Tarantino a Roma presenta The Hateful Eight.

‘The Hateful Eight’, l’ottavo film di Quentin Tarantino inizia con un innevato Cristo in croce sulle note di Ennio Morricone. La pellicola, girata in 70 millimetri sarà proiettata nel suo formato originale nella sala allestita allo studio 5 di Cinecittà a Roma, l’ex teatro di Federico Fellini, in anteprima a 888 ospiti.

Dalla neve del Colorado a Roma, il regista insieme a Kurt Russell, Michael Madsen e lo stesso Ennio Morricone per presentare il film che arriverà in sala il 4 febbraio con 01 Distribution in 600 copie.

Quentin Tarantino dà il meglio di se. Il regista racconta quanto sia politico il film, poi la delusione che Samuel L. Jackson non abbia avuto la nomination agli Oscar e, infine, di come questo suo ottavo lavoro si possa considerare una sorta di “Le Iene in versione western”.

”Non so se questo è un film e più politico di ‘Bastardi senza gloria’ e ‘Django Unchained’, si può dire invece che è diventato un film politico quando i personaggi hanno cominciato a parlare e si sono divisi tra democratici e conservatori. Alcuni eventi, accaduti durante la lavorazione hanno reso questo lavoro molto più attuale di quanto fosse all’inizio”, dice il regista.

Tarantino risponde alla domanda di un giornlaista. “La lotta tra digitale e pellicola come quella tra cowboy e indiani? Può essere un esempio simpatico, ma personalmente mi auguro che la pellicola riesca a sopravvivere molto più di quanto hanno fatto gli indiani”.

“E’ un lavoro di tipo teatrale – spiega il regista – il fatto che sia lungo nella fase di preparazione, nella prima parte, è dovuto alla necessità di presentare i personaggi. Non è un film in cui posso ricorrere ai trucchi per abbreviare i tempi. I vari attori sono tutti nella stanza e si presentano”.

Nel film gli otto protagonisti, come spiega Tarantino “giocano una partita a scacchi in cui loro stessi sono le pedine e cercano di conquistare le posizioni: cospirano e tramano l’un contro l’altro”. Il regista confessa: “mi piace fare più film in uno. Quando ho iniziato a scrivere ‘The hateful eight’ sapevo che volevo fare un western e sapevo anche che avrei fatto una sorta di giallo da stanza alla Agatha Christie. Solo alla fine, però, mi sono accorto di aver realizzato anche un film horror”.

Ambientato qualche anno dopo la fine della guerra civile, The Hateful Eight ha come protagonisti”otto maledetti” viaggiatori bloccati dalla neve presso un emporio, nel cuore del Wyoming. Ci sono il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell) e la sua indomabile e perfida prigioniera Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh). I due sono attesi nella città di Red Rock dove John Ruth, che non a caso si chiama”Il Boia”, deve portare all’impiccagione la criminale riscuotendo una taglia di 10.000 dollari. Ma c’è anche il Maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson), anche lui cacciatore di taglie che viaggia con tre cadaveri al seguito (valore 8000 dollari) . C’è poi Oswaldo Mobray (Tim Roth), che si definisce un boia, lavoro di cui teorizza il valore sociale (“l’uomo che tira la leva è razionale”); il mandriano Joe Cage (Michael Madsen), faccia da criminale, ma in viaggio per far visita alla mamma; lo Sceriffo, o aspirante tale, Chris Mannix (Walton Goggins); l’anziano Generale Sanford Smithers (Bruce Dern) e, infine, il messicano Bob (Demián Bichir).

“La tempesta è come un mostro che aleggia ed è pronto a divorare chiunque osi andare via dalla stanza – dice Tarantino a Roma -, più buio e freddo aumentano più il mostro diventa potente. Fuori c’è il mostro dentro i personaggi tramano l’uno contro l’altro e la pellicola 70 mm che ho voluto utilizzare permette allo spettatore di vedere due piece teatrali che si svolgono in contemporanea: una in primo piano e l’altra sullo sfondo”.

“In questo modo – conclude il regista – i personaggi vengono conosciuti meglio dallo spettatore e aumenta la suspense: si sa che prima o poi qualcosa esploderà, ma non si sa quando. Poi inevitabilmente accadrà e si scatenerà l’inferno”.

Ennio Morricone, autore delle musiche del film e candidato al premio Oscar, racconta “ho voluto caratterizzare la musica sul timbro di certi strumenti; ho fatto qualcosa che non avevo mai fatto in altri film. La drammaticità si trasforma in ironia in questa pellicola e la drammaticità è data dai vari timbri musicali”.

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