Il figlio di Saul, un Sonderkommando.

Giudicato subito come un’assoluta rivelazione all’ultimo Festival di Cannes, poi insignito del Gran Premio della Giuria e osannato come un capolavoro dalla critica di tutto il mondo, ‘Il figlio di Saul’ di László Nemes è uno degli eventi cinematografici più attesi della stagione, dopo la candidatura come miglior film straniero per i premi Oscar 2016.

saulSaul Ausländer (Géza Röhrig) fa parte dei Sonderkommando di Auschwitz, i gruppi di ebrei costretti dai nazisti ad assisterli nello sterminio degli altri prigionieri. Mentre lavora in uno dei forni crematori, Saul scopre il cadavere di un ragazzo in cui crede di riconoscere suo figlio. Tenterà allora l’impossibile: salvare le spoglie e trovare un rabbino per seppellirlo. Ma per farlo dovrà voltare le spalle ai propri compagni e ai loro piani di ribellione e di fuga.

Nel film si svolge un tentativo di rivolta dei prigionieri che ebbe luogo di fatto a Auschwitz nel 1944, l’unica rivolta armata della storia del campo. Anche il tentativo di scattare delle foto è realmente accaduto: grazie a una macchina fotografica fatta arrivare ai Sonderkommando di Birkenau dalla resistenza polacca, 4 foto furono realizzate per testimoniare al mondo esterno quello che succedeva nei campi.

“Ho potuto vederle alla mostra del 2001 Mémoire des camps – racconta László Nemes – e mi hanno colpito profondamente. Saul sceglie invece una forma diversa di rivolta, che può sembrare irrilevante fuori da quel contesto. Quando sembra che non ci sia più speranza, la voce interiore del protagonista lo incita a sopravvivere per compiere un atto che ha un significato, un significato umano, sacro, ancestrale che lo pone all’origine della civiltà umana e di qualsiasi religione: portare rispetto per il corpo di un morto”.

Laszlo Nemes“Stavo girando in Corsica ‘L’uomo di Londra di Béla Tarr’ – afferma il regista -, con cui lavoravo come assistente alla regia. Le riprese erano state interrotte per una settimana, avevo molto tempo libero e in libreria ho trovato un volume pubblicato dal Mémorial de la Shoah con il titolo Des voix sous la cendre (in Italia La voce dei sommersi, edito da Marsilio, ndt), che raccoglie gli scritti di alcuni membri dei Sonderkommando di Auschwitz. Prima della loro rivolta del 1944, queste pagine clandestine vennero nascoste sotto terra e ritrovate solo molti anni dopo la fine della guerra. Si tratta di una testimonianza straordinaria, che descrive i compiti quotidiani dei Sonderkommando, l’organizzazione del loro lavoro, le regole con cui veniva gestito il campo e lo sterminio degli ebrei, ma anche come questi uomini riuscirono a creare una certa forma di resistenza. Da questo libro è venuta l’idea de Il figlio di Saul”.

“Un aspetto molto problematico del film – continua László Nemes – è stato quello di raccontare una storia di finzione partendo dal contesto di questa testimonianza. Non volevo trasformare nessuno in un eroe, non volevo neanche assumere il punto di vista dei sopravvissuti, né mostrare troppo di quella fabbrica di morte. Volevo solo trovare una prospettiva che potesse essere esemplare, ridotta all’essenziale, per raccontare una vicenda il più possibile semplice e arcaica. Il figlio di Saul 01Ho scelto il punto di vista di un uomo, Saul Ausländer, un ebreo ungherese membro di un Sonderkommando, e mi sono attenuto strettamente a questa posizione: mostrare quello che vede, niente di più e niente di meno. Non si tratta però di una soggettiva pura, poiché sullo schermo noi vediamo Saul come personaggio: non volevo infatti ridurre il film a un approccio puramente visuale, che sarebbe stato artificioso, e ho preferito evitare ogni virtuosismo o esercizio di stile. Inoltre, quest’uomo è il punto di partenza di una storia unica, ossessiva e primitiva: crede di aver riconosciuto il figlio tra le vittime delle camere a gas ed è deciso a salvarne il corpo dai forni, trovare un rabbino che reciti il Kaddish e seppellirlo. Tutto quello che fa è legato a questa missione, che sembra completamente priva di scopo nell’inferno del lager. Il film resta tuttavia sempre legato al suo punto di vista e alla sua linea d’azione. Questa incrocia poi quella degli altri prigionieri, ma il campo è percepito per intero dalla sua prospettiva”.

IL FIGLIO DI SAUL arriverà nelle sale italiane a partire dal 21 gennaio, distribuito da Teodora Film.

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