Vertigini a Venezia 72 per Everest.

La Mostra del Cinema di Venezia apre il sipario con il film ‘Everest’, fuori concorso.

AA44_FP_00007RNella pellicola, girata in 3D e basata sui fatti realmente accaduti nel 1996, due differenti spedizioni, una guidata da Scott Fischer e l’altra da Rob Hall, nel tentativo di raggiungere la vetta della montagna più alta del mondo, si scontrarono con una tempesta di neve di inusitata potenza che portò alla morte di diversi partecipanti alle due cordate.

Il film diretto dal regista Baltasar Kormakur, che uscirà nelle sale italiane il 24 settembre, è stato girato in Nepal, nelle colline pedemontane dell’Everest, sulle Alpi italiane, presso gli Studi di Cinecittà a Roma e nei Pinewood Studios di Londra.

Protagonisti di quest’avventura sono Jason Clarke (Zero Dark Thirty), nei panni di Rob Hall, fondatore della Adventure Consultants e capo della spedizione; Josh Brolin (Non è un paese per vecchi) alias Beck Weathers, medico patologo texano al 100% con l’ambizione di scalare l’Everest; John Hawkes (The Sessions – Gli Incontri) è Doug Hansen, postino amante dell’avventura che aveva già tentato la scalata l’anno precedente; Robin Wright (House of Cards) interpreta invece Peach Weathers, la moglie di Beck; Michael Kelly (House of Cards – Gli Intrighi del Potere di Netflix) è Jon Krakauer, giornalista della rivista Outside e autore del libro a cui è ispirato il film; Sam Worthington (Avatar; La Furia dei Titani), è Guy Cotter, collega guida ed amico intimo di Hall; Keira Knightley (Orgoglio e Pregiudizio) è la dottoressa Jan Arnold, moglie incinta di Rob; Emily Watson (War Horse) è Helen Wilton, il fulcro della Adventure Consultant che organizza queste spedizioni a costi altissimi (65.000 dollari) e la coordinatrice della logistica e direttrice del Campo Base; infine Jake Gyllenhaal (Southpaw) ritrae Scott Fischer, capo spedizione per la Mountain Madness (ditta concorrente).

Le scene di scalata e soprattutto i vuoti che devono affrontare gli alpinisti fanno davvero paura e nel film, perfetto per un’apertura di un festival, non manca un po’ di melo’ soprattutto, ovviamente, nel tragico finale.

“Più si trae dalla realtà, più si dà il senso della realtà – afferma il regista a Venezia -, ho portato tutti gli attori in Nepal nel campo base: è stato difficile ma volevo che assorbissero la natura”, così Baltasar Kormakur ha raccontato la lavorazione di Everest, il film che apre la Mostra del Cinema di Venezia. “E’ una storia epica e intima allo stesso tempo”, ha aggiunto il regista sottolineando di essersi attenuto alla vicenda vera della tragedia accaduta nel 1996.

‘Everest’ infatti, è ispirato a una serie di libri tra cui ‘Aria sottile’ di Jon Krakauer, autore del conosciutissimo ‘Into the Wild’, da cui Sean Penn trasse l’omonimo lungometraggio.

Il film è un viaggio che spinge lo spettatore tra i ghiacci (grazie al 3D), che indaga la sofferenza e l’essenza dell’uomo. Un viaggio anche “metaforico che cerca di far capire chi siamo e come ci si relaziona con la natura – conclude Kormakur -. Qualsiasi ambizione può essere rappresentata attraverso la metafora della montagna”.

“Non ho mai cercato mettere in pericolo nessuno – spiega il regista – ho fatto soffrire i miei attori, ma nessuno si è ferito”.

Everest

“E’ una grossa responsabilità portare sul grande schermo una tragedia che è accaduta veramente – afferma Gyllenhaal, che ritorna a Venezia a dieci anni da ‘I segreti di Broadback Mountain’ – non sai che impatto ha sui parenti, per esempio di Scott. Mi sono relazionato con i figli che mi hanno regalato il ritratto del padre. In questo modo ho trasferito la loro energia nel mio personaggio”.

“A un certo punto questa responsabilità devi metterla da parte e pregare che tutto vada per il meglio senza danneggiare nessuno – aggiunge Brolin – per ora sembra che abbiamo rispettato l’essenza di tutti”.

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La BLS – Film Fund & Commission ha sostenuto il film in fase di produzione e ha ampiamente supportato la troupe in Alto Adige durante le riprese, svolte prevalentemente sul ghiacciaio della Val Senales, a oltre 3.000 mt di altezza. La location è stata scelta per girare diverse scene ambientate sull’Everest.

La squadra di lavoro in Alto Adige era composta da circa 180 elementi provenienti da tutto il mondo: americani, inglesi, australiani, tedeschi, italiani, islandesi… A far parte di questo team internazionale anche circa 60 altoatesini, coinvolti in tutti i reparti tecnici.

Se le location in alta montagna offrono sicuramente immagini e atmosfere mozzafiato, per girare ad alta quota occorre essere perfettamente attrezzati, perché lassù tutto si fa più complicato, soprattutto in inverno. Per questo, sul set di Everest fondamentale è stato il coinvolgimento di esperti altoatesini della montagna che bene sanno gestire le condizioni estreme delle cime innevate. Diverse guide alpine, ad esempio, hanno garantito alla troupe la sicurezza sul set, requisito che in alta montagna diventa prioritario perché con il mal tempo le location possono diventare difficilmente raggiungibili dalle squadre di soccorso. Per evitare imprevisti, le condizioni metereologiche e il pericolo di valanghe sono state monitorate costantemente, prima e durante le riprese.

Le attrezzature sono state noleggiate per la maggior parte presso la filiale bolzanina della società di rental Panalight Südtirol. Tutta l’attrezzatura necessaria è stata trasportata sul set con gatti delle nevi, quad, motoslitte ed elicotteri. A occuparsi del trasporto in elicottero è stata la ditta Elikos di Pontives (BZ), specializzata in trasporto carichi e riprese aeree. Il cast e la troupe hanno raggiunto invece le location delle riprese via funivia e seggiovia grazie agli impianti di risalita “Funivie ghiacciai Val Senales”.

Sul ghiacciaio è stato allestito un vero e proprio campo base a Maso Corto, i cui container sono stati noleggiati dalla ditta altoatesina Niederstätter, attiva nel settore delle forniture a servizio dell’edilizia. In questo “centro di controllo” ad alta quota la produzione aveva a disposizione ben 32 linee telefoniche.

Lavorare a quelle altitudini ha significato chiaramente una grande sfida per tutti, compreso il cast. Le temperature sono scese spesso fino anche a -30°. Con quel freddo, a cui le star di Hollywood non sono abituate a lavorare, fondamentale è stato essere ben attrezzati, sia con l’abbigliamento tecnico adeguato che anche con la ristorazione, importante per riscaldare troupe e cast nei momenti di pausa.
Il catering dell’altoatesino Paul Grüner ha servito a 3.200 mt d’altezza fino a 400 coperti al giorno, cucinati a valle o in punti di appoggio vicini al set e poi trasportati con il gatto delle nevi. La scelta è stata quella di cibi che potevano rimanere caldi il più possibile senza scuocere.

È proprio grazie a maestranze e fornitori preparati a lavorare anche in quota, alle misure di sicurezza garantite dalle guide alpine, alle attrezzature tecniche per l’alta montagna trasportate con elicotteri e motoslitte e agli efficienti impianti di risalita che in Alto Adige è possibile girare in serenità anche su una vetta così aspra e imponente progetti difficili come Everest.

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