“The magic whip”, il ritorno dei Blur.


La fatidica data è arrivata. Quella che tutti i fan aspettavano. Lunedì 27 aprile esce l’attesissimo nuovo album dei Blur. L’ottavo dopo “Think tank” del 2003.

blurLa data dell’annuncio dell’inaspettato nuovo album è stato lo scorso 19 febbraio. Da allora si sono susseguite notizie rubate, pezzi nuovi suonati duranti i live, fino allo streaming ufficiale su Spotify. Qualche giorno fa inoltre, in occasione del Record Store Day, hanno fatto girare davanti i negozi di dischi di Los Angeles, un furgone di gelati che regalava un cono ai fan che avevano acquistato un loro disco. Erano 12 anni che non sfornavano un album e quindi il tutto doveva essere amplificato. L’hype è stato notevole.

Il disco nasce sotto la spinta della mente perennemente indie e contro del gruppo. Quella del chitarrista Graham Coxon. Il primo che dette vita alla grande diaspora del gruppo. Quello che ci delizia ormai da anni di fantastici album rumorosi e malinconici.

Il disco nasce ad Hong Kong, quando un riposo forzato durante un tour li porta a risuonare insieme nelle magica alcova che è uno studio di registrazione. Da lì è nata la decisione di incidere un nuovo album.
I 12 pezzi tirati fuori ci riportano subito alla mente le atmosfere di Parklife,i Kinks nel cuore, le Country House e il dialetto Cockney.

blur0Il disco suona abbastanza classico. Chiaramente parliamo di un classicismo puramente brit-bluriano.

“Lonesome street” è il primo singolo, con la voce indolente di Demon e il riffone di Graham ed è già un neo-classico dei Blur. C’è poi la malinconia e le influenze asiatiche in alcuni pezzi (l’estremo oriente è la massima influenza dell’album), come in “My Terracotta Earth”.

“Go out” forse è il punto più alto per il sottoscritto. Con il suo muro di chitarre alla Bustin’ + Dronin’.

Le caratteristiche che gli hanno fatto grandi, ovvero scrivere un pezzo su più registri e stili, è ancora presente in The Magic Whip. E già questo per noi vecchi fans è più che sufficiente. I rimandi al passato, ma soprattutto l’esperienza dei lavori solisti di tutti e quattro, donano all’album una squisita maturità Pop, nel senso più alto del termine.

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