serena Autieri sul palco senza rete inscena una performance verbale e fisica dai contrasti sorprendenti, facendoci rivivere l’ultima notte della principessa del popolo in un flusso di coscienza intenso e poetico, dove lampeggiano l’infanzia difficile di Diana, la stagione felice dell’adolescenza, la vita controversa con Carlo, le maestose cerimonie reali, le raggianti apparizioni nella moda e nella mondanità, il volontariato spettacolare, i discutibili amanti, la solitudine e il dramma. Fino al sorprendente, spettacolare epilogo, che colpirà il cuore di ogni spettatore.

locandina_Diana&LadyD-low31 agosto, è la sera dell’incidente; Diana sta per lasciare l’appartamento all’Hotel Ritz di Parigi e raggiungere Dodi in macchina; un ultimo colpo di cipria allo specchio ed ecco l’immagine riflessa, l’altra parte di se’: Lady D. E’ l’occasione per confessarsi definitivamente una all’altra lontano da tutto e tutti, e mettere sul piatto senza più nessuna riserva le loro vite inadeguate. E’ un susseguirsi di colpe, un turbinìo di accuse, fino addirittura allo scontro fisico, ma è anche il tentativo estremo di essere ascoltate, comprese, abbracciate. Per arrivare al perdono, alla ricomposizione del se’, al ritorno all’Uno; dopo di cui tutto, anche la morte, può essere accolta con illuminata leggerezza.

Il palco si fa luogo dell’anima e nostalgico dopomondo grazie al disegno scenico del Premio Oscar Gianni Quaranta (Zeffirelli, Yvori, Ross, Corbiau); le luci di A J Weissbard (Bob Wilson, Cronenberg, Sten, Greenaway), inventano suggestioni intense sdoganando spazio e tempo; le cadute e le resurrezioni vengono tratteggiate dalle ballerine di Bill Goodson (Diana Ross, Gloria Estefan, Steavie Wonder, Moulin Rouge). La luce e il colore incontrano la poesia nei vestiti di Silvia Frattolillo, costumista storica del teatro italiano. Immanente è la musica, diretta da Maurizio Metalli, a raccontare un cuore e un epoca, con inediti e successi planetari registrati tra Londra e Los Angeles da musicisti di fama mondiale come Russ Miller, Robert Cohen, Matt Bissonette, abitualmente al fianco di Elton John, Andrea Bocelli, Nelly Furtado, Tina Turner.

“E’ nostra intenzione, il 31 agosto, giorno dell’anniversario della sua morte, presentare questo spettacolo ai figli. Abbiamo avviato un percorso di corrispondenza che sarà sicuramente lungo e macchinoso, e sul quale al momento non ci esponiamo. Ma siamo tutti convinti che la sincerità del nostro lavoro possa arrivare là dove spesso i protocolli si fermano”, spiegano gli autori dello spettacolo.

“Un luogo comune e abusato considera doppie le personalità eccellenti – afferma Vincenzo Incenzo -. Parte pubblica e parte privata da sempre generano suggestioni di contrasti forti, violenti, talvolta fatali. Due anime in lotta, una fragile, l’altra invincibile, che condividono un unico corpo. Mai come nel caso di Diana però tutto questo è stato così trasparente. La principessa e la maestrina d’asilo, la bulimica e la filantropa, la mamma e l’amante si sono ostacolate e combattute fino all’ultimo giorno, bruciando una il terreno dell’altra e rivendicando la loro impossibilità di coesistere mentre incessanti scorrevano copertine patinate, sorrisi, onorificenze ed applausi. Da qui l’idea di un monologo verbale e fisico che potesse, entrando con violenza e tenerezza negli aspetti emotivi e nelle dinamiche psicologiche della complessa personalità di Diana, scardinare l’esteriorità per portare alla luce i lati più nascosti o taciuti di un personaggio ancora tutto da scoprire, e, con quel personaggio, il percorso duplice e misterioso che ognuno di noi attraversa oscillando tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. Strappare le radici di noi stessi per farle brillare senza paura al sole, nell’illusorio quanto coraggioso tentativo di fare un piccolo passo in avanti nella conoscenza dei nostri abissi e dell’origine ignota delle nostre lacrime e dei nostri sorrisi. Ho pensato ad una lettura verticale del palco, concepito su due altezze differenti, perché il tracciato oculare dello spettatore potesse abituarsi ad una lettura “alto-basso” facilmente associabile a una bipolarità riflettente all’impatto l’essere e l’apparire”.

Serena Autieri - FOTO DOBICI“Da qui – prosegue il regista – ho immaginato una serie di suggestioni sceniche, con oggetti fuori scala, immagini sdoganate dall’arte classica e riformulate, perché tutto potesse apparire come filtrato dallo sguardo tormentato di Diana, nel tentativo di avvicinare il pubblico al suo paesaggio interiore, assediato da tutte le sue indotte o inseguite incoerenze. Gianni Quaranta ha dato forma ai miei sogni, e fondamentale sono state la presenza di Bill Goodson, le intuizioni di A J Weissbard, le proposte di Silvia Frattolillo, l’esperienza attoriale di Fioretta Mari. Mancava la protagonista, un attrice cantante tanto forte e incosciente da prendersi sulle spalle le due anime e vomitarle sulla scena. Mancava un’anima sicura e fragile, com’era Diana. Dalla prima lettura del testo Serena era la principessa triste, come catturata da un richiamo; con una passione e una volontà commoventi giorno dopo giorno ne ha edificato la sua verticalità. Senza rete, senza ricette. Occorrevano, le viscere, più che il cervello. E cuore infinito. Nessuno specchio, nessun ologramma, nessun trucco di scena. Semplicemente il continuo errare a vista di un’anima da un involucro all’altro, dal pianto alla ragione, dalla tenerezza alla follia, dalla ribellione alla resa. I forti contrasti, il personaggio e il suo doppelganger, la presenza solitaria sul palco, il ritmo serrato, portano Serena ad una prova d’attrice cantante assoluta, dove tutti i climi emozionali vengono sviscerati, con la volontà di consegnare al pubblico un tracciato di parola e di corpo che mi auguro lasci tutti con il fiato sospeso fino all’ultimo sorprendente quadro”.

“Diana & Lady D – conclude Vincenzo Incenzo – è la favola amara della principessa scomparsa, ma è anche il grido di ogni donna inascoltata, schiacciata nei suoi intendimenti, mortificata nella propria femminilità; un inno alla differenza, la celebrazione di un bene superiore, la promessa di fiducia e di pace alla donna che verrà. Perché ancora oggi, in una società devota alla religione dell’individualismo, la libertà femminile è una libertà spesso non prevista. Perché ancora oggi alle donne è rimproverato di non imparare a leggere in tempo i segnali della violenza per garantirsi una salvezza. Ma è la donna, nella Storia del mondo a sovvertire sempre le regole, spesso attraverso il suo sacrificio estremo. Dopo di cui niente può, o deve, essere più come prima”.

Il sipario si apre sulla notte dell’incidente; le parole di una bambina, come una memoria sbiadita, a ricordare intenti di una vita disattesa; poi notiziari da tutto il pianeta annunciano nel buio la morte della principessa. Quando si illumina la scena troviamo Diana nuda, senza vita, in terra, sotto un cumulo di giornali. Dall’alto scendono angeli, che rimuovono i giornali, posizionano le lancette del grande orologio stagliato nel cielo due ore indietro e sollevano Diana.

Diana si volta. Ora è viva, e può riattraversare le ultime due ore della sua vita. Si veste, va allo specchio per truccarsi. Dodi la sta aspettando nella hall dell’albergo, per fuggire via dall’ennesimo presidio dei fotografi. Ma allo specchio il rossetto le cade di mano. Qualcosa nella stanza la turba. E’ l’altra parte di se’, la parte pubblica, divenuta icona planetaria. E’ Lady D. Diana avverte il rancore, i rimpianti e i rimorsi per una vita inconciliabile con la sua vera natura.
Vengono alla luce i ricordi di un’infanzia ancora rimpianta, la scuola, le lezioni di pianoforte e di danza, le amiche di un tempo, ma anche i primi risentimenti, l’incubo in famiglia di un erede maschio, un padre assente che l’ha venduta alla famiglia reale. Il mondo di ragazza ora giace dietro una gabbia d’oro. Le ali dei gabbiani di un tempo sono ora la rete metallica del suo confine con la felicità. Ma ecco in alto sul palco incombere Lady D, in un cuore di porpora e oro. Anche lei ha visto morire il suo universo. Il matrimonio più fastoso della storia, i grandi incontri, un compromesso accettato con Camilla. Lady D era pronta, ma Diana, la parte liberà di se’, non lo ha permesso. Così Lady D strappa indignata il suo velo nuziale, rivive con rabbia il primo parto, in una lotta furiosa con se stessa: reprimere quel figlio in grembo o andare fino in fondo nella grande commedia della vita?

La principessa si dissolve e ritroviamo Diana ubriaca, alle prese con i suoi fantasmi e le violenze psicologiche che è costretta a subire. La bulimia, la competizione con Camilla, la mortificazione dei farmaci, l’infelicità sentimentale e sessuale. La sua disperazione si fa denuncia in favore di tutte le donne oppresse, mentre su lei cala inesorabile la prigione dell’apparire. Lady D non si arrende, vuole salvarsi, imporre il suo ruolo; in un vortice di televisori che trasmettono dall’intero pianeta grida con orgoglio la sua ascesa nel mondo della comunicazione, del glam e della moda.

La rabbia contro Diana non è servita, ed è sul piano del compiacimento che la principessa tenta ora di allearsi con la donna: perché non cavalcare l’onda degli eventi, perché non godersi la vita? Ma ai primi flash dei fotografi la sua immagine si scompone, si polverizza; la sua armatura regale si sfalda e nuda in scena torna Diana, con la sua disperazione per una vita che le nega tregua, privacy e umanità. Ecco scorrere allora in un fiato la sua infelice parabola sentimentale, dal sogno del principe all’abisso di amanti inutili quanto vigliacchi. Mentre Diana si concede all’ennesimo uomo in preda a un desiderio estremo di annullamento, Lady D passa ora al ricatto, puntando la lama nella carne viva di Diana: i suoi due figli. Le grida in faccia i doveri di madre disattesi, la vergogna a cui li ha esposti; Diana reagisce con violenza, si dispera. I suoi incubi la assediano. La donna e la principessa sono sempre più distanti. Ma è un dolore estremo a muovere in entrambe il primo passo una verso l’altra. La morte del padre, e quel funerale al quale non si può partecipare se non accompagnati dai reali. Anche Lady D ha capito di non essere padrona di nulla, nemmeno del proprio dolore. L’ultimo tentativo di fuga lo propone Diana, nello scenario dell’Angola, dove ha raggiunto donne e bambini per la campagna contro le mine antiuomo. I suoi sforzi verso chi soffre, che sovvertono il protocollo a Buckingham Palace, si rivelano però solo gli accessori nobili di una principessa triste che attraverso il dolore degli altri vuole salvare se stessa. Ora, nel buio, il rumore di una frenata rompe l’intenso dialogo tra le due. Lady D e Diana si parlano. Cosa è successo? Lady D ha capito, il tempo è finito. Diana no, crede o vuole credere che tutto sia ancora possibile.

Su una grande altalena sospesa nel vuoto Diana e Lady D ora riunite in una sola immagine si parlano con le lacrime agli occhi, mentre controluce la sagoma di una bambina sull’altalena attraversa la scena in senso contrario. Poi l’altalena sparisce in quinta e torna vuota. In un cielo di nuvole che si allontanano dal mondo ecco Diana e Lady D finalmente unite ascendere al cielo, dove si illumina il viso di Diana bambina. E’ il ritorno all’innocenza, o forse il Paradiso. Ma è soprattutto la scia di luce che la principessa triste lascerà nel cuore della gente per tutti i tempi a venire. Perché quella di Diana non è morte, è narcosi. Anticamera della resurrezione.

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