Suburra, a Roma sono tutti ‘cattivi’.

Suburra è un “western metropolitano” composto solo da “cattivi” e dipinge una città eterna dove nessuno si salva: all’ombra del Colosseo non ci sono i “buoni”.

Dopo A.C.A.B., Stefano Sollima torna al cinema, reduce dal grande successo internazionale di Gomorra – La Serie, con una storia che incarna i pregi e i difetti dell’Italia di oggi, partendo dall’affresco criminale di una città unica al mondo: Roma.

Prodotto da Cattleya con Rai Cinema e interpretato, tra gli altri, da Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Greta Scarano, Alessandro Borghi, Giulia Elettra Gorietti, Adamo Dionisi, Giacomo Ferrara, Antonello Fassari e Jean-Hugues Anglade, ‘Suburra’ racconta il male visto dall’interno. Una fotografia amara della Capitale di oggi: feroce, corrotta e dove potere politico, religioso e criminale si intreccia, si scontra, si tradisce. Persone innocenti nel baratro e criminali signori e padroni… tutti sotto una pioggia incessante che porterà all’apocalisse, dove l’acqua tracima dalle fogne e allaga la città. La pioggia è un leitmotiv del film dall’inizio della pellicola, già nei titoli, all’ultima inquadratura.

“Abbiamo cominciato a lavorare da due anni e mezzo al progetto e credo che oggi a renderlo attuale sia il genere; un noir metropolitano. Il film non è legato alla cronaca, ma è di un alto valore simbolico. Racconta una città e un potere. E’ una coincidenza bella quella che è accaduta rispetto alla cronaca, ma è una storia che si può ritrovare anche tra qualche anno”, osserva Stefano Sollima. Nell’antica Roma, la Suburra era il quartiere dove il potere e la criminalità segretamente si incontravano. Dopo oltre duemila anni, quel luogo esiste ancora. Perché oggi, forse più di allora, Roma è la città del potere: quello dei grandi palazzi della politica, delle stanze affrescate e cariche di spiritualità del Vaticano e quello, infine, della strada, dove la criminalità continua da sempre a cercare la via più diretta per imporre a tutti la propria legge.

Suburra è film di genere, un crime story che si svolge in un arco temporale brevissimo. Sette giorni in cui ogni personaggio coinvolto proverà ad anticipare le mosse dell’altro scatenando una guerra senza quartiere che finirà per coinvolgere colpevoli e innocenti, criminali, cittadini perbene, politici e cardinali. Sette giorni prima che il governo, e con esso la Suburra, crolli. Sullo sfondo anche la decisione di rassegnare le dimissioni di Papa Ratzinger, mai inquadrato in volto.

Il film è la storia di una grande speculazione edilizia, il Water-front, che trasformerà il litorale romano in una nuova Las Vegas. Per realizzarla servirà l’appoggio di Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), politico corrotto e invischiato fino al collo con la malavita, di Numero 8 (Alessandro Borghi), capo di una potentissima famiglia che gestisce il territorio di Ostia e, soprattutto, di Samurai (Claudio Amendola), il più temuto rappresentante della criminalità romana e ultimo componente della Banda della Magliana.

Ma a generare un inarrestabile effetto domino capace di inceppare definitivamente questo meccanismo saranno, in realtà, dei personaggi che vivono ai margini dei giochi di potere come Sebastiano (Elio Germano), un PR viscido e senza scrupoli, Sabrina un’avvenente escort (Giulia Elettra Gorietti), Viola (Greta Scarano) la fidanzata tossicodipendente di Numero 8 e Manfredi (Adamo Dionisi) il capoclan di una pericolosa famiglia di zingari.

Tutti sono impegnati in una gara a eliminazione diretta, l’uno contro l’altro, dove – come afferma il regista – “il personagio più piccolo uccide il personaggio più grande” o dove le persone ‘innocenti’ diventano carnefici dei propri mostri.

Stefano Sollima e i due sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia hanno tratto la storia dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini e l’hanno plasmata per il grande schermo. “Un tradimento virtuoso”, lo definisce Bonini, che sacrifica molti dei personaggi del libro (i carabinieri) ed esalta il capo degli zingari (magistralmente interpretato dall’attore Adamo Dionisi) al punto di creare un nuovo ‘don Pietro Savastano’ di Gomorra. Bellissima la scena dell’incontro tra Elio Germano e Adamo Dionisi che affetta un abbacchio con un’ascia e minaccia neanche tanto velatamente il suo interlocutore di tagliargli una gamba e metterla “in frigo fino al suo ritorno con i soldi”. Il personaggio interpretato da Adamo Dionisi è tra tutti il più attuale per la cronaca odierna: “Come arrivare al mio personaggio?  – afferma l’attore -. Ho raggiunto quello che dovevo fare quando ho capito che dovevo lasciarmi andare. Non dovevo pensare troppo ma dovevo lasciarmi trasportare dall’istinto. Probabilmente abbiamo tutti in noi una parte malvagia nascosta e che non lasciamo giustamente emergere. Se ti fai travolgere totalmente dall’istinto puoi dare vita a questo aspetto ed è quello che ho cercato di fare”.

I personaggi sono tutti cupi, come il clima che imperversa su Roma nei 130 minuti del film e, soprattutto, senza speranza. Per Alessandro Borghi, dopo il successo con ‘Non Essere Cattivo’ di Claudio Caligari, un nuovo ruolo da boss a Ostia: “abbiamo lavorato per giorni per capire come doveva essere questo personaggio chiamato ‘Numero 8’. La sua caratteristica è l’imprevedibilità. Ed ha anche un sogno ben preciso, portare avanti l’eredità della sua famiglia criminale, arrivando ad essere il più forte di tutti. E il bello è che in tutta questa cattiveria riesce ad avere un aspetto romantico, del resto è l’unico che ha accanto una donna per tutto il film. E nella realtà ce ne sono davvero di personaggi così, che si dividono tra la malvagità delle loro azioni ed al tempo stesso il cercare l’amore ed il buono”.

Claudio Amendola, che nel film è un fac-simile di Carminati, il collettore tra la politica e la criminalità, afferma: “abbiamo lavorato sull’espressività del mio volto. Fisicamente il Samurai è immobile, quasi una statua. Il suo viso è fondamentale perché lui è un personaggio che appare di proposito anonimo, si veste anche da persona qualunque e lo fa per nascondere quello che è, ovvero il deus ex machina di tutto. Sono davvero molto felice e soddisfatto del risultato che abbiamo ottenuto”.

Elio Germano interpreta “un mediocre, sopraffatto da un gioco più grande di lui”. “Il mio – afferma l’attore romano – è un personaggio che si nutre della sua immagine da proiettare sugli altri. Per questo abbiamo lavorato moltissimo sull’aspetto estetico, sugli abiti particolarissimi. E’ un personaggio schiavo dell’apparire e dell’immagine. La sua è una rincorsa continua e senza scrupoli del benessere. Rappresenta l’uomo semplice, non armato, che però quando vede minacciato quello che ritiene essere suo si trasforma in un vero e proprio mostro senza alcuna etica. Oggi anche il criminale non ha più una morale, forse una volta, anche se sbagliata, una morale nella malavita c’era”.

“Troppo facile dirsi estranei a questi personaggi – commenta Pierfrancesco Favino -. Ho interpretato un politico al potere e corrotto. Un personaggio profondamente negativo ovviamente e che apre al pubblico mille interrogativi. Bisogna lasciarsi interpellare dal film che, nel rappresentare una Roma come quella di Flaiano, chiede a ciascuno di noi: tu che cosa venderesti per un po’ di benessere? La verità è che tutti noi siamo figli della stessa degenerazione, iniziata 30 anni fa. Cerchiamo solo un po’ di soddisfazione per noi stessi”.

Anche due personaggi che sembrano minori, in realtà sono determinanti alla riuscita della storia. Spadino, lo spavaldo zingaro che sfida il patto di non belligeranza tra i clan romani, è la scintilla che innescherà una guerra senza vincitori e Viola, la tossica donna di Numero 8, sarà una sorta di Lady Vendetta. Una dei pochi a sopravvivere alla pioggia e ai titoli di coda (come del resto Greta Scarano aveva già fatto nel suo precedente film ‘Senza Nessuna Pietà’).

La stretta attualità delle dimissioni del sindaco di Roma e il funerale spettacolare del capo clan dei Casamonica (quelli veri), sembra la più grande operazione di marketing mai fatta ad un film che punta a diventare il caso cinematografico dell’anno in Italia e, attraverso Netflix, anche all’estero.

Un gangster movie che racconta (anzi anticipa) la Mafia Capitale con il gusto di un film di genere e un respiro internazionale. “E’ la via che, da Romanzo criminale in poi, stiamo portando avanti”, conferma Riccardo Tozzi di Cattleya, produttrice del progetto con Rai Cinema. “Questo film segue la nostra linea di diversificazione di linguaggi – dichiara Paolo Del Brocco di Rai Cinema -. Questo è un film di denuncia sociale, ma anche universale. Potrebbe essere fatto in tanti posti del mondo”.

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