Un’appassionante avventura nelle sconfinate terre dell’Artico Canadese. Il 13 novembre, distribuito da Medusa, arriva al cinema “Il Mio Amico Nanuk” (“Midnight Sun”), per la regia di Brando Quilici e Roger Spottiswoode.
Protagonisti Luke (Dakota Goyo, originario di Toronto), ragazzo di 14 anni, e Nanuk (Pezoo, orso polare del China Haichang Tianjin Polar Ocean World), un cucciolo di orso. Il giovane sfida la natura, bella ed ostile, per riportare alla madre il piccolo orso. Nella difficile impresa lo aiuta Maktuk (Goran Visnjic, attore croato), una guida Inuit (il popolo che noi chiamiamo erroneamente eschimese) che conosce quell’ambiente avverso. Una tempesta colpisce i protagonisti ed una tempesta ha colpito anche la troupe durante le riprese, costretta a restare chiusa nelle tende per 10 giorni a 150 chilometri da Longyearbyen, il villaggio più vicino.
Il film, una coproduzione italiana con Stati Uniti, Canada ed Arabia Saudita, è costato 18 milioni di dollari. Girato in 32 giorni e presentato allo scorso Festival del film di Roma (Alice nella città), rappresenta un documento unico dal punto di vista artistico ed ambientale visto che per lo scioglimento dei ghiacciai si calcola che “nei prossimi 20 anni resteranno solo 6 mila orsi polari”, avverte Brando Quilici, entusiasta di questo mondo e di questa avventura che ha vissuto in prima persona.
A maggio “Il Mio Amico Nanuk”, con protagonista un cucciolo d’orso cinese, uscirà in 2 mila sale in Cina.
Ambientare un film sulla calotta artica e far recitare insieme un bambino e un cucciolo di orso polare è l’esempio ben riuscito di un lavoro molto complesso.
Tratto dall’omonimo romanzo di Brando Quilici (documentarista per Discovery Channel e National Geographic), riesce a commuovere per l’amicizia che s’instaura tra il ragazzo e il piccolo orso. Roger Spottiswoode (padre di 007–Il domani non muore mai e Sotto tiro) è riuscito a girare le sue sequenze in soli 32 giorni, un record. Il perché è presto detto: la rapida crescita dell’animale e le difficile condizioni climatiche, il freddo su tutte. L’intera troupe infatti è dovuta rimanere chiusa nelle tende per dieci giorni a causa di una tempesta di neve.
Il lavoro ha due anime, quella documentarista di Quilici e quella cinematografica di Spottiswoode, in perfetta armonia. Affronta, oltre alll’amicizia bimbo-orso, anche quella del surriscaldamento globale. “Purtroppo gli orsi polari e i loro cuccioli, nella disperata ricerca di cibo, si spingono fino ai villaggi dell’Artico avvicinandosi pericolosamente agli uomini. Il mondo moderno sta prendendo il sopravvento su questa terra e speriamo che questo film riesca a farci capire che lassù, nel Grande Nord, c’è un mondo da proteggere, il mondo degli orsi bianchi” ha detto Quilici, figlio del grande documentarista Folco.
Luke pensava di salvare l’orso, in realtà è l’orso che ha salvato lui. Un progetto cinematografico che unisce natura, amicizia e territorio e permette una riflessione sulle strategie economiche della politica internazionale che pensano di trasformare l’Artico in una nuova Mecca per l’estrazione di gas e petrolio.