The Roman Parade: Picasso, Pietro da Cortona, Cocteau e Bernini. È un onore e un piacere poter ascoltare una conferenza di Olivier Berggruen. Figlio di Heinz Berggruen, che dà il nome all’omonimo museo berlinese, Olivier è una figura centrale nel settore artistico contemporaneo. In questa occasione lo troviamo nelle vesti di curatore della mostra “Pablo Picasso. Tra Cubismo e Neoclassicismo 1915-1925” in calendario a Roma fino al 21 gennaio 2018 alle Scuderie del Quirinale e a Palazzo Barberini. Proprio in questa cornice, prestata dall’arte antica a quella moderna si è svolta la conferenza sulla Mostra, in particolare sull’unica opera che non fa parte del corpus espositivo alla Scuderie del Quirinale. Perché? “Sipario per il balletto Parade” (1917, tempera on canvas) è una tela lunga diciassette metri e alta dieci. Troppo, anche per la maestosità delle Scuderie presidenziali. Ed ecco allora che nel novero di un esperimento che a Roma già nel 2009 aveva portato i suoi frutti, “Caravaggio-Bacon” nella mostra a Galleria Borghese insegna, la tela trova degnissimo luogo di esposizione nel salone affrescato da Pietro da Cortona, dove tra l’altro si accede attraverso lo Scalone Monumentale a “pozzo quadrato” progettato da Gian Lorenzo Bernini. Una scenografia nella scenografia, che grazie alla sapienza dell’allestimento lascia l’occhio stupito dal dialogo ideale tra due artisti.
Ma torniamo a Parade, osserva Berggruen come l’Italia incida assai sul lavoro di Picasso e lo si veda nell’enorme tela. L’allestimento teatrale gli dà l’opportunità di sviluppare un Cubismo dinamico. Ed effettivamente osservando il dipinto si rimane colpiti dalla varietà di soggetti ritratti, dove in omaggio al Belpaese spicca un Arlecchino oppure al rosso pompeano del sipario, ma soprattutto dalla visione onirico immaginifica che l’Artista porta su tela. La magnificenza del salone di parata si palesa agli occhi dello pubblico sempre in bilico tra la vista frontale della “Parade” e il contemplare l’affresco che decora l’enorme soffitto dipinto, dove volteggiano le api dei Barberini.
Una sintesi delle esperienze del periodo romano di Picasso, a cent’anni di distanza, dove negli incontri all’hotel De Russie, Cocteau lo “sedusse” paventandogli una forma di collaborazione con Djagilev, l’impresario russo che portò in Europa le musiche di Igor Stravinsky.
Un connubio che incarnava le diverse anime dell’avanguardia che esplodeva il massimo della creatività a cavallo delle due grandi guerre. A Roma, a via Margutta, fra gli altri c’erano oltre al collettivo dei “Balletti Russi”, Massine e i futuristi italiani. Va dato atto al curatore di aver proposto nell’allestimento materiali e testimonianze tangibili di quanto è successo in quella breve stagione creativa romana.
Ma soprattutto soggiornava nella Capitale Olga Khokhlova. Il Maestro rimane abbacinato dalla potenza espressiva del mondo del balletto, attratto dalle linee e dalle curve dei danzatori, traendone spunto in seguito per la collaborazione con Gjon Mili e la penna luminosa. La danza gli dà ispirazione innamorandosene. Così come s’innamorò di Olga tanto da sposarla l’anno(1918) successivo a Parigi.
Il resto di questa storia lo potrà scoprire solo lo spettatore visitando la mostra.