Nessuno deve scontentare ‘Il ministro’.

Franco Lucci è un imprenditore che rischia il fallimento se non dovesse ottenere un grosso appalto pubblico. Arrivista e senza morale, Franco è disposto a qualsiasi cosa pur di salvare la sua azienda, anche corrompere un Ministro della Repubblica.

La corruzione è proprio la cornice nella quale si svolge la storia de ‘Il ministro’, il nuovo film di Giorgio Amato, al cinema dal 5 maggio, ma il vero tema del film è l’asservimento dell’essere umano nei confronti del potere.

Franco Lucci è Gianmarco Tognazzi, protagonista del film distribuito da Europictures, e il ministro è il più cattivo dei volti di ‘Gomorra la Serie’, Fortunato Cerlino. Il Ministro Rolando Giardi è un politico cinquantenne, corrotto e con un debole per la cocaina e le ragazzine. Saranno queste sue debolezze a trascinarlo in una vicenda torbida che lo porterà alla rovina.

Insieme a Michele (Edoardo Pesce), suo socio e cognato, Franco ha organizzato la serata perfetta: oltre a pagargli una cospicua tangente, i due organizzano l’incontro con una ragazza disposta ad andare a letto con lui in cambio di una raccomandazione (Giulia Di Quilio). Il tutto sotto gli occhi di Rita (Alessia Barela), la moglie di Franco, che cerca di assecondare il marito in questo ultimo disperato tentativo di ottenere l’appalto milionario. Ma per colpa della ragazza che, per una grottesca circostanza, non potrà partecipare alla serata, la sostituta (Jun Ichikawa) innescherà una svolta inaspettata. Sarà coinvolta anche la cameriera Esmeralda (Ira Fronten), che Rita ha deciso di licenziare perché troppo bella per averla in casa e non si fida di lasciarla sola con Franco. Abbandonata dal marito e con due figli piccoli da mandare a scuola, Esmeralda è disperata perché quel lavoro le serviva per non perdere l’affidamento dei figli.

Scandali, tangenti, corruzione. Le cronache dei giornali sono piene di storie di politici corrotti e imprenditori senza scrupoli disposti a tutto pur di ottenere una piccola fetta di torta. La sceneggiatura de Il Ministro nasce dalla volontà di raccontare una storia di ordinaria corruzione, ispirata a fatti “probabilmente accaduti”, come viene specificato nella didascalia iniziale. Un modo per raccontare in chiave comica e grottesca non solo l’Italia dei nostri giorni, ma anche la bassezza dell’animo umano in tutti i personaggi che popolano il film.

“L’idea di scrivere IL MINISTRO – afferma il regista alla presentazione del film alla stampa – mi è venuta mentre ero fermo al semaforo nel traffico di Roma. Avevo messo in modalità random la selezione dei brani dal mio cellulare, quando tra oltre mille canzoni è saltata fuori “Il Re fa rullare i tamburi” di Fabrizio De Andrè, un brano considerato secondario, ma che mi ha sempre affascinato tantissimo. La canzone del cantautore genovese racconta la frustrazione di un marchese che viene invitato a corte dal Re per una festa, durante la quale il sovrano si incapriccia della moglie del nobile. E poiché non può dire di no a Sua Maestà, il marchese si trova costretto a concedergli la moglie. Da questa suggestione, ho cominciato a riflettere su come, in fondo, i tempi dal Medioevo ad oggi non siano cambiati più di tanto. Se trecento anni fa l’avidità umana puntava al titolo nobiliare, oggi invece si è disposti a tutto pur di ottenere un appalto. In Italia poi non è bastato lo scandalo di Mani Pulite dei primi anni Novanta per “legalizzare” l’intreccio tra imprenditori e politici”.

“Ancora oggi – prosegue Giorgio Amato – la questione morale è un problema irrisolto e di stretta attualità, che riempie le pagine della cronaca giudiziaria. Da qui il desiderio di scrivere un testo che parlasse di come determinate dinamiche facciano parte del nostro retaggio culturale, rappresentandole nella quotidianità di una famiglia borghese che lotta per sopravvivere e per non perdere i privilegi sociali raggiunti con tanta fatica. Con queste riflessioni nella testa sono tornato a casa di corsa, dove ho cominciato a scrivere senza esitazioni la sceneggiatura de Il Ministro, fermarmi soltanto per dormire e mangiare. In una settimana avevo la prima e definitiva stesura del testo, che non ha più subito modifiche e revisioni fino al giorno delle riprese”.

“Ho scritto la sceneggiatura chiuso dentro casa per 10 giorni – ha raccontato il regista -. Mi è stato punto di riferimento “I Mostri” di Dino Risi.  Poi ho trovato un angelo sulla mia strada (Lucy De Crescenzo, CEO della società di distribuzione Europictures) e sono riuscito ad arrivare al mio terzo film. In Italia fai il cinema solo se te lo puoi permettere, per un figlio di operai come me è tutto difficilissimo”.

“La meschinità di tutti e sei i personaggi mi ha riportato a quell’atmosfera de ‘I mostri’ di Dino Risi. Ma va detto sempre in chiave di commedia, un genere che mi piace molto e che vorrei continuare a frequentare”, dice Gianmarco Tognazzi.

“La chiave della commedia è quella che amo fare e vorrei continuare a fare, anche se il personaggio è uno stronzo – ha concluso Tognazzi -. Per me in questo film si salvano solo due personaggi : il cane e il coniglio, per il resto si capisce dalla prima inquadratura che sarà una serata di merda con delle persone di merda”.

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