La vita non è un gioco.

Cosa accade quando una persona schiava del gioco d’azzardo si trova ad affrontare una situazione di vita o di morte?

locandinaVincentas, protagonista del film’ The Gambler’ (titolo originale Losejas), è il miglior dottore del reparto di pronto soccorso del suo ospedale, la cui unica passione è giocare d’azzardo. Ogni volta che si trova in una situazione difficile, il medico è costretto a fare scelte estreme per restituire il denaro perso in continuazione. A Vincentas viene l’idea di creare un gioco clandestino legato alla sua professione. Inizialmente solo i dipendenti del pronto soccorso sono attratti da questo macabro gioco, ma ben presto l’idea prende piede e comincia a diventare sempre più popolare. I colleghi medici diventano agenti di scommesse mentre Vincentas assume il controllo del banco. Mentre il gioco decolla dal punto di vista economico, Ieva, una sua collega, comincia a criticarlo apertamente. Tra Ieva e Vincentas è appena nata una storia d’amore, per cui il medico dovrà presto prendere una decisione fondamentale – gioco o amore?

Il proverbio banale “la vita è un gioco” per il protagonista trova un corollario in “anche la morte è un gioco”. Tutto questo solleva inevitabilmente delle questioni etiche; sembra quasi che il film The gambler voglia diagnosticare la crisi della moralità.

“La mia generazione – sostiene il regista Ignas Jonynas – è cresciuta nel sistema sovietico, ha frequentato scuole sovietiche, ed è stata immersa in una linea di pensiero con doppi standard. Improvvisamente, però, tutto è cambiato. Liberati dallo Stato comunista, ci siamo trovati nel mondo capitalistico della libertà senza limiti. Il collettivismo egalitario impostoci fu sostituito da un regime di economia di mercato, secondo il quale ottieni solo ciò che riesci a procurarti da solo. Per questo motivo volevo realizzare un film che vertesse sul dilemma morale che nasce nell’individuo formatosi a metà tra regimi differenti. Il protagonista di “The Gambler”, Vincentas, è un ibrido; appartiene a due sistemi in conflitto tra loro. La sua doppia natura si rivela in particolare nelle situazioni critiche che vive in qualità di paramedico, che ha anche una passione per il gioco d’azzardo. Cercando di trovare un equilibrio tra vita e morte e nel tentativo di ripagare i suoi debiti, elabora un gioco basato sulla vita umana. In questo modo, la visione del mondo del conformista post-sovietico e del vincitore capitalista finiscono per convergere. Si tratta di un mix esplosivo per qualsiasi sistema morale”.

Vytautas Kaniusonis“Il gioco – prosegue Ignas Jonynas – è nella natura dell’uomo ed è parte della nostra cultura. Durante il gioco l’essere umano ha una percezione diversa di sé, trasmette sapere, impara e crea arte. Nel gioco l’uomo crea una dimensione sociale, sistemi simbolici ed istituzioni. Kristupas Sabolius, il filosofo che ha lavorato con me alla sceneggiatura di questo film, ha apportato al lavoro il pensiero di Huizinga, Gadamer, e soprattutto di Roger Caillois, il quale sostiene vi siano quattro tipi di gioco – Agon o competizione, alea o caso (per esempio dadi, roulette, e così via), mimicry o mimesi, ilinx o desiderio di stordimento (per esempio droghe). Sebbene ci siano delle differenze, queste quattro tipologie hanno tutte qualcosa in comune: il gioco infonde la speranza di trascendere se stessi, di scappare dai problemi contingenti, di oltrepassare la propria condizione di essere umano. L’uomo gioca perché vuole liberarsi da quello che sta accadendo in un dato momento nella sua vita, perché sogna e brama la felicità, o addirittura la divinità e l’eternità. E nel gioco le regole, razionali e pensate, si fondono con l’irrazionale e l’impossibile: lo stordimento, l’estasi, la trance. Pur essendo rigidamente regolato, il gioco richiede passione. Nel senso più profondo, il gioco è associato alla passione per la vita. Casinò, lotterie, giochi in TV, l’NBA, il mondo del calcio e quello dello spettacolo hanno imparato a sfruttare questa ambiguità, questa combinazione di passione e razionalità, per fare soldi. Il gioco ci permette di manipolare le nostre forze vitali, trovando sempre scuse plausibili. Le persone giocano d’azzardo da sempre e continueranno a farlo, nonostante impietose statistiche mostrino che è praticamente impossibile vincere. Le ricerche mostrano come la vita della stragrande maggioranza dei vincitori della lotteria finisca in tragedia; alcuni finiscono in prigione, si allontanano dalla famiglia o semplicemente spariscono senza lasciare traccia”.

Nel film si mescolano thriller, giallo e tragicommedia. La base del racconto, però, è la classica struttura drammatica.

“Volevo che il film – ricorda il regista – fosse ricco dal punto di vista visivo, ma che non fosse troppo lontano dalla realtà. Inoltre, doveva essere accattivante, non solo dal punto di vista della storia in sé, ma anche dal punto di vista della critica nei confronti della nostra società. Nel tentativo di risolvere i problemi visuali legati a racconti di forte impatto come questo, ho preso ad esempio i classici reportage fotografici del ventesimo secolo, Weegee (Arthur Fellig) e Enrique Metinides. Entrambi furono in grado di cogliere come nessun altro gli aspetti filosofici ed estetici di eventi pubblici drammatici. Attraverso i corpi mutilati e le fotografie macabre permeano una pluralità di messaggi sfaccettati. In questo film volevamo ottenere un effetto simile, qualcosa che mostrasse delle immagini da cui permeassero metafore e simboli dell’esistenza umana. Questo è il motivo per cui il film è stato girato sul mare e nel porto di Klaipeda. Si tratta di un luogo a metà tra l’acqua e la terraferma, aspetto che ricorda la psicologia dei personaggi. Per quanto riguarda i fattori che hanno influenzato il gusto estetico del film, bisogna menzionare diversi aspetti. Lavorare nel mondo della pubblicità mi ha insegnato lezioni fondamentali: prima di tutto, la capacità di adattare lo stile alla storia e non cercare di far uso di una “retorica vuota” fatta di immagini, e, in secondo luogo, la capacità di raggiungere risultati ottimi dal punto di vista visuale avendo a disposizione un budget limitato. La mia esperienza in campo teatrale, invece, mi ha permesso di non essere intimorito dal poco tempo a disposizione per le riprese e mi ha dato il coraggio di improvvisare con gli attori sul set con la massima autenticità”.

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