Bugie da ridere.


Paola Cortellesi, dopo i successi di “Un boss in salotto” (con Rocco Papaleo) e “Sotto una buona stella” (con Carlo Verdone), torna sul grande schermo con Raoul Bova (una coppia consacrata da “Nessuno mi può giudicare”) nella commedia “Scusate se esisto!”, diretta dal marito Riccardo Milani, che racconta con intelligenza due ‘invisibili’: la storia di un omosessuale non dichiarato e quella di una donna architetto tanto brava quanto disoccupata, ma solo in Italia.

“La storia è frutto di invenzione ma ha forti radici nella quotidianità. Siamo partiti da una riflessione sull’esperienza di tante persone che vanno a lavorare all’estero, con esiti positivi, e poi per qualche motivo vogliono rientrare in Italia. Un altro argomento che ci stava a cuore era la differenza di trattamento che c’è sempre stata tra uomini e donne nel mondo del lavoro. Oggi ai vertici aziendali o istituzionali il capo è quasi sempre una figura maschile e le donne hanno un posto secondario”, racconta Paola Cortellesi alla presentazione del film nel quale interpreta Serena Bruno, una ragazza abruzzese dal talento straordinario. Serena, dopo una serie di successi professionali all’estero, ha deciso di tornare a lavorare in Italia, perché ama il suo paese. Ma nell’avventurosa ricerca di un posto di lavoro si trova di fronte a una scelta folle, farsi passare per quella che non è, ma che tutti si aspettano sia: vale a dire un uomo. L’incontro con Francesco (Raoul Bova) fa al caso suo. Serena se ne innamora, ma quando scopre che è omosessuale non rinuncia alla sua compagnia. Francesco sarà al suo posto l’architetto maschio che lo studio, dove Serena ha presentato il progetto di ‘chilometro verde’ al Corviale (un progetto vero di Guendalina Salimei) si aspetta e, in cambio, lei sarà quella moglie che serve a Francesco per recuperare il rapporto con un figlio adolescente avuto in un precedente matrimonio.

“Io e Paola – racconta il regista – ci confrontiamo come avviene in tutte le famiglie su quello che ci succede intorno, e il film è nato in casa leggendo i giornali, commentando le notizie. L’idea del soggetto prende spunto dal bisogno, sempre più diffuso, di non dire tutta la verità, di nascondere certi aspetti della propria vita, fingendo per alcuni motivi o per esigenze professionali di essere qualcun altro. Nella sceneggiatura che Paola ed io abbiamo iniziato a scrivere con Furio Andreotti e Giulia Calenda abbiamo voluto toccare diversi temi, ma quello che forse li riunisce tutti è la tendenza a nascondersi, a non essere totalmente noi stessi, a dar vita a certi compromessi che ormai sono all’ordine del giorno: in fondo capita un po’ a tutti, nessuno racconta sempre tutta la verità e a volte persino nei rapporti più consolidati c’è la necessità di occultare qualcosa. Il copione ha poi preso una piega decisa sulle maggiori difficoltà che le donne incontrano quando intraprendono certi mestieri in cui, storicamente, c’è sempre stata una prevalenza maschile”.

DSC05489Paola Cortellesi, che è anche cosceneggiatrice del film, ha aggiunto: “Volevo raccontare aspetti diversi della vita che mi stanno a cuore: dalle eccellenze italiane che partono ma poi vogliono tornare, al fatto che le donne spesso siano considerate meno, ma volevamo anche sottolineare che spesso ci si conforma all’idea che gli altri hanno di te. E poi volevo mostrare una coppia di fatto, che non condivide la sessualità, ma si rispetta e in qualche modo si ama”.

Nel film, che uscirà al cinema il 20 novembre distribuito dalla 01, ci sono anche Corrado Fortuna, Lunetta Savino, Cesare Bocci, Marco Bocci ed Ennio Fantastichini.

Paola Cortellesi nel film è il contrasto vivente tra le esperienze cosmopolite e una cadenza abruzzese. Il suo personaggio, infatti, parla molte lingue (dal cinese al francese, al tedesco), ma soprattutto il dialetto. “l’abruzzese da qualche parte ce l’ho nel sangue – racconta l’attrice – perché mia mamma è abruzzese e io e mio marito Riccardo ci sentiamo abruzzesi di adozione. Trascorriamo la maggior parte del nostro tempo libero nei paesini delle montagne d’Abruzzo, mi sono fatta aiutare da una signora mia amica con tanto di lezioni e traduzioni di alcuni termini in dialetto stretto. Per quel che riguarda le lingue straniere, con l’inglese e il francese me la cavo, mentre le battute in tedesco e in giapponese le ho imparate a memoria”.

Alla fine (attenzione spoiler!!!), la ragazza di provincia tornerà al suo paese. Lo stesso che accade nel film di Ficarra e Picone, ‘Andiamo a quel Paese’, che evidentemente trasportano sul grande schermo un desiderio diffuso di ritorno alle origini e di fuga dalla quotidianità metropolitana che, con la crisi del lavoro, non fornisce più le soddisfazioni e le aspettative degli anni delle commedie dei Vanzina.






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