Il grande dittatore torna al cinema.

Chaplin e Hitler: due destini incrociati 4 giorni. Sono quelli che separano le date di nascita di Charles Chaplin (16 aprile 1889) e Adolf Hitler (20 aprile dello stesso anno). Da un lato, l’attore più celebre del mondo, dall’altro lato, il dittatore che ha incarnato l’idea stessa del male nel mondo. Locandina_Il_grande_dittatore“Mi ha rubato i baffetti”, sosteneva Chaplin. E proprio la coincidenza con quei baffetti così irriverenti sembra essere alla base del divieto di uscita nella Germania già nazista di Tempi moderni, indipendentemente da ogni pericolo “comunista” che il film avrebbe rappresentato. Ma è chiaro che i destini di Chaplin e Hitler si incrociano definitivamente quando Chaplin presenta al mondo, nel 1940, Il grande dittatore. Al mondo, ma non alla Germania, naturalmente, e nemmeno all’Italia: noi dovremo aspettare fino all’autunno del 1944.

Dall’11 gennaio, la Cineteca di Bologna riporta al cinema e contemporaneamente in DVD il nuovo restauro di The Great Dictator – Il grande dittatore, nell’ambito del progetto di distribuzione dei classici restaurati Il Cinema Ritrovato. E quel messaggio di pace, vivo oggi più che mai, verrà ascoltato dalla vera voce di Charles Chaplin: il film infatti sarà distribuito nella versione originale inglese con sottotitoli italiani.

The Great Dictator – Il grande dittatore – è il secondo titolo, dopo Tempi moderni, di una collana, che vedrà pubblicato l’intero catalogo dei grandi lungometraggi di Charles Chaplin restaurati – arricchito da un booklet e dal documentario Chaplin ritrovato: Il grande dittatore, realizzato a partire dai materiali dell’Archivio Chaplin (al quale la Cineteca di Bologna ha lavorato per oltre dieci anni, completandone la catalogazione e la digitalizzazione) che raccontano i molti retroscena che hanno portato al compimento del Grande dittatore.

Il_grande_dittatore_foto_promozionaleIl grande dittatore ha una lunga gestazione, che affonda le radici nel progetto, rimasto irrealizzato, di un film su Napoleone, e superato dagli accadimenti politici in favore di un film su un altro dittatore, la cui ombra stava già oscurando l’Europa: Adolf Hitler. Ore di studio di immagini di Hitler hanno permesso a Chaplin di costruire il personaggio di Adenoid Hynkel, interpretato dallo stesso Chaplin, così come quello di Benzino Napaloni, questo il nome nella versione inglese del dittatore di casa nostra, un Benito Mussolini affidato all’interpretazione superba di Jack Oakie.

Il doppio ruolo: il dittatore e il barbiere Chaplin si trova così nel doppio ruolo del dittatore tedesco e del suo classico “vagabondo”, pur con tutte le metamorfosi che il personaggio ha vissuto dalle origini, nell’ormai lontano 1914, ad ora, e che qui veste i panni di un barbiere ebreo: è a lui che il destino riserva l’impresa impossibile, quella di parlare al mondo. E sceglie di parlare di pace. Se il cinema di Chaplin non ci avesse riempito l’anima di sorrisi e lacrime fin dalle prime apparizioni di Charlot, potremmo forse dire che questo discorso sia il momento cardine della sua intera opera. Un discorso preparato in solitudine per lungo tempo, durante la lavorazione del film: il 9 maggio 1939 Chaplin allontana i suoi collaboratori per scriverlo, mentre le riprese vengono effettuale un mese e mezzo dopo, tra il 24 e il 28 giugno.

Seguendo cronologicamente le diverse redazioni della sceneggiatura, si ha la netta impressione che il finale sia tracciato nei suoi elementi essenziali e nelle sue motivazioni molto in anticipo rispetto al resto della storia, delineandosi progressivamente come una sorta di punto di fuga verso cui la narrazione, da un certo punto in poi, sembra tendere quasi naturalmente, per trovare il giusto registro e una nuova profondità. Un paradosso, in fondo, se si pensa che una delle accuse più frequenti rivolte al discorso finale fu proprio quella di aver violato l’unità stilistica e narrativa del film.

La sorpresa dall’Archivio Chaplin: le indicazioni di regia a Paulette Goddard Ma il discorso finale del Dittatore non vede protagonista solo Chaplin: all’altro capo di un altoparlante, lo ascolta Paulette Goddard, magnifica co-protagonista del film, oltre che compagna nella vita, alla quale Chaplin riserva un’attenzione del tutto particolare e inedita nel suo approccio professionale: invece di mimare la parte che gli altri attori devono interpretare, il regista sceglie questa volta di dare indicazioni di regia, raccolte dalla segretaria di edizione, ed emerse con grande sorpresa dall’Archivio custodito dalla Cineteca di Bologna: “Bisogna raggiungere la poesia. Il realismo è soltanto un mezzo”.

Il_grande_dittatore_Hynkel_mappamondoGli assetti mondiali trasformano la genesi del film Ma è l’intero progetto del Dittatore a impegnare lungamente il lavoro di Charles Chaplin: dalla stesura delle prime bozze del Grande dittatore alla sua uscita in sala, trascorsero esattamente due anni durante i quali mutarono gli assetti mondiali: il 12 novembre 1938, tre giorni dopo la famigerata Notte dei cristalli, Chaplin fece richiesta di depositare il titolo The Dictator alla Library of Congress. Un mese dopo, la stampa diffuse la voce che il progetto sarebbe stato accantonato per non peggiorare le sorti degli ebrei in Europa, notizia che rimbalzò anche nei primi mesi del 1939 e che Chaplin smentì puntualmente, dichiarando senza esitazione che né gli eventi storici, né le intimidazioni dei censori, le pressioni politiche del consolato britannico o del governo, sarebbero riusciti ad dissuaderlo. Era pronto a investire personalmente 2 milioni di dollari e, cosciente che la pellicola sarebbe stata bandita in molti paesi in Europa e America Latina (solo la Gran Bretagna e i suoi Dominion rappresentavano il 35% del mercato), era determinato a distribuire il film in maniera indipendente e fuori dai circuiti commerciali tradizionali. Nell’estate del 1939 Chaplin annunciò che avrebbe devoluto tutti i proventi europei del film alla causa ebraica. Le copie della sceneggiatura furono distribuite il 3 settembre 1939, giorno in cui l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania. La mattina del 9 settembre 1939, otto giorni dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, fu battuto il primo ciak sul set del ghetto.

Il primo film di Chaplin completamente scritto Il grande dittatore fu il primo film di Chaplin completamente scritto e meticolosamente pianificato e sono poche le eccezioni in cui la scrittura lasciò spazio all’improvvisazione, non a caso in due momenti del film completamente muti, due vere e proprie danze. La prima: la rasatura coreografata sulle note della Danza ungherese n. 5 di Brahms, che Chaplin provò e riprovò per oltre tre ore il pomeriggio del 30 settembre 1939, utilizzando una versione riorchestrata della musica. La seconda – una sorta di risposta speculare della prima – quella di Hynkel con il mappamondo accompagnata dal preludio del Lohengrin di Wagner, più pianificata nei movimenti (anche perché prevedeva l’uso di funi) ma comunque riscritta da Chaplin, che eliminò la spada e l’ombrello che figuravano nell’ultima versione scritta. A queste, possiamo aggiungere il primo comizio di Hynkel, in finto tedesco, in cui i dialoghi riportano solo la parola “gergo”.

L’origine della finta svastica (la doppia croce) nella sequenza tagliata: la sceneggiatura su cui Chaplin e i suoi collaboratori lavorarono durante i primi mesi del 1940 è molto vicina al film. Fanno eccezione alcune sequenze a cui Chaplin dedicò diversi mesi di lavoro. Una di queste, concepita come un flash-back sulla giovinezza del dittatore, vedeva Hynkel con i già fedeli Herring e Goering in una biergarten, tipica birreria all’aperto di Monaco: il futuro dittatore, sedendosi inavvertitamente su una botte fresca di vernice, si ritrovava una doppia croce stampata sul sedere e decideva di assumerla come simbolo del suo futuro partito. Della Beergarden Scene sopravvive un solo unico, rarissimo negativo.

L’uscita in sala del Dittatore rappresentò un evento mediatico senza precedenti: il lancio pubblicitario fu condotto su due piani non solo distinti, ma ideologicamente antitetici. Da un lato, la United Artists puntava sull’impegno pacifista di un autore maturo, che con il suo primo film parlato, ma anche il più ambizioso e perfetto, sfidava le dittature e i regimi totalitari. Dall’altro lato, lanciava, all’interno di guide coloratissime, una seconda strategia promozionale destinata esclusivamente a tranquillizzare gli esercenti, attraverso la quale trasformava i simboli dell’ideologia nazista in rassicuranti prodotti commerciali a uso e consumo della famiglia americana. Oltre alle decorazioni “a tema” pensate per le sale – palloncini, stendardi e striscioni con la (finta) svastica, sagome cartonate dei dittatori a grandezza reale – la United Artists proponeva una serie di gadget per bambini, che includeva, tra l’altro, la fascia da braccio e la spilla con la doppia croce, una maschera del Führer e una serie di cartoline olografiche in cui il piccolo ebreo si trasformava nello spietato dittatore, braccio alzato e saluto romano.

Due giorni dopo la proiezione a New York del Grande dittatore (15 ottobre 1940), il Minculpop emanò la perentoria disposizione “17 ottobre 1940: ignorare la pellicola propagandistica dell’ebreo Chaplin”, alludendo chiaramente senza nominarlo al film. È fin troppo ovvio che in Italia la proiezione di un film americano e antinazista come Il grande dittatore, che ridicolizzava non solo Hitler ma anche Mussolini, venisse vietata al pubblico. Il grande dittatore venne proiettato alla fine di ottobre 1944 a Roma (Cinema Corso, Moderno e Splendore) e Firenze, e poi a Napoli e nelle altre città più importanti del Sud (Palermo, Catania, Bari). Dopo la Liberazione (25 aprile 1945), Il grande dittatore di Chaplin venne proiettato nel maggio 1945 anche nel Nord Italia (Bologna, Venezia, Milano, Torino, Genova). Sulla scia dell’Oscar alla carriera con cui, nell’aprile del 1972, gli Stati Uniti si riconciliavano con Chaplin vent’anni dopo la persecuzione maccartista, la Mostra di Venezia consegnò al cineasta il Leone d’Oro per l’insieme della sua opera. In quell’occasione fu organizzata una retrospettiva pressoché integrale dei film di Chaplin dal titolo TuttoChaplin, comprendente ovviamente anche Il grande dittatore, che fece così il suo ritorno a Venezia. In quell’occasione, il film fu rieditato in Italia.

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