I Macchiaioli. Le collezioni svelate.

Chissà come avrebbero commentato, seduti davanti a un bicchiere di vernaccia di San Gimignano al Caffe Michelangiolo, i “Macchiaioli” saputo che la loro mostra si sarebbe tenuta al Chiostro del Bramante (tra l’altro il grande rivale di Michelangelo). Stride e collide l’elegante semplicità e rigorosa purezza del Chiostro, in ossequio ai principi caratterizzanti dell’architettura del Rinascimento, con l’assioma della pittura dei “Macchiaioli” che nega l’esistenza della forma riconducendola a mera creazione delle sfumature di luci e ombre, così come percepite alla vista dell’osservatore.

20160331_202545_Richtone(HDR)Tuttavia ai fini della comprensione tout court del Movimento, che appare nella scena artistica italiana nel XIX secolo, è necessario osservarlo partendo dal concetto di nazionalità. Il sentimento d’appartenenza a questa nuova nazionalità italiana come fonte d’ispirazione per la loro produzione culturale, ed è peculiare in tal senso la differenza con l’impressionismo francese, d’altronde alcuni degli stessi hanno combattuto durante le guerre d’indipendenza.

“I Macchiaioli. Le collezioni svelate” il titolo della mostra dove, si ha la fortuna di ammirare oltre 110 opere che esprimono il meglio della loro produzione pittorica, e che col passare del tempo sono diventate di diritto la colonna portante delle Arte Moderna italiana, e non solo visto che popolano e viaggiano nei più grandi Musei internazionali.

Nelle nove sezioni del percorso espositivo si snoda un cammino ideale che passa dalla galleria privata dei singoli collezionisti, dove l’allestimento in stile antico riportava alla mente le descrizioni di Gozzano nella signorina Felicità, alla spiaggia invernale della Maremma. Nei quadri “Marcatura dei cavalli in Maremma (1887)” di Giovanni Fattori, pare quasi ascoltare lo sbuffare degli equini o ancora di essere seduti con Diego Martelli in quel di Castiglioncello, oasi dedicata all’arte e al piacere che raggiunse un tale fame da meritarsi un dipinto di Edgar Degas.

20160331_205710_Richtone(HDR)La brezza salmastra della marina toscana per levarsi nei paesaggi che animano la pittura macchiaiola, ma non mancano affatto riferimenti realisti come le “Cucitrici di camicie rosse (1863)” di Odoardo Borrani oppure “Le gramignaie al fiume (1896)” di Niccolò Cannicci.

La mostra si conclude con un ampio respiro internazionale, in particolare con i quadri del parigino acquistito Zandò ovvero Federico Zandomeneghi con la sua “Place du tertre (1880)”, ma vale la pena menzionare dello stesso anche “Il giubbetto rosso (1895 ca.)”.

Infine, quello ritengo il vero capolavoro della mostra “Il Ponte Vecchio a Firenze (1879)” di Telemaco Signorini, miracolosamente ritrovato da Mario Borgiotti in un mercatino inglese e che riappare agli occhi dello spettatore.

Questo è ciò che si è visto e non me ne voglia Neri Tanfucio…

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