Quarant’anni senza Luchino Visconti.

In occasione del 40° anniversario della scomparsa di Luchino Visconti, dal 7 marzo torna nelle sale italiane ‘Rocco e i suoi fratelli’ in versione integrale e restaurata dalla cineteca di Bologna e Titanus.

locandina_roccoAlain Delon (Rocco), Renato Salvatori (Simone), Annie Girardot (Nadia), Katina Paxinou (Rosaria), Roger Hanin (Morini), Paolo Stoppa (Cerri), Claudia Cardinale (Ginetta), Corrado Pani (Ivo) e Max Cartier (Ciro) sono gli storici protagonisti della pellicola che segue un viaggio dal Sud al Nord in cerca di una vita migliore. Rocco si svolge nel mezzo del boom industriale ed economico che ha trasformato l’Italia, nella metà degli anni Sessanta. Il film parla degli effetti di questo nuovo mondo sulla famiglia che cade gradualmente a pezzi.

Quando Rocco e i suoi fratelli è uscito, tanta gente l’ha criticato per le emozioni forti che metteva in scena. Un film che mette in scena l’emigrazione e l’emarginazione e parla, per la prima volta nella storia del cinema italiano, dei rapporti tra culture profondamente diverse, forte caratterizzazione del mondo moderno. Oggi Rocco e i suoi fratelli è unanimemente considerato uno dei classici, dei capolavori del cinema italiano. Eppure durante le riprese e dopo la sua uscita fu osteggiato in tutti i modi dalle forze allora al governo, diventando un caso su cui l’opinione pubblica italiana si confrontò e si spaccò. Sulla soglia degli anni Sessanta, l’Italia viveva la crisi dei governi di centro destra, la contemporanea crescita del partito socialista, in particolare nelle elezioni del ’58. La trasformazione sociale e di costume che la società italiana stava vivendo, spingevano verso una svolta politica che porterà, solo nel 1962, al primo governo di centro-sinistra. È in quella fase cruciale, nel passaggio trai governi di centro destra e quelli di centro sinistra che esplosero conflitti ideologici, reazioni violente, dibattiti tra conservatori e progressisti e il cinema, e l’opera di Visconti in particolare, diventò un importante terreno di scontro. In questo clima politico rovente e di profondi cambiamenti Visconti sente il bisogno di riprendere, come nei suoi primi film, il discorso sulla società, partendo da “La terra trema – che è la mia
interpretazione de I Malavoglia – di cui Rocco costituisce quasi il secondo episodio”.

Le riprese iniziarono il 22 febbraio (pochi giorni dopo la prima proiezione, proprio a Milano, de La dolce vita, avvenuta il 5 febbraio 1960) e terminarono il 2 giugno 1960. La Provincia di Milano impedì a Visconti di girare la scena dell’uccisione di Nadia all’Idroscalo di Milano, temendo offendesse quel luogo, così le riprese si conclusero sul lago di Fogliano, in provincia di Latina dove fu ambientata la sequenza.

Rocco_e_i_suoi_fratelli_12Presentato a Venezia tra molteplici dissensi e contestazioni, furono fatte pressioni sulla giuria perché non gli fosse assegnato il Leone d’Oro, che infatti andò a Le passage du Rhin di André Cayatte. Proiettato a Milano in anteprima il 14 ottobre 1960, il giorno successivo il Procuratore capo della Repubblica di Milano, Carmelo Spagnuolo convocò il produttore Goffredo Lombardo richiedendo quattro tagli per totali 15’. Avendo il film già ottenuto il visto di censura ne nacque un’aspra polemica. Lombardo ottenne che le scene non fossero tagliate, ma oscurate durante la proiezione, lasciando al buon cuore e all’intelligenza del proiezionista l’applicazione della prescrizione. Il sistema era così assurdo che non poteva funzionare. La polemica proseguì per mesi, fino al febbraio del 1961, quando il nuovo spettacolo teatrale di Visconti, L’Arialda di Giovanni Testori, andò in scena a Milano e venne sequestrato per oscenità dalla stessa Procura, che considerò l’opera una sorta di prosecuzione di Rocco.

Osteggiato dai politici e bersagliato dalla censura, è il solo film di Visconti che incassò nelle sale di seconda e terza visione più che in quelle di prima, in provincia più che nelle grandi città. La vicenda giudiziaria continuò fino al 1966 quando Visconti fu assolto in modo definitivo. Nel 1969 la censura ribadì il divieto ai minori di 18 anni e nel 1979 fu allestita una nuova edizione per il passaggio in TV con altri tagli. Partendo dall’opera di Giovanni Testori, Visconti la filtra con molte, diverse suggestioni; si ispira a Giuseppe e i suoi fratelli (su cui è modellato il titolo stesso del film) di Thomas Mann, che racconta l’emigrazione del popolo ebraico in Egitto, e usa i caratteri dei personaggi dell’Idiota di Dostoevskij, ma anche molti elementi sono tratti dalla letteratura meridionalista; oltre a Giovanni Verga, Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, Contadini del Sud del poeta e scrittore lucano Rocco Scotellaro, che il regista omaggerà, dando il suo nome al protagonista. La congerie delle numerose e talvolta contraddittorie fonti letterarie trova il suo punto di fusione nel melodramma, nella predilezione di Visconti per i contrasti assoluti.

Rocco_e_i_suoi_fratelli_09Come scrisse il grande critico francese, Georges Sadoul che paragonò Visconti a Stroheim, “Rocco è un ammirevole cineromanzo con il gusto della violenza e dell’inquietudine proprio di Dostoevskij”. Salutato alla sua uscita come il ritorno di Visconti al Neorealismo, in effetti non lo fu affatto, Rocco e i suoi fratelli è una tragedia in cinque atti, ognuno dei quali prende il nome da uno dei figli (Vincenzo, Simone, Rocco, Ciro, Luca), è l’esplorazione dei destini individuali dei cinque fratelli
Parondi, dove ognuno sceglierà il proprio destino. Protagonisti prediletti, sono ancora una volta, i vinti, ma qui vinte non sono solo le persone, è una civiltà che sta per essere annientata. Il tema della famiglia che si autodistrugge per una lotta
fratricida, che sarà ampliato ne La caduta degli Dei e in parte era presente in La terra trema, è uno dei centri del film e Visconti si occupò prevalentemente del contrasto drammatico fra Rocco e Simone e dell’uccisione di Nadia, svelando tutto il suo talento nelle scene madri, nelle opposizioni violente, nei dialoghi serrati, in particolare quelli trai tre protagonisti, Simone, Rocco e Nadia, personaggi complementari, presenze tragiche, che esprimono costantemente la difficoltà di vivere al Nord, in una società disumana. Le scene più riuscite, che sono entrate a far parte del nostro immaginario, sono, come in ogni vero melodramma, le più impossibili, quella sul tetto del Duomo e quella dell’uccisione di Nadia, dove l’effetto melodrammatico è potente e perfetto. La scena girata sul tetto del Duomo sottolinea la sacralità della rinuncia di Rocco, che successivamente si libererà, si purificherà a ogni combattimento, come un angelo che compie il sacrificio purificatore. Mentre l’uccisione di Nadia, montata in contrasto con un combattimento vittorioso di Rocco, ricorda il finale della Carmen di Bizet (le minacce di don José, il rifiuto di Carmen, la vittoria del torero Escamillo).

A 55 anni dalla sua uscita nelle sale, Rocco e i suoi fratelli è stato interamente restaurato in 4k. Un lavoro lungo e complesso, durato vari mesi e che ha impiegato le più moderne tecnologie di restauro alle quali sono state affiancate approfondite ricerche extra-filmiche. Il restauro è stato realizzato a partire dal negativo camera originale girato con due diversi Filmstock: Dupont LN (1959) e Dupont LS (1960). Il restauro si è reso necessario una volta constatato che alcune parti del negativo camera erano seriamente compromesse da funghi proliferati nelle parti chiare dell’immagine (quelle con meno sali d’argento). In qualche caso addirittura non è stato più possibile utilizzare le inquadrature del negativo camera e le rispettive scene sono state integrate utilizzando un interpositivo d’epoca stampato a contatto.Rocco_e_i_suoi_fratelli_04 Il negativo originale è stato comparato con tutti gli elementi d’epoca a disposizione: un interpositivo stampato anch’esso come il negativo camera su filmstock Dupont (1960), un secondo interpositivo sempre Dupont (ma del 1961) entrambi di prima generazione, un duplicate negative di seconda generazione, la copia positiva copia positiva dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee de La Biennale di Venezia, di prima generazione, proiettata al Festival di Venezia nel 1960. La copia veneziana corrisponde alla prima versione presentata al pubblico ed è una versione leggermente più lunga di quella uscita successivamente in sala. Dopo la prima veneziana, infatti, sia Visconti stesso apportò delle modifiche, sia la censura intervenne con alcuni tagli: in particolare, vengono accorciate le sequenze della violenza di Simone su Nadia e dell’omicidio della stessa Nadia, sempre per mano di Simone. La versione restaurata ripristina i tagli di censura ma rispetta le differenze di montaggio volute dal
regista.

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