Tutto può succedere su Rai Uno.

Tutto può succedere è la nuova serie family di Rai1 che racconta in 13 serate (26 episodi da 50 minuti) la vita di una famiglia, i Ferraro: quattro fratelli (due maschi e due femmine) molto diversi tra loro, i loro genitori e i figli, bambini e adolescenti, che fanno parte di una sorta di mondo a sé, quello dei Ferraro.

Una sola, grande, coinvolgente, famiglia. E una casa con giardino, poco fuori Roma, dove tutti si ritrovano per raccontarsi e confrontarsi. Un luogo dove litigare, ridere, piangere, amare, odiare. Insomma la quotidianità di una famiglia numerosa, dove quotidianità non vuol dire mancanza di sorprese, colpi di scena e sconvolgimenti. I Ferraro siamo un po’ tutti noi, che ci muoviamo incerti tra le relazioni, che vogliamo l’amore ma non lo sappiamo gestire, che crediamo nella famiglia ma allo stesso tempo la combattiamo. Noi con la nostra inadeguatezza, gli entusiasmi, la gioia e i dispiaceri. Perché nella vita dei Ferraro, così come nella nostra, i giorni non sono mai uguali e tutto può succedere…

“Tutto può succedere”, una coproduzione Rai Fiction – Cattleya, prodotta da Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini e Marco Chimenz, per la regia di Lucio Pellegrini, con Pietro Sermonti, Maya Sansa, Ana Caterina Morariu, Alessandro Tiberi, Camilla Filippi, Fabio Ghidoni e con Licia Maglietta e Giorgio Colangeli. In onda la domenica, dal 27 dicembre, in prima serata su Rai1, primo remake di una serie TV americana. “Tutto può succedere” è infatti l’adattamento italiano della serie “Parenthood” (prodotta in associazione con NbcUniversal International Studios), creata da Jason Katims e andata in onda con grande successo sulla NBC per circa cinque anni. L’ambientazione italiana ha richiesto un’ importante riscrittura della serie, che mantiene la forza, il ritmo e la modernità dell’originale, grazie anche a un cast di attori straordinari e alla regia di Lucio Pellegrini. Il brano della sigla è interpretato dai Negramaro che lo hanno scritto insieme al compositore Paolo Buonvino.

“Quando Cattleya e Raifiction mi hanno chiesto di partecipare a questa avventura – afferma il regista – , ho accettato con grande entusiasmo. Non avevo mai girato una serie in così tante puntate, ma “Tutto può succedere” aveva qualcosa di speciale: un livello di scrittura altissimo ed uno sguardo realistico sul presente, senza alcun tipo di astrazione o di forzatura drammaturgica. Era un progetto molto ambizioso, che puntava a mettere in discussione le regole del genere ‘family’ italiano, immergendolo nella contemporaneità”.

“I copioni – continua Lucio Pellegrini – avevano l’ambizione di restituire il sapore della vita vera, e alternavano con grande naturalezza, momenti di commedia a momenti drammatici. Mi è parsa subito una sfida da raccogliere senza esitazioni. La difficoltà principale era riuscire a rappresentare un sentimento che è alla base di tutte le scene di Tutto può succedere: il senso di fratellanza, di comunanza, la connessione che lega tutti i componenti di una famiglia, e che si amplifica nella relazione genitori-figli. E’ un sentimento impalpabile e fortissimo, che consente di vivere asprezze, fallimenti, problemi in una prospettiva più protetta. Bisognava farlo emergere da situazioni di grande complessità nella messa in scena. Ci sarebbero stati spesso molti attori contemporaneamente in azione, ognuno col suo momento, il suo percorso. E molte scene in cui andava ricostruito il grande caos che si scatena quando una grande famiglia si incontra, magari per un pranzo domenicale. Il trailer americano presentava ironicamente (ma forse nemmeno troppo) la serie come ‘il più grande spettacolo mai raccontato’. Ecco, mi piaceva l’idea di costruire questa serie, che è spesso fatta di piccole scene quotidiane, come un grande spettacolo. Col grande lavoro e la passione di Cattleya, di Claudia Aloisi e Antonella Iovino, le mie produttrici, e di Raifiction, di Tinny Andreatta, Ivan Carlei e tutta la struttura che ha lavorato incessantemente per tutti questi mesi, abbiamo prima di tutto cercato di costruire un cast di attori talentuosi, capaci di alternare i toni con naturalezza, e anche un po’ inediti per una serie così lunga. E’ stato un lavoro di casting molto elaborato, guidato da Francesca Borromeo, che ci ha fatto scoprire giovani attori esordienti di grande personalità e attori bambini veramente speciali”.

“Il lavoro sul set – conclude il regista – è stato preparato e impostato alla ricerca del più alto livello di realismo: verità nella recitazione, spontaneità nel movimento degli attori in scena, lavoro fotografico e di movimenti di macchina (di Gogò Bianchi e Gherardo Gossi) spinto in questa stessa direzione. I set curatissimi di Paola Comencini e il lavoro di ricerca sui costumi di Eva Coen hanno contribuito in modo fondamentale al risultato finale. Il montaggio di Clelio Benevento e Valentina Girodo è stato decisivo, specialmente nella ricerca di un punto di equilibrio tra spontaneità e rispetto di una linea drammaturgica molto forte, rafforzata dall’importante lavoro di adattamento di Filippo Gravino, Guido Iuculano e Michele Pellegrini. Così come importante e prezioso, è stato il contributo di Alessandro Casale, che ha curato la regia della seconda unità. Alessandro Angelini, che ha tenuto il timone della regia nelle cinque serate centrali della serie, ha lavorato nella nostra stessa direzione, con talento e personalità. Il nostro piccolo segreto è stata la condivisione di un grande entusiasmo nell’ approccio al lavoro quotidiano e del piacere di lavorare ad un progetto al quale tutti abbiamo sempre creduto tantissimo. Ed ora che è arrivato il momento di condividere il nostro lavoro col pubblico, speriamo che possa divertire ed emozionare come ha fatto con tutti noi, durante questi lunghi mesi di lavorazione”.

“Adattare per Rai1 la serie Parenthood, creata da Jason Katims – affermano gli sceneggiatori Filippo Gravino, Guido Iuculano e Michele Pellegrini -, è stata per noi una straordinaria occasione professionale. Si trattava di lavorare su un formato televisivo molto popolare in Italia, il family, seguendo però un’impostazione formale e un’idea di narrazione totalmente inedite per il nostro pubblico. Qui infatti non c’è molto spazio per conflitti melodrammatici e vicende romanzesche: siamo in un mondo più familiare e fondamentalmente realistico. Nessuna delle difficoltà della vita viene rimossa o nascosta, ma nessuna viene enfatizzata oltre misura. L’essenziale è stato per noi mantenerci fedeli a questo spirito: dialoghi fortemente naturalistici, ritmo serrato, poca retorica dei sentimenti e un calore umano che emerge, come nella vita di tutti noi, dai piccoli gesti più che da azioni o discorsi eclatanti. Dato per scontato che in qualsiasi lavoro di adattamento è necessario adeguare il racconto al diverso contesto culturale, la sfida più stimolante è stata conservare lo spirito della serie inventando nuove linee narrative, ampliando lo spettro dei personaggi e portando alla luce dinamiche psicologiche e sentimenti che nell’originale erano solo accennati. Tutto può succedere è quindi il racconto di una famiglia alle prese con le piccole battaglie quotidiane. Ogni giorno si lotta, si fa del proprio meglio, e ogni giorno si ottiene in cambio il proprio premio: non la felicità, né l’amore, ma semplicemente la solidità della connessione. Perché qualsiasi cosa succeda, quali che siano le difficoltà economiche, le invidie, le rivalità o le incomprensioni, il legame che tiene insieme genitori e figli è sempre un premio sufficiente. Un premio che va conquistato giorno per giorno e preservato con la certezza che quel legame, quella connessione che ci tiene uniti nella stessa famiglia, sia la cosa migliore che ci possa succedere”.

Paolo Buonvino, compositore e musicista siciliano con all’attivo più di 60 colonne sonore tra film e produzioni televisive italiane e internazionali, grazie ad un importante investimento compositivo e produttivo, ha composto ad una colonna sonora originale ed eclettica per la fiction Rai “Tutto può succedere”. A fianco della musica strumentale di commento, Buonvino ha creato numerose canzoni e ha dato vita a diverse attività collaterali, che hanno arricchito il progetto musicale della fiction. La sigla di apertura di “Tutto può succedere”, il cui testo è di Giuliano Sangiorgi, ha visto la straordinaria interpretazione dei Negramaro. All’interno delle puntate gioca un ruolo importante un altro brano originale dal titolo “Pinzipo”, interpretato da Raphael Gualazzi. Dalla casa Sugar proviene anche Victor Kwality, cui Buonvino ha affidato l’interpretazione e il testo di due canzoni: “19 words” e “There are people”.

Dodici giovani artisti sono inoltre stati scelti dal compositore siciliano per esibirsi nel locale intorno al quale ruotano alcune vicende di “Tutto può succedere”: il Major Tom.

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