Partisan, la comunità chiusa di Vincent Cassel.

Si può rubare l’innocenza? Il concetto che esiste un’innocenza infantile, distorta dagli adulti, e la responsabilità che gli adulti hanno nei confronti dei bambini e di ciò che gli insegnano è il tema protagonista di PARTISAN, opera prima di Ariel Kleiman, che vede Vincent Cassel nel ruolo di un padre padrone.

partisan_poster (3)Questo concetto affascina, soprattutto se declinato nel contesti di una comunità chiusa, che si voglia chiamare un culto, una famiglia estesa, o una comune. C’è qualcosa di affascinante nell’idea di comprendere come deve essere vivere questa esperienza per un bambino”.

Allo scopo di conferire al film quel carattere impressionista alla “terra di nessuno”, per interpretare le donne e i bambini della struttura il team creativo ha deciso di utilizzare un cast di non-attori o attori alle prime armi provenienti da vari contesti culturali.

Vincent Cassel si è unito al cast in un secondo momento, dopo aver letto la sceneggiatura. Dal punto di vista di Ariel Kleiman, scegliere Vincent Cassel per il ruolo di Gregori era “assolutamente perfetto, quasi scontato. Sarebbe in grado di interpretare un gran numero di personaggi dark e malvagi, ma a me interessava esplorare un lato di Vincent più tenero e vulnerabile, che si accompagna alla virilità e al potere e al controllo e al senso di minaccia. Credo che Vincent abbia saputo splendidamente portare al suo personaggio tutte queste differenti sfumature”.

Nel film, che sarà al cinema in Italia dal 27 agosto distribuito da I Wonder Pictures, Alexander è il maggiore di numerosi bambini che vivono in una struttura situata nella periferia di una piccola cittadina. Tra le mura di questa struttura, Alexander è stato cresciuto da un patriarca solitario di nome Gregori (Vincent Cassel), sua madre Susanna e un gruppo di donne – madri degli altri bambini e tutte parte della sua famiglia estesa.

Gregori è una figura misteriosa, carismatica e affascinante. Ha creato un porto sicuro e nel corso degli anni ha ampliato la sua famiglia estesa, offrendo ai vari “reclutati” un’alternativa idilliaca alla realtà infernale che secondo lui si trova al di là delle mura della struttura. È un mondo colorato ed energico, dove la libertà di espressione e la creatività sono incoraggiati tramite educazione aperta e notti al karaoke. Ma è anche un ambiente completamente e totalmente chiuso in se stesso.

Partisan_stillAlexander è come ogni altro ragazzino: giocoso, curioso e un po’ ingenuo. Ma è anche un killer perfettamente addestrato. Educati a fare affidamento solo sugli insegnamenti dei loro genitori, Alexander e i suoi coetanei abbandonano la tranquillità e la sicurezza della loro comunità per eseguire gli ordini di Gregori. Nonostante la loro naturale freddezza, ai loro occhi le loro missioni da assassini hanno sempre avuto un’apparente innocenza e i bambini non hanno mai compreso appieno la gravità delle loro azioni. Atletico, sveglio e il preferito di Gregori, Alexander festeggia il suo undicesimo compleanno.

Pochi giorni dopo, Gregori torna alla struttura con Rosa, una fragile e giovane madre che è stata isolata dal mondo esterno. Rosa si unisce alla comunità insieme al suo figlio appena nato e al suo figlio undicenne, Leo. È chiaro sin dal primo momento che Leo è diverso dagli altri bambini, sia a livello emotivo che sociale. Ha passato molto tempo nel mondo esterno e disobbedisce a ogni singola parola di Gregori. Posto di fronte a un atto spregevole, Leo reagisce e si ribella a Gregori di fronte all’intera comunità. Non avendo mai assistito a un simile comportamento, Alexander è sia stupito che incuriosito dall’accaduto.

Quando Leo nei giorni successivi scompare, Alexander si sente tradito e confuso. Cominciando a ragionare autonomamente, inizia a mettere in discussione gli insegnamenti di Gregori – comprese le sue missioni da killer. All’avvicinarsi del suo dodicesimo compleanno, Alexander vede gli insegnamenti di Gregori su cosa è giusto e cosa sbagliata sotto una luce completamente nuova, finché la tensione tra i due non porta Alexander a compiere un atto tragico e irrevocabile.

PARTISAN è il primo lungometraggio di Ariel Kleiman. La sceneggiatura del film, co-scritta con la collaboratrice e ragazza Sarah Cyngler, è stata premiata dal Sundance Institute nel 2012 con il Mahindra Global Filmmaking Award, un riconoscimento assegnato in tutto il mondo a quattro filmmaker indipendenti emergenti.

partisan“Non ho mai compreso il motivo per cui decido di raccontare certe storie piuttosto che altre – afferma il regista -, ho sempre seguito un percorso più istintivo. Ragionandoci a posteriori, ho capito che ogni film che ho girato è nato a partire da un’immagine surreale. All’inizio del 2010, mi sono imbattuto in un articolo del New York Times che parlava della compravendita di bambini assassini in Colombia, i cosiddetti “sicarios”. Al di là della natura orrorifica delle storie e delle azioni commesse da questi bambini, non saprei dire perché mesi dopo l’immagine di un bambino che sparava a un uomo adulto fosse rimasta nella mia testa così ostinatamente. Finché ho letto per caso una citazione di uno dei miei eroi del mondo del cinema, Luis Buñuel, il maestro del surrealismo, che aveva detto una frase tipo “non riesco a immaginare un’immagine più surreale di un uomo che spara a un altro uomo”. Era una dichiarazione piuttosto semplice ma più ci pensavo, più sentivo la profonda sensazione che avrei dovuto trasformare in un film ciò che sentivo nelle mie viscere. Sapevo sin dall’inizio che non volevo raccontare una storia che parlasse specificamente dei sicarios colombiani. Volevo liberare la loro storia di tutti i fattori economici e socio-politici inerenti a quella precisa realtà”.

“Volevo raccontare una storia molto semplice e umana – continua Ariel Kleiman -; qualcosa di universale, ambizioso e mitico sulla relazione tra ragazzini e adulti; sugli adulti che vedono il mondo in un certo modo e cercano di trasmettere la loro visione ai loro figli. Una storia sul potere del pensiero indipendente e sulla tragedia di bambini a cui non è permesso vedere il mondo attraverso occhi sereni e ottimisti. Mentre scrivevamo PARTISAN, io e Sarah abbiamo spesso pensato al film come fosse una fiaba; e sotto diversi punti di vista effettivamente si tratta della fiaba del Pifferaio Magico. Nella nostra versione, lo strumento ipnotico di Gregori non è un piffero ma la sua bocca. Gregori è arrabbiato, infuriato con il mondo intero e, quasi per vendicarsene, allontana dalla società queste madri e i loro figli. È un po’ come se PARTISAN riprendesse la storia dal momento in cui i bambini sono stati portati nella caverna del Pifferaio. Lì, il Pifferaio elargisce insegnamenti e li incoraggia a odiare la gente esattamente quanto la odia lui. Gregori ottiene questo risultato con la scusa che la vita in questa “caverna” è più felice e sicura, ma tutto deriva dalla sua stessa anima danneggiata”.

“L’undicenne Alexander – conclude Ariel Kleiman -è in quel momento della sua vita in cui inizia a pensare indipendentemente e PARTISAN è in gran parte narrato dal suo punto di vista emotivo. Il pubblico si unisce ad Alexander nel suo viaggio fuori dall’infanzia, condivide la sua adorazione e il suo amore per Gregori, il suo benessere all’interno della struttura, la sua paura per il mondo esterno e coloro che vi abitano e la sua confusione nel momento della presa di coscienza. Vorrei che ogni film che giro portasse il pubblico a fare un viaggio. Adoro quando un film ci lancia in un mondo strano, estremo e imprevedibile. Nonostante questo mondo sia ben distante dalla nostra vita di tutti i giorni, ci connettiamo e ci mettiamo in relazione immediatamente con le emozioni che si dipanano sullo schermo. È questa esperienza la cosa che in assoluto amo più del Cinema”.

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