Venerdì 8 maggio, alle 18.30, presso la sede FUIS – Federazione Italiana Unitaria Scrittori, sita in Piazza Augusto Imperatore 4, a Roma, verrà presentato l’ultimo romanzo di Ferdinando Morabito, “La rivincita di Vicolo Corto”, edito da “Città del Sole Edizioni”.
Un giovane giornalista deve intervistare un personaggio ambiguo: un ex uomo di potere rinchiuso da vent’anni in una casa di cura. L’intervistato (che si fa chiamare “Vicolo Corto”, come il contratto più povero del Monopoli) ha una singolare particolarità, ossia parla solo davanti al gioco del Monopoli, come se fosse in corso una partita eterna. Ogni casella del Monopoli è una parte della vita dell’intervistato, nonché una porzione della storia d’Italia dagli anni ’50 ad oggi. Sulla tavola da gioco quindi si dipanerà il racconto di una mente particolare (è un folle? Un visionario? Un saggio?), che accompagnerà l’intervistatore in un percorso impegnativo alla scoperta dei misteri del Paese, ma anche in un cammino di crescita indimenticabile, ricco di sorprese e colpi di scena.
Tutto ebbe inizio per una strana, irripetibile e logicissima concatenazione di eventi a cui la nostra pigrizia (lui l’avrebbe definita paralisi mentale) assegna il nome di caso. Io, rampante giovane cronista di un periodico culturale, avevo ricevuto un compito decisamente intrigante: intervistare un grande quanto controverso personaggio. Come era possibile che lui, impeccabile gentleman che aveva ricoperto ruoli di spicco nel mondo politico e imprenditoriale si fosse ridotto così? Cosa nascondeva ora quello sguardo semispento che nei decenni precedenti aveva ammaliato milioni di persone? Il sospetto inconfessato era che lui stesse recitando una parte, che giocasse a fare il matto… Anche allora forse pensava al Monopoli come metafora della sua e della nostra esistenza, anche allora ogni suo passo ricalcava quello delle pedine di quel gioco in apparenza innocente che tante volte mi aveva attratto da bambino. Reputo corretto allora raccontare ciò che lui disse a me facendolo nel suo stesso stile. Tiro i dadi, il gioco ha inizio.
Attesi con visibile impazienza, innervosito da quel contegno assurdo, inspiegabile. Era davvero folle? Si divertiva alle mie spalle? Mi stava raccontando un mucchio di fesserie? Lo faceva apposta? Tutti questi interrogativi mi martellavano le tempie con violenza. Fui sul punto di andarmene via e mandarlo al diavolo, con tutto il suo carico di arroganza e inaffidabilità. Forse sì, era stato sincero sin dall’inizio, quando mi disse di essere un povero pazzo.