C’è un quid di inquietante nel partecipare a un vernissage il giorno dei Morti in un luogo come l’ex Mattattoio. Ed è proprio lì, in una sequenza di rapimenti e ricostruzioni, che fino all’11 novembre è possibile osservare “Every Body Talks”, mostra curata dagli studenti del Master in Management delle Risorse Artistiche e Culturali, promosso dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale e dalla Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM (https://www.mattatoioroma.it/mostra/every-body-talks).
La sfida è alquanto ambiziosa se si pensa all’arduità nel riuscire a dare una definizione di corpo figuriamoci di una moltitudine di corpi. Ma il contatto visivo è un medium che facilita lo spettatore nella visita del padiglione espositivo.
“Individuare lo spazio giusto è fondamentale per comunicare il mio messaggio”. Afferma l’uomo che non c’era pur essendoci sempre Liu Bolin. E questo forse spiega perché il massimo esponente mondiale dell’arte camaleontica, il maestro nel nascondere se stesso sia dovuto “sparire” tra i ghiacci islandesi per fare la fortunata campagna pubblicitaria di Moncler, ritratto da Annie Leibovitz.
Dopo le opere di Bolin troviamo Jonathan Yeo, uno dei massimi ritrattisti viventi, alle prese con dei dipinti che mostrano dei chirurghi estetici all’opera gli stessi infondono un’inquietudine talmente grande nel pittore da non potersi esimere dal domandarsi se il chirurgo estetico sia esso stesso un artista del corpo umano. Un Canova dei corpi reali.
O Spencer Tunick dove il corpo nudo diviene elemento decorativo del paesaggio come se il corpo umano altro non fosse che un elemento di texture del pianeta Terra.
Pierre David, invece, preferisce creare delle nuances di corpo umano e per farlo utilizza come modello l’epidermide dei lavoratori del “Museum of Modern Art” a Salvador da Bahia. Il risultato è assolutamente originale con la creazione di una palette di sfumature di pelle umana, dalla più algida alla più oscura. Ma ciò non bastava, la palette è stata inscatolata in vernice dall’azienda olandese Sikkens, cosi ognuno può avere il colore di un uomo sulle pareti di casa.
L’esposizione comprende anche una selezione di giovani artisti italiani tra i quali vanno ricordati Francesco Biccheri e Micaela Lattanzio. Il primo esegue delle tecniche di chirurgica fotografica con la stessa abilita di un mosaicista. La differenza è che le sue non sono tessere bensì pixel, generando volti inquietanti, strampalati e inverosimili, ma costringendo lo spettatore a far i conti con la loro bizzarria.
Altra artista del “mosaico” è Micaela Lattanzio, che attraverso un rigido lavoro di ritaglio manuale riesce a donare tridimensionalità a opere in realtà fatte di carta, sorprendendo l’osservatore con il continuo gioco di geometrie e ombre delle sue opere anche semplicemente passandoci accanto. So everybody Talks! And you?