Fury, la guerra dentro un carro armato.

Com’è stare a bordo di un carro armato quando il nemico ti spara addosso? Nonostante i centimetri di metallo che ti proteggono, è una sensazione ancora più straziante di quanto si possa immaginare in ‘Fury’, che uscirà in 400 sale cinematografiche martedì 2 giugno, distribuito da Lucky Red, con la regia di David Ayer e i volti di Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Peña e Jon Bernthal.

Mentre gli alleati sferrano l’attacco decisivo in Europa, il sergente dell’esercito americano Don Collier, da tutti chiamato “Wardaddy”, guida un’unità di cinque soldati in una missione mortale dietro le linee nemiche a bordo di un carro armato Sherman (chiamato, appunto, “Fury”). Una missione temeraria ed eroica nel cuore della Germania nazista, ormai al collasso. In inferiorità numerica, disarmati e con una recluta giovane e inesperta nel plotone, Wardaddy e i suoi uomini dovranno ricorrere a tutto il proprio coraggio e alla propria arguzia per sopravvivere agli orrori della guerra.


Fury è ambientato nel 1945, nella Germania della fine della guerra. “La guerra è pressoché finita e questo ‘elefante morente’, l’impero nazista, è alle sue ultime battute”, spiega David Ayer. “È un mondo diverso rispetto a quelli che siamo abituati a vedere nei comuni film di guerra, in cui si celebrano campagne vittoriose come l’invasione dell’ Europa, il D-Day, l’Offensiva delle Ardenne o altre famose battaglie cui le truppe americane hanno preso parte.

FURY

Uno dei periodi maggiormente trascurati è proprio quello dell’ultimo sussulto dell’impero nazista, con l’esercito americano distrutto da anni di combattimenti e quasi a corto di manodopera. I soldati erano esausti. Durante la seconda guerra mondiale si combatteva strenuamente fino alla vittoria o alla morte, o fino ad essere feriti così gravemente da essere rispediti a casa. Il fanatico regime era al collasso e in quel momento si viveva in un ambiente confuso in cui chiunque poteva essere il nemico. È una condizione che grava moltissimo sull’animo di un uomo che sta combattendo”.

Il film è incentrato sulla seconda guerra mondiale, ma in realtà il film parla di uomini in guerra. Nella maggior parte dei film sulla seconda guerra mondiale, infatti, si ha la percezione di essere di fronte ad una guerra “giusta”, ed effettivamente lo era, ma in realtà morirono più di 60 milioni di persone. Questa dicotomia non è mai stata spiegata del tutto ed è proprio questo che David Ayer vuole dal suo film.


È in questo particolare ambiente che Ayer crea il personaggio di Don “Wardaddy” Collier, interpretato da Brad Pitt. “Wardaddy è il comandante del carro armato, la sua responsabilità è quella di proteggere la vita dei suoi uomini”, afferma Pitt. “Su di lui grava la responsabilità delle loro azioni, del loro morale e del rispetto ferreo delle regole. Sono le sue decisioni a determinare chi se la caverà e chi no. All’inizio del film il gruppo ha perso uno dei cinque commilitoni ed un nuovo ”ragazzino” viene catapultato nella nostra “famiglia”. Il problema non è solo il fatto che sia nuovo, ma che non ha alcuna esperienza a bordo di un carro armato ed è quindi un serio rischio per la nostra sopravvivenza. Se non agisce nel modo migliore, tutta la squadra è in pericolo e degli uomini moriranno. Si inserisce tra noi con grande innocenza, ma il problema è: come puoi istruire un ragazzino in un giorno soltanto? Sarà compito di Wardaddy farlo diventare più duro e perfettamente addestrato per mettere al sicuro le vite di tutti gli altri.


L’intensità della sceneggiatura scritta da Ayer per Fury è del tutto peculiare, ma il suo film, come le sceneggiature scritte per Training Day, The Fast and the Furious e altri film, dimostra anche una correlazione profonda tra i personaggi. In questo caso, infatti, Ayer ha posto al centro del film i tratti del complesso rapporto che si instaura tra il giovane Norman e il veterano Wardaddy. 1231428 - FURY“Norman è giovane e innocente e questo lo rende tenero, ma allo stesso tempo è proprio questo il problema che deve risolvere”, dice Ayer. “Wardaddy deve strapparlo alla sua innocenza”. “Sotto molti punti di vista, Norman rappresenta il figlio che Wardaddy non ha mai avuto”, continua Ayer. “È il mentore di Norman, lo educa e lo guida per farlo diventare un vero e proprio soldato”. Ayer racconta questo tipo di storia così complessa attraverso una struttura relativamente semplice.

“Tutto ciò che accade nel film si svolge nell’ambito di 24 ore, dall’alba di un giorno al tramonto del giorno dopo”, fa notare il produttore Ethan Smith. “È un film molto chiaro dal punto di vista della costruzione, ma lo stile narrativo è molto espressivo e complicato”.


L’unico modo per ottenere i giusti risultati era affidarsi ad alcuni veterani della seconda divisione corazzata che avevano combattuto durante la seconda guerra mondiale. “Venivano sparati talmente tanti proiettili che il calore sprigionato poteva fondere la canna”. La differenza tra l’artiglieria in entrata e quella in uscita si riconosceva dal fischio che emetteva. Un carro armato Sherman a corto di munizioni poteva sfruttare la sua eccezionale mobilità contro i possenti carri armati Tiger
tedeschi. Sono questi dettagli che hanno reso il film così veritiero.

“David Ayer è severissimo riguardo l’autenticità delle scene”, afferma Brad Pitt. Per fare in modo che l’autenticità venisse trasmessa a tutta la squadra, continua, “ci ha fatto vivere un’esperienza meravigliosa. Abbiamo incontrato diversi veterani, tutti novantenni. Erano sopravvissuti agli sbarchi del D-Day e all’offensiva delle Ardenne…è stata un’esperienza toccante sedere davanti a loro ed ascoltare le loro storie. Ci hanno descritto dettagliatamente cosa significasse stare in un carro armato: il caldo e la stanchezza misti alla sporcizia, l’odore della morte sempre nell’aria. Molti di loro avevano poca esperienza e poche armi, dovevano affrontare disagi incredibili, dalle condizioni metereologiche avverse alla mancanza di cibo e sonno. Hanno dovuto cavarsela nelle condizioni più ostili”.

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