Ukraine isn’t a Brothel.

locandinaEsce oggi nelle sale italiane Femen – L’Ucraina non è in vendita, film della regista  Kitty Green dedicato al movimento femminista più provocatorio del momento che sfida a seno nudo le violenze patriarcali (e il freddo) e in ogni protesta fa incetta di denunce, percosse e arresti.

Il film è costruito con immagini dal vivo delle azioni del gruppo, intervallate dalle testimonianze delle fondatrici del movimento, Inna Savchenko e Sasha Savchenko (il cognome è uguale ma non sono sorelle).

Oltraggiate dall’immagine che il mondo ha delle donne ucraine, viste o come spose per corrispondenza o come prodotti per il turismo sessuale, le Femen mostrano il seno come forma di protesta per distruggere questa percezione e smuovere gli animi contro le ingiustizie. Il film, mescolando azioni reali filmate e interventi diretti in macchina, rivela le ragioni profonde delle azioni nelle piazze di Kiev o in altri luoghi politicamente di rilievo per denunciare scandalosi soprusi.

Femen – Ukraine is not a Brothel nell’incisivo titolo originale (l’Ucraina non è un bordello), offre uno sguardo intimista sul mondo delle Femen, la cui protesta inizia sulle strade innevate dell’Ucraina post sovietica per diffondersi a livello internazionale.ukraine-femen

La regista spiega come nasce l’idea del film: “Ho letto per la prima volta delle Femen in un tabloid che ho raccolto dal pavimento di un treno a Melbourne. C’era una foto di una giovane bionda con le calze a rete, l’eyeliner nero e pesante che teneva un cartello dipinto a mano che diceva L’Ucraina non è un bordello. Era un’immagine stupendamente contraddittoria, un’immagine che mostrava contemporaneamente la loro forza e la loro ingenuità”.

Kitty Green, pur essendo nata e cresciuta a Melbourne in Australia, ha radici ucraine. In occasione di una visita alla nonna che vive nel Paese è venuta a conoscenza di una protesta delle Femen vicino alla gigantesca fontana che campeggia in Piazza indipendenza a Kiev e entra per la prima volta in contatto con loro. Il tema della protesta è l’acqua calda che, seppur pagata regolarmente dagli abitanti, d’estate viene chiusa. Un fatto che, come tuttora avviene anche in Russia, è accettato passivamente dagli abitanti ma non dalle Femen. La regista riprende immagini che, a differenza delle altre manifestazioni che si spengono in un arresto violento da parte della polizia ucraina, mostrano le Femen entusiaste del risultato della protesta.

70^ MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIAKitty Green, diplomata al Victorian College of Arts e già collaboratrice della televisione australiana ABC, ha passato 14 mesi con quattro attiviste delle Femen in un appartamento sovietico sgangherato di due stanze nella periferia di Kiev mentre il suo operatore, Michael Latham, ha passato quattro mesi a Kiev (dormendo sul pavimento).

Ci sono stati momenti difficili durante la produzione, come racconta la stessa regista: “Quando le ragazze stavano pianificando un viaggio in Bielorussia, l’ultima dittatura Europea, sono entrata subito in apprensione. I miei amici ucraini mi avevano detto che non era un posto sicuro, ma ho deciso di correre il rischio. La protesta contro il regime di Lukashenko doveva avvenire di fronte al quartier generale del KGB a Minsk. Per le strade di Minsk c’era un silenzio tombale quella mattina. Si sono presentati circa cinque giornalisti che volevano riportare la protesta delle Femen. Due di loro sono spariti dopo aver fatto alcuni scatti. Mi sono chiesta perché non siano rimasti a guardare l’arresto. È stato allora che un uomo dei servizi segreti mi ha preso per un braccio e mi ha trascinata via dalla scena in una stanzetta sul retro dell’edificio del KGB. Si sono presi la mia fotocamera e il mio telefono e mi hanno lasciata lì per ore. Dopo qualche ora, degli uomini sono entrati e mi hanno portata via e messa in un furgoncino e trasportata in un altro luogo. Ho chiesto varie volte di avere un traduttore ma hanno rifiutato le mie richieste. Dopo qualche ora in una stanza buia, mi è stata resa la fotocamera. Le riprese erano state cancellate. Mi è stato detto che sarei stata scortata alla stazione. L’uomo che mi scortava è stato seduto di fronte a me sul treno per tutto il viaggio verso la Lituania. Alla stazione di Vilnius mi ha sorriso in modo minaccioso e ha detto ‘Arrivederci’ in Russo. Ho cominciato a correre per le strade buie di Vilnius. Le ragazze hanno ricevuto una punizione peggiore. Sono state spinte in un furgone e portate in una foresta vicino al confine con l’Ucraina dove sono state spogliate e picchiate”.

In Italia il film è distribuito da ‘I Wonder Film’.