Il regista che voleva registrare la quotidianità

Ci lascia in questi giorni uno dei più grandi registi francesi, nonché uno dei grandi padri di quella corrente storica che fu la Nouvelle Vague, ovvero Jacques Rivette. Il regista del mito della vita come arte e dell’esasperante registrazione dei gesti e del quotidiano; senza dubbio uno dei più sensibili registi del secolo scorso. Questo articolo vuole essere soprattutto il ricordo di un lontano studente di cinema che in un giorno riuscì a guardare le intere 12 ore di “Out1: Noli me tangere”.

Paris-Belongs-to-Us-2Rivette era nato il primo marzo del 1928, l’annuncio della morte è stato dato dalla produttrice Martine Marignac. L’amore per il cinema era sviscerato, infatti a 17 anni dirigeva già un cineclub. Così fin da giovanissimo aveva lasciato il mondo di provincia di Rouen per Parigi diventando da subito uno dei redattori dei “Cahiers du Cinema”, la palestra critica cinematografica da cui uscì fuori la generazione dei registi Nouvelle Vague.

Il suo primo lungometraggio “Paris nous appartient” fu un’impresa difficilissima e nonostante la produzione di François Truffaut e Claude Chabrol, al cinema fu un assoluto flop commerciale.

Come regista non è stato molto prolifico, una ventina di titoli in circa cinquant’anni e, a detta dei stessi critici, pellicole di non proprio immediata lettura. La tematica centrale è sempre stata una sola: il vero e il reale, con le sue ambiguità ed errori di lettura. Da qui nasceva anche la sua idea di cinema. Un’arte che innanzitutto non doveva raccontare, ma “mostrare la realtà” così come è. Per questo anche i piccoli gesti lasciati ai propri attori dovevano essere rappresentati e nulla doveva sfuggire dalla ripresa del reale e del quotidiano.

Da qui l’idea di sviscerare la realtà e ambiguità del cinema in lunghissime pellicole, dalle 4 ore di “L’amour fou” del 1968, fino a, come già detto, le 12 ore di “Out 1: Noli me tangere” del 1971.

Da ricordare tra i suoi film quelli affidati alla coppia di amiche-attrici Juliet Berto a Bulle Ogier: come “Celine et Julie vont en bateau” del 1974, “Duelle” del 1976 e “Le Pont du Nord” del 1981. C’è poi “La bella scontrosa” (La Belle Noiseuse) del 1991, film vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al 44º Festival di Cannes, film tratto dal romanzo Il capolavoro sconosciuto di Balzac. Ricordiamo poi “Alto basso fragile” del 1995 e “Storia di Marie e Julien” del 2003.

Importante poi, per la produzione artistica dell’ultimo periodo, è stato il felice incontro con Sergio Castellitto, che dirigerà in due pellicole: “Chi lo sa?” del 2000 (che riprende il “Come tu mi vuoi” di Pirandello) e “Questioni di punti di vista” del 2009, il suo ultimo film.

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