“Una storia sbagliata” di Gianluca Maria Tavarelli è stato presentato al Festival di Montreal, e racconta la storia di una donna, Stefania, Isabella Ragonese, che da sola si mette in viaggio da Gela e si unisce ad una missione umanitaria in Iraq durante la seconda guerra del Golfo. Qui scopre un mondo ed una realtà ben diversa da quella che immaginava e di cui aveva sentito parlare.
Con lei inizialmente c’è Roberto, Francesco Scianna, colpito dalla sindrome post traumatica da stress (propria dei veterani di guerra). Profondamente innamorati i due decidono di sposarsi. La loro vita prosegue felice fino al giorno in cui Roberto muore per una bomba in Iraq. Devastata dal dolore, Stefania decide di visitare il posto per capire cosa è realmente accaduto. Unitasi a un’associazione non governativa e spacciandosi per medico, è determinata a trovare l’uomo che ha ucciso suo marito.
“Una storia sbagliata è una storia d’amore universale”, sottolinea Carlo Degli Esposti (Palomar) che ha prodotto il film con Rai Cinema e che lo porta sul grande schermo a partire dal 4 giugno.
“Una storia sbagliata parla d’amore ma mette in risalto anche tematiche sociali di profonda attualità – sostiene Tavarelli durante la presentazione del film a Roma -: si tratta di una storia d’amore e lo diciamo anche nella locandina. Ma è una storia d’amore che poi ti trascina nella politica. Questo mi sembra molto interessante del nostro lavoro. Raccontiamo si una storia di fiction ma andando ad affrontare temi reali e sociali con cui ci si può e ci si deve confrontare”.
“E’ un film sul Sud del mondo – prosegue il regista -. A Gela, da dove partono Roberto e Stefania, ci sono bambini con malformazioni causate dalla raffineria di petrolio e a migliaia di chilometri ci sono problemi uguali di bimbi con labbra leporine. Dove ci sono interessi forti come il petrolio a farne le spese è la popolazione. C’è un filo rosso che unisce tutto il Sud del mondo”.
Per Francesco Scianna, “da una parte c’è il matrimonio e l’amore, e dall’altro la missione e il segreto militare e quell’esperienza lì diventa la sua vita. Quando Roberto torna a casa si sente perso per quello che ha vissuto. Forse non lo vuole ammettere neanche a se stesso ma è troppo più forte del quotidiano: l’andare a comprare i jeans, le scarpe, la borsa. Non vuole perdere la sua donna, ma non vuole abbandonare la missione anche se la riconosce assurda. Le guerre sono tutte folli. La maggior parte sono insensate a volte perché manca un reale progetto di vita umano, manca l’amore. Il mio personaggio prova smarrimento, si ritrova un po’ perduto. Alla fine nel dolore e nell’amore l’essere umano si ritrova”.
“L’importanza di questo film – osserva Isabella Ragonese – è quello di far vedere da un punto di vista speciale che esistono questi conflitti”.
Il film è stato girato in Tunisia ma è ambientato in Iraq. “Siamo stati in Iraq nel 2009 insieme ad Emergenza Sorrisi – dice Tavarelli -. All’inizio dovevamo girare nell’ospedale di Nassiriya dove opera Emergenza Sorrisi, poi sono slittate le riprese e dopo 6/7 mesi la situazione era più complicata ed era difficile andare. Una settimana prima di partire, infatti, ci fu un attentato e non partimmo più. Così si è optato di girare in una zona più sicura, nel Sud della Tunisia, che presenta un paesaggio simile a quello iracheno”.
Un mondo iracheno che il pubblico conoscerà soprattutto attraverso gli occhi dell’attore belga Mehdi Dehbi (nel film Khaleed), che riflette: “Il sogno dell’Occidente per i giovani di quella parte del mondo vive nel conflitto tra l’amore per la propria terra e la voglia di avere una diversa chance nella vita, un sentire quest’ultimo reso più forte dalla difficoltà di reperire i documenti per partire”.