Leviathan, parla il regista Andrey Zvyagintsev.

Dal 7 maggio al cinema arriva il film tra i più attesi della stagione: Levithan, distribuito da Academy2, candidato agli Oscar come Miglior film straniero, ha vinto il Premio per la sceneggiatura al Festival di Cannes ed è stato premiato con il Golden Globe come Miglior film straniero.

leviathan0Il film vede la regia di Andrey Zvyagintsev. Nel 2003 ha girato il suo primo lungometraggio Il ritorno. Il film è stato selezionato in concorso al Festival di Venezia, dove ha vinto il Leone d’Oro come Miglior film. Il film era un debutto non solo per il regista ma anche per la maggior parte della troupe. È il vincitore anche del premio Leone del futuro come miglior debutto che gli è stato riconosciuto per “un film delicato sull’amore, la perdita e la crescita”. Il film successivo ‘The Banishment’, ricevette, nel 2007 al Festival Di Cannes, il premio per la migliore interpretazione maschile assegnato a Konstantin Lavronenko. Nel 2011, sempre al Festival di Cannes, Elena, il suo terzo film, ha vinto il premio speciale della Giuria nella sezione Un Certain Regard.

Come è nata l’idea del film Leviathan?
“Un film non è una espressione matematica, è più simile ad una rivelazione, a un movimento dell’anima, una reazione irrazionale a quello che ti sta succedendo intorno. Non avevo una regola in mente, è nato tutto dalla constatazione dei fatti della vita, dall’osservazione del tessuto sociale, per un lungo periodo. Ho vissuto abbastanza da avere il tempo di soffermarmi a pensare alle cose della vita. Per anni osservi la quotidianità del posto dove vivi e ti fai un’idea di come funziona il tuo paese. E ad un certo punto senti la necessità di rispondere ad una sfida, la sfida per me era raccontare la storia di Marvin John Heemeyer, una storia di libertà calpestata e del diritto legittimo alla giustizia. È stata quasi una reazione spontanea. Quando mi hanno raccontato la storia di Marvin John Heemeyer, qualcosa si è mosso nella mia anima e ho sentito il bisogno irrefrenabile di raccontare questa vicenda. E ho voluto raccontarla in maniera chiara, diretta, riportarla con tutti i dettagli in maniera onesta e obiettiva. Quando osservi le cose che ti circondano, che ti inquietano, che non ti fanno stare tranquillo, hai due possibilità, puoi ignorarle o parlare di esse chiaramente”.

LeviathanQual è il significato del titolo?
“Non è un idea che è venuta fuori casualmente, che improvvisamente è comparsa, come nel libro di Giobbe quando nel finale, Dio appare, si manifesta e racconta di Leviathan e della sua forza e invincibilità. Ho utilizzato il parallelismo tra la storia di Giobbe e la vicenda di Marvin John Heemeyer, come un prototipo per il nostro personaggio Kolia. L’idea era chiara nella mia testa ed è stata una scelta molto ambiziosa e pretenziosa decidere di intitolare questo film con un nome così altisonante. Proprio in quel periodo, ho incontrato un amico che mi ha chiesto a cosa stavo lavorando, gli ho risposto che stavo preparando un film intitolato Leviathan. Mi chiese se era tratto da Leviathan di Thomas Hobbes. Sinceramente non sapevo neanche cosa fosse. Il filosofo inglese scrisse quel trattato a metà del 1600, nel 1651, mi pare. Un trattato sulle dinamiche del potere, sulla forza dell’alleanza tra il potere spirituale della Chiesa e quello dello Stato, temporale. In fondo il titolo potrebbe anche fare riferimento a questo libro, a questo trattato. Possiamo dire che questo arricchisce il film di un ulteriore contenuto, l’alleanza tra lo Stato e la Chiesa”.

Come affrontano questa situazione i suoi personaggi?
Penso che ogni personaggio in questo film ha le proprie paure, il proprio Leviathan e le proprie sventure e le proprie speranze. E tutte queste cose coesistono, non c’è la necessità di presentarle singolarmente. Lo scheletro nel poster della balena o la balenottera azzurra che Lilya vede sbucare dall’acqua quando sta sugli scogli, quella ruspa che divora la vita, le fondamenta della vita, che è la casa dove vivono i personaggi, ogni cosa è tutto. Il sindaco è la materializzazione di questo potere, di questo mostro, di questa mancanza di giustizia, che terrorizza e travolge tutti. Ed è impossibile fermare questo mostro, è come il Fato in una tragedia greca. È qualcosa da cui dipende il nostro destino di uomini, il destino di ognuno. Non solo, Kolia ha fallito anche in altri ambiti della sua vita, oltre che nella lotta contro il potere politico e nella speranza che la giustizia possa prevalere. Fallisce anche per il suo conflitto interiore nell’amicizia con il suo amico, che lo tradisce come lo tradirà sua moglie. Queste situazioni gli tolgono la terra da sotto i piedi, i punti fermi della vita, le fondamenta alle quali è ancorato il suo mondo. È molto difficile vivere sottostando a tali pressioni. Posso solo immaginare come si possa resistere contro una macchina invincibile che è la mancanza di giustizia. Non penso che esista un individuo in Russia che è certo, rivolgendosi ad un tribunale, di avere giustizia se non una persona molto ingenua. E Kolia non è una persona ingenua. Capisce che lo stanno rovinando. All’inizio crede ancora nel fatto che il suo amico sia venuto da Mosca per aiutarlo ma presto si rende conto che pensare che le cose si possano risolvere, è solo un’illusione”.

leviathan-014Come sceglie i luoghi dei suoi film?
Avere l’opportunità di costruire un set e se poi avere la possibilità di collocarlo in qualsiasi luogo nel mondo, così è stato per The Banishment. Ho cercato un luogo che mi desse la sensazione di essere a casa e contemporaneamente al centro dell’universo, è questo il motivo per cui ho scelto quel posto in Moldavia. Un luogo deserto in una foresta, un piccolo campo tra le gigantesche acacie dove poster inserire quella casa. Ho avuto la sensazione di essere ai confini del mondo, la stessa sensazione che ho cercato per Leviathan, dove i confini sono quelli con il mare Barents nell’Oceano Artico. Un luogo dove hai la sensazione di trovarti ai confini del mondo”.

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