Mary piena di grazia.

Debutta al Teatro Studio Uno di Roma giovedì 11 dicembre “Mary piena di grazia” di e con Annalisa Lori e Flavia Germana De Lipsis, in scena fino a domenica 14 dicembre 2014.

Mary piena di grazia_ 11-14 dicembre 2014_Teatro Studio Uno di Roma_loc“Mary piena di grazia” è un interessante lavoro che ha come punto di partenza lo studio del monologo “Stabat Mater” (Premio Riccione 1993), atto unico di Antonio Tarantino in cui la protagonista è una madre in attesa di poter parlare con il figlio arrestato per presunto terrorismo.

Maria è una donna semplice, emarginata, che si parla addosso in un dialetto sconnesso, volgare, basso e alto insieme, incollocabile geograficamente; così passa il tempo, così riempie se stessa. Il suo destino, come probabilmente quello di suo figlio, non dipende da lei; altri lo hanno deciso, altri più forti e più potenti, altri che spiegano a quelli come lei la vita, la legge e la morale, altri che non ci sono mai, quando ne hai bisogno.

Il monologo originale si sdoppia: in scena le due attrici danno corpo e voce alle due anime di Maria, una aggressiva ed ottusa, che lancia improperi e bestemmie, giocando a far la voce grossa con la vita; l’altra che si domanda, si guarda intorno e capisce via via che a quell’attesa non c’è fine e se c’è non è quella sperata.
Le due voci esistono in simultanea, ma si scambiano anche il testimone, a volte per far parlare, in improbabili dialetti, i personaggi che gravitano attorno a Maria, a volte per farla ragionare e farle inghiottire rabbia, sconforto, solitudine, quel tanto che basta per rimettersi in piedi, prendere il primo tram e tornarsene a casa. Così la sua attesa senza (giusta) fine è popolata di tanti fantasmi, un caleidoscopio ironico, vitale e spiazzante di voci finte amiche che giustificano, bacchettano, si negano ed incolpano, ma mai si assumono responsabilità.

Mary piena di grazia_ 11-14 dicembre 2014_Teatro Studio Uno di Roma_1E’ una litania blasfema, parossistica, un monologo travestito da dialogo, interiore e frontale al contempo, tragicomico, spassoso e tagliente, in cui il testo originario con tutta la sua musicalità, viene tagliato e ricucito, secondo una partitura temporale, verbale, gestuale che incastona il personaggio a tutto tondo. E’ la storia parallela e inaspettata di un’inedita “Madre dolorosa” meno famosa e meno fortunata.
E’ una parabola storta, una Pietà monca; Maria non è benedetta; Maria non è piena di grazia; Maria non è pronta al sacrificio: ha già dato e Dio non la salverà probabilmente, perché quelli come lei, se vogliono la salvezza, se la devono dare da soli. E allora bisogna rimboccarsi le maniche: tanti gli esempi di madri così, da quelle di Plaza de Mayo a quelle dei vari Giuliani, Cucchi, Aldovrandi, fresche di cronaca più o meno recente, legate per la vita a foto, domande, bisogni di giustizia che il tempo non può sopprimere, perché quando sei genitore impari presto che non si scende mai dalla breccia: la si attraversa.

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