Venerdì Santo a Mariotto, piccolo paese della Puglia: tutto è pronto per la Via Crucis, ma l’interprete di Gesù, il parrucchiere Michele (Paolo Sassanelli) si siede per sbaglio sulla corona di spine. Con pochi minuti a disposizione per trovare un degno sostituto, la scelta ricade sul buon Jusuf, detto Ameluk (Mehdi Mahdloo Torkman), il tecnico delle luci musulmano, gestore in paese di un Internet Point e sempre pronto a dare una mano al proprio prossimo. L’evento finisce per sconvolgere l’opinione pubblica, che si ritrova spaccata tra sostenitori del ragazzo e bigotti che vedono nel fatto un vero e proprio sacrilegio, finendo per attribuire ad Ameluk la causa di tutti i mali della comunità. L’ondata di razzismo viene così cavalcata dal candidato Sindaco alle imminenti elezioni locali, determinato a servirsi di Ameluk per raggiungere il suo scopo.
‘Ameluk’ è l’opera prima di Mimmo Mancini, al cinema dal 9 aprile con Flavia Entertainment e Draka Distribution.
“Ameluk – dice il regista – è un film contro i pregiudizi religiosi e etnici. Per far questo ho scelto un tono seriamente divertente: l’attualità va di pari passo con il livello parodistico sotteso a tutta la vicenda. Il tema del film è chiaro: venirsi incontro è il modo migliore per vivere in pace e imparare l’uno dall’altro è il modo per crescere. Per far trionfare questo valore bisogna prima sconfiggere egoismi, timori, ignoranza, campanilismi e la paura del diverso”.
Nel cast, oltre a Paolo Sassanelli e Mehdi Mahdloo Torkaman, lo stesso Mimmo Mancini, Claudia Lerro, Francesca Giaccari, Dante Marmone, Roberto Nobile, Cosimo Cinieri, Michele Di Virgilio, Maurizio De la Vallèe, Andrea Leonetti, Teodosio Barresi, Nadia Kibout, Miloud Mourad Benamara, Luigi Angiuli, Pascal Zullino, Hedy Krissane, Tiziana Schiavarelli, Massimo Bagnasco, Helena Converso, Alberto Testone e la partecipazione di Rosanna Banfi.
Il film è stato interamente girato in Puglia tra Mariotto, Castel del Monte, la Cattedrale di Bitonto e quella di Trani.
Un soggetto stimolante e originale a cui va dato l’indubbio merito di aver portato sul grande schermo una storia che, come recita il sottotitolo, “potrebbe essere vera”. Come Ameluk ben sintetizza, è facile dire che “arabo, giordano, marocchino o turco so’ tutti uguali”.