Phaim è un giovane musulmano di origini bengalesi nato in Italia 22 anni fa. Vive con la sua famiglia a Torpignattara, quartiere multietnico di Roma, lavora come steward in un museo e suona in un gruppo. E’ proprio in occasione di un concerto che incontra Asia, suo esatto opposto: istinto puro, nessuna regola. Tra i due l’;attrazione scatta immediata e Phaim dovrà capire come conciliare il suo amore per la ragazza con la più inviolabile delle regole dell’Islam: la castità prima del matrimonio.
Al cinema dal 16 maggio distribuito da Fandango, arriva ‘Bangla’, film del regista romano Phaim Bhuiyan che è anche protagonista insieme a Carlotta Antonelli, nota per la seconda stagione di ‘Suburra-la serie’ nel ruolo della moglie di Spadino. Nel cast anche Alessia Giuliani, Milena Mancini, Simone Liberati e l’amichevole partecipazione di Pietro Sermonti.
“L’idea del film – afferma il regista – nasce un anno fa sull’onda della trasmissione “Nemo – Nessuno escluso” di cui sono stato protagonista per una puntata. Lo spunto alla base del servizio, che è diventato anche lo spunto per il film, attinge da una mia problematica personale: “le ragazze”. Cosa vuol dire per un giovane di vent’anni, italiano di seconda generazione e musulmano, vivere in un mondo spesso così lontano dai precetti dell’Islam, soprattutto per quanto riguarda la sfera relazionale e sessuale? Cosa accade quando il desiderio bussa alla sua porta? Partendo da queste domande abbiamo sviluppato la sceneggiatura, basata essenzialmente sulla mia vita, cercando di raccontarla nei suoi aspetti quotidiani con sguardo comico, affettuoso ma anche pungente. L’urto col mondo occidentale, le differenze generazionali all’interno della mia stessa famiglia e, soprattutto, l’arrivo dell’amore attraverso l’incontro con una ragazza, il confronto col mondo femminile. Un mondo che non risponde alle stesse regole che mi hanno insegnato, ma, anzi, sembra andare nella direzione opposta”.
“Abbiamo cercato di portare il conflitto tra religione e desiderio sul piano personale – racconta il regista Phaim Bhuiyan -,
raccontandolo come una battaglia quotidiana, una gara di volontà e di resistenza, provando a declinarlo sotto i vari aspetti, non solo religioso e affettivo ma anche relazionale, familiare, sociale. Ne è venuto fuori una sorta di piccolo affresco in cui i personaggi si muovono continuamente in bilico tra obblighi e desideri, alla ricerca di un’identità necessariamente
sfaccettata. Dal punto di vista visivo e registico l’idea è quella di provare a restituire la complessità del microcosmo in cui è ambientata la storia, il quartiere multietnico di Torpignattara a Roma attraverso uno stile agile, seguendo i personaggi, e con una fotografia che sappia cogliere la ricchezza visiva del quartiere: palazzi scrostati e murales, facce di mille colori, frutterie aperte ventiquattro ore su ventiquattro e moderni beershop. Moschee e Chiese. Giovani e vecchi. Tutto questo è Torpignattara, il quartiere dove sono nato e che sarà protagonista del film, al pari degli altri personaggi. Credo sia importante che a raccontare questo mondo sia un ragazzo come me, originario del Bangladesh ma nato e cresciuto qui e che quindi ha vissuto dall’interno, direttamente, le vicende di cui è protagonista”.