Un nuovo ‘ascensore per il patibolo’.

Quella camminata notturna sotto la pioggia, accompagnata dalle note di una tromba, è entrata nella leggenda del cinema e del jazz: Jeanne Moreau e Miles Davis, due miti sull’Ascensore per il patibolo, per l’esordio noir di Louis Malle nel 1958.

locandina_ascensoreE proprio il nuovo restauro di Ascensore per il patibolo, realizzato da Gaumont, è il nuovo titolo distribuito dalla Cineteca di Bologna, in collaborazione con Lucky Red, in 70 sale italiane a Bologna al Cinema Lumière (Piazzetta Pasolini, 2/b) a partire da lunedì 4 aprile, nell’ambito del progetto per la distribuzione dei classici restaurati Il Cinema Ritrovato.

Tratto dal romanzo di Noël Calef, Ascensore per il patibolo rielabora in maniera strabiliante una trama noir. Su questa storia di tradimenti, omicidi progettati e commessi, di dettagli che complicano la vicenda e casualità che segnano il destino, Louis Malle costruisce una melodia soffusa, aiutato dalla magistrale colonna sonora jazz di Miles Davis: un mood che combacia perfettamente con le tinte cupe e minacciose del film.

Jeanne Moreau non è mai stata così bella e magnetica: una dark lady dallo sguardo inquieto. Vederla passeggiare per le vie di Parigi, anonima figura dall’andatura sensuale, ma quasi alla deriva, sullo sfondo grigio e sfocato dell’inquadratura, tra i riverberi delle luci al neon, ci fa pensare che gli stati di grazia esistono. Magnifica la fotografia in bianco e nero di Henri Decaë (un maestro della luce), restituita ora da un restauro che, oltre all’immagine, ha dedicato una cura altrettanto essenziale alla colonna sonora, com’era naturale per alcune delle note più famose della storia del cinema.

Ascensore_per_il_patibolo_04Un thriller tra Bresson e Hitchcock “Quando realizzai Ascensore per il patibolo – disse Louis Malle – scelsi deliberatamente di partire da un libro che era un thriller, consapevole di fare qualcosa che sarebbe stato venduto all’industria cinematografica come un film di serie B. Ma volevo anche fare un buon thriller. Il buffo è che ero davvero diviso tra l’enorme ammirazione per Bresson e la tentazione di fare un film alla Hitchcock. Così, in Ascensore c’è qualcosa dell’uno e dell’altro. In molte scene, specialmente all’interno dell’ascensore, cercai di emulare Bresson. Al tempo stesso imitavo Hitchcock nel tentativo di fare, forse con un po’ di ironia, un thriller che funzionasse bene. La suspense, i colpi di scena…”.

Dal romanzo al libro: nasce il personaggio di Jeanne Moreau. Certo lo scarto dal romanzo di Noël Calef emerge nel personaggio, che diverrà centrale, interpretato da Jeanne Moreau: “Nel libro, era solo la moglie dell’uomo che veniva assassinato nella scena iniziale. Il libro, come il film, racconta la storia di un uomo che compie un delitto perfetto e rimane stupidamente bloccato in un ascensore, di due ragazzi che rubano la sua macchina, vanno in un motel fuori Parigi, e commettono un omicidio… tutto sembra provare che quell’uomo sia l’autore del secondo delitto, e invece… era questa l’astuzia, il trucco del libro. Nella sceneggiatura allargammo la trama per introdurvi la storia d’amore. Non volevamo che il film ruotasse unicamente intorno a due delitti. Poiché era qualcun altro a commettere un omicidio con la sua macchina e la sua pistola, pensammo che il film sarebbe stato molto più interessante se subito dopo il delitto il protagonista avesse avuto un appuntamento con una donna. Lei lo cerca ovunque, ma non si incontrano mai. Francamente non pensavamo che fosse tanto azzardato. Ricordo che esitammo molto, mentre lavoravamo alla sceneggiatura, prima di decidere se a un certo punto farli incontrare. Decidemmo di no, ma alla fine c’è quella scena, una delle migliori del film, in cui lei viene arrestata. Il fotografo sta sviluppando le foto, e lei si vede insieme a lui, tra le sue braccia, negli ingrandimenti ancora in acqua, e in questo modo vengono riuniti. Ma non sono mai insieme. Ci sembrava molto romantico”.

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Louis Malle ebbe piena consapevolezza di aver creato un’icona: “Anche se Jeanne aveva fatto non pochi film prima, il pubblico la scopre con questo, perché lei, qui, appare con la sua vera personalità, il suo temperamento, il suo viso sconvolgente, così mutevole; a quell’epoca molti degli operatori dicevano che era un’attrice straordinaria, ma difficile da inquadrare, da fotografare, da filmare. Allora le mettevano chili di trucco, tanto che ciò che appariva sullo schermo era più una maschera che il vero viso di Jeanne. Se c’è un’idea nel film di cui posso vantarmi, è quella di aver senza dubbio compreso ciò, e, d’accordo con lei, averla fotografata così com’è, il che non era così scontato all’epoca”.

E a proposito della mitica colonna sonora, ecco il racconto sempre di Louis Malle: “Ero pazzo per il jazz, e a quel tempo ascoltavo molto Davis che era al suo apice creativo. Mentre stavo girando il film, non avrei mai sperato che Davis componesse una musica per me. Poi, per una strana coincidenza, mentre stavo montando ed ero sul punto di scegliere la musica, Miles Davis giunse a Parigi. Era venuto da solo, senza i suoi musicisti, per suonare in un club per un periodo di circa tre settimane. Gli saltai letteralmente addosso. Boris Vian, che conoscevo e che era anche trombettista, mi aiutò molto. Era direttore della sezione di musica jazz della Philips, con la quale, credo, Davis era sotto contratto per l’Europa. Combinò un incontro. Davis era riluttante perché a Parigi suonava con dei bravi musicisti, che però non erano quelli con cui era solito incidere dischi. Riuscii a convincerlo. Gli mostrai il film due volte, soltanto due. Ci accordammo sulle sequenze che secondo noi avevano bisogno di un sottofondo. Approfittando di una sera in cui non suonava al club, affittammo uno studio di registrazione a Parigi sugli Champs Élysées, e cominciammo a lavorare, molto lentamente, come fanno i musicisti jazz. Iniziammo verso le dieci o le undici di sera e andammo avanti fino alle otto del mattino: in una notte l’intera colonna sonora fu registrata, e penso che questo fatto la renda molto particolare. È una delle pochissime colonne sonore improvvisate; credo che Davis non abbia avuto tempo di preparare nulla. Io facevo scorrere le sequenze che andavano musicate e lui cominciava a provare con i suoi musicisti. Ciò che Miles Davis riuscì a fare fu eccezionale, il film si trasformò”. La vicenda è confermata dallo stesso Miles Davis nella sua famosa autobiografia: “Andai a Parigi per suonare come guest per alcune settimane e attraverso Juliette Greco conobbi Louis Malle. Mi disse che aveva sempre amato la mia musica e mi chiese di scrivere la partitura per il suo nuovo film. Fu un’esperienza da cui imparai molto, perché non avevo mai scritto musica per film. Piacque a tutti”.

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