“M.E.D.E.A. BIG OIL”, opera teatrale buffonesca in 7 deliri e 21 quadri scritta e diretta dalla giovane regista Terry Paternoster, dopo il clamoroso over booking registrato al Teatro Brancaccino torna in scena al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma il 7 e l’8 giugno. Premio Scenario per Ustica 2013, lo spettacolo è un appassionato atto di denuncia sulle trivellazioni petrolifere in Basilicata. Un tema particolarmente attuale, che proprio in questi giorni è oggetto di una forte mobilitazione popolare, in relazione ai nuovi accordi fra governo e regione sull’incremento delle estrazioni.
M.E.D.E.A. è l’acronimo con cui è denominato il master in Management dell’Economia dell’Energia e dell’Ambiente organizzato e gestito dall’Eni. Da questa strana fatalità, nasce l’idea di raccontare il dramma della Basilicata devastata dalle trivellazioni petrolifere, giocando con graffiante ironia tra gli archetipi del mito.
Ma al mito greco fa da contrappunto costante il mito locale, quello incarnato dalla Madonna Nera, venerata sul Monte Sacro di Viggiano, ai cui piedi brucia la fiamma perenne del Centro Oli della Val d’Agri.
In questa terra, Dio Petrolio e Vergine Nera si fronteggiano da secoli in una sfida senza vincitori. Promesse elettorali e feste patronali, sogni di ricchezza e indulgenze plenarie, clientelismo e preghiere, slogan pubblicitari e canti popolari, continuano a raccontare una post-modernità senza tempo, scandita da un unico ritmo di demartiniana memoria. Ed ecco che canti di prefiche, litanie contro il malocchio, suppliche e chiacchiere di paese, si fondono in un coro barbaro, scomposto e travolgente, per raccontare uno dei più bizzarri e drammatici ossimori della nostra Italia: l’incredibile povertà della regione che possiede il più grande giacimento di petrolio su terraferma d’Europa.
L’energia contagiosa e “in-civile” del Collettivo InternoEnki, compagnia fondata e diretta dalla Paternoster, riceve il prestigioso riconoscimento nazionale “Premio Scenario per Ustica” con un progetto nato proprio in Basilicata (la Valle dell’Agip): una vibrante denuncia sul devastante dominio monopolistico delle multinazionali del petrolio. Il Collettivo è composto da ragazzi e ragazze che lavorano coraggiosamente e incessantemente alla costituzione di un teatro dissacrante e politico, civile e di ricerca, alla riscoperta di un linguaggio in grado di comunicare l’oggi e di trasformare la scena in uno strumento d’arte e controinformazione.
9 attori in scena, con la forza di un coro tragico contemporaneo, per una rielaborazione piuttosto anticonvenzionale ma attuale del mito di Medea: siamo nella Basilicata di oggi, sventrata dalle trivellazioni. L’eroina barbara diventa allora una donna lucana disattesa nelle promesse e tradita da Big Oil-Giasone, sullo sfondo del dissesto ambientale della Val d’Agri. La promessa d’amore dello straniero in questo caso coincide con la crescita economica e di progresso in un paese: regala ricchezza in cambio di povertà. Mentre Medea è metafora di una chiusura mentale che la fa vittima e carnefice insieme. A riverberare la sua stoltezza, il mormorio animalesco di un popolo-branco, un Coro che è evocazione di un’umanità divisa fra miseri e potenti.
Il tragico che si racconta è quello del Sud dei nuovi sottoproletari, secondo un filtro politico: il contrasto fra cultura barbara e primitiva con la cultura moderna e neocapitalistica. Si tratta di “realtà del tragico” annichilenti: in Val d’Agri l’incremento dell’incidenza tumorale supera largamente la media nazionale. La documentazione concernente la crisi geo-politica lucana è stata raccolta in un archivio di testimonianze che i cittadini lucani hanno messo a disposizione del progetto.