Del più grande costruttore dell’Impero romano non abbiamo nemmeno certezza dei suoi natali capitolini. Sappiamo solo che le radici di Marco Ulpio Nerva Traiano affondano nella provincia iberica. Quando, nel 117 d.C., l’estensione territoriale del regno di Traiano conosce il suo apogeo, non vi era porzione significativa del Mediterraneo sulla quale non vigessero insegne romane. Per intendersi la massima dimensione del Reich nazista misurava solo un decimo di quell’Impero… Oggi per averne un’idea, anche solo lontanamente, a Roma è possibile perdersi nei grandiosi mercati che portano il suo nome e oggi sono sede della mostra “Traiano. Costruire l’Impero creare l’Europa”, fino al prossimo 18 Novembre.
Il Foro di Traiano si ritiene sia opera di Apollodoro di Damasco. Lì è possibile ammirare la maestosità del Grande Emiciclo sovrastata dai vai ordini architettonici, dove c’è confusione di quelle che furono le tabernae di travertino in cui lo spettatore era libero di deambulare fino a giungere all’antica “via Biberatica” e dove tra un bicchiere e l’altro si consumavano gli intrallazzi dell’epoca. O tempora, o mores. In tal senso tranchant era stato il giudizio di Giovenale grande conoscitore dei costumi latini, e preveggente di quelli italici: «[…] [il popolo] due sole cose ansiosamente desidera: pane e giochi circensi». Pallone e reddito di cittadinanza… Ma Traiano e le sue élite avevano ben altri pensieri. Il peso di essere diventato Imperatore soltanto perché era il migliore, guiderà tutta la sua parabola politico-militare. E in tal senso, si muove nel solco storico tracciato da Alessandro Magno, in cui le culture delle diverse etnie dell’Impero dovevano necessariamente contribuire, sebbene con caratteristiche peculiari, alla diffusione universale della cultura latina e alla grandezza dell’Impero inteso come unicum. Il successore Adriano avrà la strada spianata e poterà Roma al suo massimo splendore.
Per celebrare tali trionfi, in un’epoca sconosciuta ai social, quale migliore spot uscire dai Mercati ripercorrendo le gesta del grande Traiano su quella meraviglia di colonna, ancora maestosamente eretta? Una potenza figurativa impressionante promana salendo con lo sguardo le decine di metri che la compongono. Al valoroso sconfitto Decebalo morente fa da contraltare il Traiano trionfante che si sussegue fino ad arrivare quasi in cielo, lasciando scolpito nel marmo pario la storia che i posteri potranno solo ammirare. È stato il primo monumento di avanguardia artistica romana, che con il susseguirsi di scene immagini e frammenti dimostra quanto poté la forza spingersi oltre i confini dell’Impero romano, per conquistare la bramata Dacia. Come se Traiano avesse indossato i panni di Ulisse per sincerarsi che al di là di quelle colonne d’Ercole in realtà sebbene non ci fosse null’altro da temere per Roma, ma forse era opportuno non spingervisi ulteriormente.
L’aura misteriosa intorno alla sua figura attraversa intatta i secoli. Coinvolgerà Dante che lo pone nel VI Cielo di Giove, dando credito a una leggenda Medioevale secondo cui papa Gregorio Magno, venuto a conoscenza di un atto di umiltà e giustizia compiuto dall’Imperatore pagano, prega intensamente per la salvezza della sua anima fino a ottenerla. Una maestosità interpretata dall’Optimus Princeps che travalicava i limiti del paganesimo per farlo ascendere nelle grazie dell’empireo cristiano. Al termine del percorso espositivo della mostra merita uno sguardo approfondito l’installazione monumentale “Columna mutãtio – LA SPIRALE “di Luminița Țăranu che ispirata alla Colonna rende, se possibile, ancora più attuali le gesta di Traiano in chiave Street Art. E cosi alla fine Traiano viene sconfitto dall’unico nemico invincibile, al cospetto del quale qualsiasi Legione Romana nulla poteva, il tempo. Ma forse se nel XXI secolo state leggendo quest’articolo anche il tempo è stato sconfitto da TRAIANVS OPTIMVS…