Ella&John, The Leisure Seeker, di Paolo Virzì con i due splendidi protagonisti Helen Mirren e Donald Sutherland arriva finalmente al cinema dal 18 gennaio, dopo l’anteprima alla 74esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Un film dolcissimo che colpisce dritto al cuore.
Paolo Virzì esplora il genere americano “on the road”, rinnovato dalla poesia ironica e umana e reso ancor più straordinario dalla vitalità di due interpreti d’eccezione. Virzì, vincitore del David di Donatello alla regia con La Pazza Gioia, infonde il suo umorismo, la sua sottile osservazione dei fenomeni sociali e la sua profonda analisi dei personaggi, in un film che racconta l’ultima avventura, irragionevole e felice di due anziani coniugi, determinati a sottrarsi ad un destino di cure che li separerebbe per sempre.
The Leisure Seeker è il soprannome del vecchio camper con cui Ella e John Spencer andavano in vacanza coi figli negli anni Settanta. Una mattina d’estate, la coppia sorprende i figli ormai adulti e invadenti e sale a bordo di quel veicolo anacronistico per scaraventarsi avventurosamente giù per la Old Route 1, destinazione Key West.
John è svanito e smemorato ma forte, Ella è acciaccata e fragile ma lucidissima, insieme sembrano comporre a malapena una persona sola e quel loro viaggio in un’America che non riconoscono più – tra momenti esilaranti ed altri di autentico terrore – è l’occasione per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione, ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, regalando rivelazioni sorprendenti fino all’ultimo istante.
Il film ‘americano’ di Virzì è tratto da una novella di Michael Zadoorian, la fuga di una coppia di anziani a bordo del loro vecchio camper, dai sobborghi di Detroit verso la California lungo la iconica Route 66. “Ci trovai qualcosa di molto attraente – afferma il regista -: uno spirito sovversivo, di ribellione contro l’ospedalizzazione forzata stabilita da medici, figli, regole sociali e sanitarie. Ma allo stesso tempo mi sembrava che quel viaggio ripercorresse un paesaggio già molto visto in tanti altri bei film, c’era il rischio di lasciarsi catturare dai cliché, così come a volte capita ai registi americani quando girano in Italia e finiscono per inquadrare soprattutto luoghi turistici e pittoreschi. Qualche tempo dopo, furono i miei amici Francesca Archibugi e Francesco Piccolo, penne straordinarie e adorabili persone con le quali è bellissimo scrivere insieme, a provare a convincermi di ripensarci, proponendomi di utilizzare lo spunto di quel libro ma di cambiare il percorso del viaggio e di conseguenza il profilo socio-culturale dei personaggi: un ex-professore di letteratura del New England, con una moglie più giovane che viene dal South Carolina, diretti alla Casa di Hemingway a Key West. Così abbiamo provato a buttar giù scene e dialoghi in italiano, per poi, con l’aiuto prezioso del mio amico romanziere Stephen Amidon, trasformarle in angloamericano nella prima versione dello script. Ricordo di essermi lasciato scappare di bocca una specie di impegno: se Donald Sutherland accetta di interpretare il ruolo di John ed Helen Mirren quello di Ella allora giuro che questo film lo faccio. Ma era solo un modo per spararla grossa, per mettere le mani avanti, per allontanare la possibilità di quel progetto americano che i miei amici produttori e co-sceneggiatori caldeggiavano fanaticamente. Il destino però mi ha spiazzato: imprevedibilmente, e ancora non mi spiego come sia stato possibile, Mirren e Sutherland hanno accettato. Poche settimane dopo eravamo già sul set, non ho avuto quasi neanche il tempo di mettere a fuoco quello che stava succedendo che eravamo immersi nella preparazione, portandoci dietro mezza troupe italiana con tutte le nostre abitudini, compreso, nel bene e nel male, il nostro modo di guardare le cose e di fare il cinema: non è che avessi attraversato l’oceano per diventare “un regista americano”. E però lavorare con un’attrice sublime come Helen ed un’autentica leggenda come Donald è stato, oltre che elettrizzante, molto istruttivo. Mi incantavo a guardarli recitare, lui intenso e regale, ma anche buffo ed imprevedibile, lei acuta, saggia, spiritosissima e poi improvvisamente piena di foga, di rabbia, di dolore. Faticavo a dire la parola “stop”, anzi “cut!”. Forse è stato soprattutto per godere del piacere di condividere un’esperienza con due artisti che mi affascinano e mi emozionano che ho fatto i bagagli e sono andato a girare un film in America, almeno per una volta nella mia storia di regista italiano, anzi di Livorno”.
“Ho questo viziaccio di prendere argomenti tristi e penosi e provare a trasformarli in avventure avvincenti”, dichiara Paolo Virzì. “Il segreto è mescolare commedia e tragedia, sempre”. Una cosa è certa: The Leisure Seeker è ricco di entrambi.
“Ero un po’ spaventata rispetto a un film che mette a fuoco in modo così realistico i guai della vecchiaia”, rivela Helen Mirren. “Ma guardando le opere di Paolo Virzì, in particolare Il Capitale Umano, ho percepito la sua meravigliosa dimensione umana, la sua osservazione semplice, sagace, spiritosa delle situazioni più complicate e reali. La carta vincente di Paolo è la naturalezza con cui descrive comportamenti umani, con il loro coraggio e la loro fragilità, senza mai il ricatto melodrammatico. Adoro il suo stile”.
Donald Sutherland concorda: “Paolo è geniale e divertente, ma in un modo sottile e complesso. Colpisce la sua sensibilità, la sua profonda comprensione della condizione umana”. Rievocando quello che lo ha convinto ad accettare il ruolo di John, un insegnante in pensione la cui mente, affollata di pagine di letteratura, inizia a perdere lucidità, Sutherland dice: “Stavo leggendo le prime venti pagine del copione, quando John mi si è seduto vicino e ha cominciato a parlarmi. Una conversazione meravigliosa, molto articolata, molto specifica. Era preciso ed eloquente, il copione gli stava piacendo molto, ed io non potevo certo contraddirlo”.
Nel lavorare all’adattamento del libro il regista ha rivelato di immaginare una specie di se stesso con la moglie Micaela, tra trent’anni. Lui prolisso e brontolone, ossessionato dalle pagine dei romanzi che ha studiato ed insegnato ai suoi studenti per tutta la vita, lei più leggera e sempre di buon umore, con qualcosa di apparentemente frivolo, legati da una passione che ha generato due figli ed una vita insieme.
“Mi piace riempire l’inquadratura con elementi realistici, con volti autentici, che trasmettano un senso di verità”, spiega Virzì. “Durante i sopralluoghi, ho cercato di assorbire l’atmosfera di quell’estate americana e un pezzo inevitabile è stata
la campagna presidenziale di Trump”. Racconta Virzì: “Ovunque c’erano poster e cartelloni che pubblicizzavano entrambi i candidati ed era inevitabile presagire che l’estate del 2016 sarebbe stata “storica”. Non sono mica un chiaroveggente, non potevamo immaginare come sarebbe andata a finire a novembre, ma quel che stava accadendo mi sembrava fosse molto significativo e che avesse a che fare con la storia dei nostri due personaggi, che per l’appunto attraversano un’America che non riconoscono più e dalla quale sembrano voler scappare per sempre”.
“Durante le nostre riprese, Trump era in piena attività”, dice Helen Mirren. “Paolo ha inserito nella sceneggiatura un raduno dei suoi supporter creando così uno spunto comico: John è incuriosito da quella situazione chiassosa della quale non sembra afferrare il significato, ed Ella ne approfitta per prenderlo in giro con la frase cult del film: ‘Sei stato un democratico per tutta la vita, hai fatto anche il volontario nella campagna per Walter Mondale’. E lui, candidamente: ‘Ma queste persone sono così divertenti!’ È stato un modo ironico per raccontare l’alterazione della mente di John, e per dire qualcosa di rilevante su entrambi i personaggi”.
“Nel copione non abbiamo mai menzionato la parola Alzheimer, anche lì temevamo di andare a cacciarci in un cliché. I figli dicono che “Papà ha i suoi momenti”, Ella dice che ha problemi di memoria. Tra di noi chiamavamo la condizione mentale di John la Spencer Syndrome”, dice Virzì, “confortato dai pareri dei neurologi, che testimoniano come ogni individuo manifesti a modo suo un’eventuale degenerazione mentale”. La confusione di John qualche volta lascia il posto a sprazzi di lucidità e in quei momenti ci rendiamo conto del suo fascino e di quanto possa essere doloroso per Ella perdere a poco a poco il suo John.
Helen Mirren conclude: “È quella fase dell’amore in cui conosci benissimo il tuo partner, le sue qualità, i suoi difetti, e in cui ti rendi conto che non potrai mai conoscerlo veramente. Non si può conoscere completamente un’altra persona. Nel film osserviamo una coppia che nonostante si conosca benissimo, sta ancora attraversando una fase di scoperta. Sono una coppia normalissima. Guardandoci intorno, ne vediamo milioni di persone come loro. Gente comune. L’America è un paese immenso, pieno di famiglie, di individui che non hanno nulla di speciale, ma che lo diventano se ci fermiamo a osservarli. Penso che sia questa la grande forza del cinema di Paolo. Lui fa film sulla gente comune con cui possiamo identificarci. I suoi film traboccano di umanità”.