Da sempre solo in mezzo alla folla, Arthur Fleck cerca un contatto. Mentre cammina per le strade fuligginose di Gotham City e attraversa le rotaie dei trasporti pubblici pieni di graffiti di una città ostile, brulicante di divisione e insoddisfazione, Arthur indossa due maschere. Una se la dipinge per svolgere il suo lavoro come pagliaccio durante il giorno. L’altra non se la può mai togliere: è la maschera che mostra nell’inutile tentativo di sentirsi parte del mondo che lo circonda, che nasconde l’uomo incompreso che la vita sta ripetutamente abbattendo. Senza un padre, Arthur ha una madre fragile, probabilmente la sua migliore amica, che lo ha soprannominato ‘Felice’, un appellativo che ha scaturito in Arthur un sorriso che nasconde un’angoscia interiore. Ma, da quando è stato vittima di bullismo da parte di adolescenti per le strade, o deriso per i suoi abiti in metropolitana, o semplicemente preso in giro dai suoi compagni pagliacci al lavoro, quest’uomo solitario si è distaccato ancor di più dalla gente che lo circonda.
Diretto, co-scritto e prodotto da Todd Phillips, “Joker” racconta l’originale visione del regista sul famigerato villain DC, una storia sulle origini pervasa, ma allo stesso tempo al di fuori, dalle mitologie più tradizionali del personaggio. L’esplorazione di Phillips su Arthur Fleck, interpretato in maniera indimenticabile da Joaquin Phoenix, è quella di un uomo che lotta per trovare un posto nella società fratturata di Gotham. Desiderando che la luce brilli su di lui, si cimenta come comico di cabaret, ma scopre che lo zimbello sembra essere proprio lui. Intrappolato in un’esistenza ciclica sempre in bilico tra apatia, crudeltà e – in definitiva – tradimento, Arthur prenderà una decisione sbagliata dopo l’altra, provocando una reazione a catena di eventi, utili alla cruda analisi di questo personaggio allegorico.
Il tre volte candidato all’Oscar® Joaquin Phoenix (“The Master”, “Quando l’amore brucia l’anima”, “Il Gladiatore”) è il protagonista del film al fianco del premio Oscar® Robert De Niro (“Toro scatenato”, “Il Padrino – Parte II”). Fanno parte del cast anche Zazie Beetz (“Deadpool 2”), Frances Conroy (le serie TV “American Horror Story”, “Castle Rock” di Hulu), Brett Cullen (“42 – La vera storia di una leggenda americana”, “Narcos” di Netflix), Glenn Fleshler (le serie TV “Billions”, “Barry”), Bill Camp (“Red Sparrow”, “Molly’s Game”), Shea Whigham (“First Man – Il primo uomo”, “Kong: Skull Island”), Marc Maron (le serie TV “Maron”, “GLOW”), Douglas Hodge (“Red Sparrow”, “Penny Dreadful” in TV), Josh Pais (l’imminente “Motherless Brooklyn – I segreti di una città”, “Insospettabili sospetti”) e Leigh Gill (la serie HBO “Il trono di spade”).
Il candidato all’Oscar® Phillips (“Borat”, la trilogia di “Una notte da leoni”) ha diretto il film da una sceneggiatura che ha scritto insieme all’autore nominato all’Oscar® Scott Silver (“The Fighter”), basato su personaggi di DC. Il film è prodotto da Phillips e dal candidato all’Oscar® Bradley Cooper (“A Star Is Born”, “American Sniper”) con la loro Joint Effort, e dalla nominata all’Oscar® Emma Tillinger Koskoff (“The Wolf of Wall Street”). I produttori esecutivi sono Michael E. Uslan, Walter Hamada, Aaron L. Gilbert, Joseph Garner, Richard Baratta e Bruce Berman.
In Joker non ci sono né la Gotham, né il Joker conosciuti in 80 anni di narrativa rappresentata su pagina o schermo. Piuttosto, qui si tratta di uno standalone sulle origini di questo famigerato personaggio, la cronaca di un’atmosfera di agitazione che porta un uomo a rischio come la sua città – e probabilmente, a causa di essa – ad avvicinarsi al precipizio: Arthur Fleck.
Il regista Todd Phillips ammette: “Adoro la complessità del Joker, e ho pensato che sarebbe valsa la pena esplorare le sue origini nel cinema, dal momento che nessuno lo ha fatto e canonicamente non ha un inizio formale. Quindi, Scott Silver ed io abbiamo scritto una versione di un personaggio complesso e complicato, e di come potrebbe evolversi … e poi devolvere. Questo è ciò che mi ha interessato: non una storia del Joker, ma la storia del diventare Joker”.
Il film presenta vari punti di riferimento a Gotham, abilmente inseriti in cupo paesaggio, per dare una collocazione al pubblico e consentire alla performance ipnotica e cruda di Joaquin Phoenix di evocare le emozioni necessarie per intraprendere questo viaggio con Arthur, attraverso il lato oscuro della città – e alla fine il suo. “Uno dei temi che volevamo approfondire nel film è l’empatia e, soprattutto, la mancanza di empatia che è presente in gran parte del mondo di Arthur”, afferma Phillips.
“Ad esempio”, continua, “nel film si nota la differenza del modo in cui i bambini e gli adulti reagiscono ad Arthur, perché i bambini vedono il mondo senza filtri; non vedono i ricchi contro i poveri oppure non considerano un individuo emarginato come fanno gli adulti. Vedono Arthur semplicemente come qualcuno che cerca di farli sorridere. Non è una cosa innata, impariamo col tempo a non accettare gli altri e, sfortunatamente, di solito lo facciamo”. Silver afferma: “Inizialmente vuole far ridere le persone, cercando di metter loro un sorriso sulla faccia. Ecco perché è un pagliaccio, e perché sogna di diventare un comico. Vuole solo portare un po’ di allegria nel mondo. Ma poi l’ambiente malsano di Gotham lo butta giù: la mancanza di compassione ed empatia, la perdita di civiltà … Questo è ciò che ha creato il nostro Joker”.
L’Arthur creato da Phillips e Silver è intrappolato in un’esistenza ciclica di segnali mal interpretati. Persino l’incontrollabile ed inappropriata risata di Arthur, che acquista slancio mentre cerca di contenerla, non trasmette simpatia a coloro che incontra quotidianamente, esponendolo a ulteriori situazioni di ridicolo e alienazione dalla società di Gotham. “Al giorno d’oggi la sua è una sindrome riconosciuta, ma al tempo in cui è ambientata la nostra storia non era stata realmente diagnosticata, sebbene fosse una condizione reale”, spiega il regista.
Phoenix ammette che anche durante le riprese: “Ci sono stati momenti in cui ho provato compassione per lui, avendo compreso le sue motivazioni, ma nel momento successivo ho rigettato le decisioni che prendeva. Interpretare questo personaggio è stato una sfida per me come attore, e sapevo che avrebbe sfidato anche il pubblico e le idee precostituite che si hanno sul Joker, perché nel suo mondo immaginario, così come nel nostro mondo reale, non ci sono risposte facili”.
“Parliamo spesso della punta dell’iceberg, ma raramente ci soffermiamo su ciò che c’è sotto, ciò che ci porta ad essere in un certo modo”, afferma Phillips. “Arthur è l’uomo che se incontri per strada ci passi oltre … o sopra. Con questo film speriamo di andare a vedere ciò che si cela sotto la superficie”.
Sono stati questi temi, insieme alla passione del cineasta per il suo lavoro, a evocare l’idea non solo di un qualsiasi film di Joker, ma di questo film su Joker. “Sono stato ispirato dagli studi sul personaggio che ho visto quando ero più giovane. L’aspetto, l’atmosfera, il tono di quei film avevano senso per questa storia”.
Per Phillips, ciò significava gli anni ’70 e ’80, l’era di grandi film come “Serpico”, “Taxi Driver” e “Quinto potere”. Dice: “Abbiamo incluso alcuni elementi canonici e li abbiamo inseriti in una Gotham City fatiscente del 1981 perché si rifà a quell’epoca, e l’avrebbe rimossa dal mondo dei fumetti che conosciamo bene nei film di oggi”.