Political drama al RFF

spagnoli3Marco Spagnoli, responsabile del settore internazionale del Roma Fiction Fest ha presentato un panel sul political drama con i produttori Howard Gordon (Homeland), Lorenzo Mieli (1992) e Marianne Gray (Occupied) e con la studiosa di cinema e televisione Giuliana Muscio.

Un genere di grande successo tra il pubblico, che ha prodotto alcune delle serie televisive più seguite e interessanti degli ultimi anni: prodotti come West Wing e House of Cards ne sono esempi lampanti.

Nel corso dell’incontro è stato presentato in anteprima il trailer della fiction su tangentopoli prodotta da Lorenzo Mieli, ‘1992’, ideata da Stefano Accorsi e un assaggio della quarta stagione di Homeland, popolare serial creato da Howard Gordon.

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Marco Spagnoli

Le riflessioni del panel hanno spaziato dal genere del dramma politico ai cambiamenti più generali nei formati della fiction, negli USA e nel resto del mondo, per arrivare a considerazioni sui rapporti tra la comunicazione e la politica.

“Noi siamo un impero in decadenza – ha affermato Giuliana Muscio -, quindi nel nostro caso prevale la satira, mentre un impero che ha appena iniziato la sua decadenza, come quello americano, ha ancora una dimensione tragica nelle sue serie. Loro non hanno il giallo, col meccanismo della detection, quanto piuttosto il noir, dove ciò che si cerca, più che la colpa, è il segreto del passato”. “Nelle serie americane, è spesso difficile capire se i protagonisti sono repubblicani o democratici: si vede solo il gioco sporco della politica, si parla di ideali o programmi solo per prenderli un po’ in giro. Il rapporto con la realtà può essere molto complesso”.

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Howard Gordon

“Noi cerchiamo di dare un senso al mondo in cui viviamo, e in una serie come Homeland c’è una grande dose di realtà”, ha sottolineato Gordon. “Io mi chiedo sempre, quando scrivo un personaggio, se sono così interessato a lui al punto di trascorrerci tanto tempo. Si tratta sempre di esplorare la realtà, ma facendosi domande, più che dando risposte: altrimenti si fa propaganda”.

La fiction può influenzare la realtà. Anche se, secondo Gordon, il caso di 24 (che mostrava un presidente Usa di colore, anni prima dell’elezione di Obama) va letto in modo un po’ diverso: “Personalmente, penso che noi abbiamo riflesso una certa disponibilità, più che anticiparla. Se l’America non fosse stata pronta per eleggere Obama, forse non avremmo inserito quel personaggio nella storia. Ciò che può fare la televisione è leggere la realtà in un altro modo, aiutarci a pensare alle cose in modo diverso”.

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Lorenzo Mieli

“Per 10-15 anni, in Italia, si è detto che il potere della comunicazione è maggiore di quello della politica”, è intervenuto Lorenzo Mieli. “Queste storie vogliono dire proprio il contrario: la politica è ancora molto potente. House of Cards, per esempio, mostra proprio come i giornali siano schiavi della politica, quella più sordida. È interessante che un’operazione del genere venga fatta proprio dalla televisione”.

1992, la nuova fiction che sarà trasmessa da Sky Atlantic nel 2015, parla di una specie di rivoluzione. Un tema di tale importanza che, forse, gli autori ne hanno sentito in modo particolare la responsabilità. “Abbiamo raccontato qualcosa che fino al 1991 era impossibile”, ha spiegato Mieli. “Chi l’avrebbe mai pensato che il sistema sarebbe caduto, e che sarebbero arrivati dei nuovi protagonisti? Noi abbiamo pensato che tutti quei cambiamenti non erano mai stati raccontati. All’inizio volevamo fare una serie su tutto l’ultimo ventennio, e sulle persone che si sono trovate ad esserne protagoniste. Poi, ci siamo resi conto che, per una vera narrazione seriale, dovevamo scegliere un anno e stare in quell’anno. Quella generazione, quelle persone, oggi sappiamo che fine hanno fatto: ma 20 anni fa, checché se ne volesse pensare, avevano una forza propulsiva enorme. Dal punto di vista estetico ci interessava vederli nella loro carica rivoluzionaria, sapendo quanto poi questa sarebbe decaduta. Non abbiamo sentito una particolare responsabilità, visto che si tratta di narrazione: i personaggi però sono reali”. “Noi siamo ancora tutti figli di quell’epoca, un’epoca che ancora non è finita del tutto. Quello della serie è un ‘costume’ molto simile al nostro, e non era facile renderlo. È stata difficile anche la ricostruzione dell’immaginario di quegli anni: un immaginario che mescolava politica, televisione, musica, fondendoli insieme. In quell’epoca, è nato un certo tipo di televisione, un certo tipo di giornalismo, e un certo modello di politica”.