Felicia Impastato, il coraggio di una madre.

Martedì 10 maggio in prima serata su Rai1, il coraggio, la determinazione e la forza incrollabile di una madre che per oltre vent’anni ha lottato perché fosse fatta giustizia per il figlio assassinato dalla mafia, Peppino Impastato, un ragazzo che ha sfidato la mafia fino a trovare la morte. La storia di una donna che alla fine degli anni Settanta, non si è mai arresa allo strapotere della criminalità organizzata diventando, per il suo grande impegno civile e sociale, un punto di riferimento per tutti coloro che quotidianamente lottano per la ricerca della verità e l’affermazione della legalità nel nostro Paese.

Lunetta Savino“Felicia Impastato” è un film di Gianfranco Albano con Lunetta Savino; una coproduzione Rai Fiction – 11 Marzo Film, prodotta da Matteo Levi. Firmano soggetto e sceneggiatura Diego De Silva e Monica Zapelli con la consulenza di Giovanni Impastato, figlio di Felicia e fratello minore di Peppino Impastato. Con Lunetta Savino nei panni della protagonista, Carmelo Galati, Barbara Tabita, Linda Caridi, Alessandro Agnello, Gaetano Aronica, Paride Benassai, Alessandro Idonea, Francesco La Mantia, Rosario Petix, Fabrizio Ferracane e con la partecipazione di Giorgio Colangeli e Antonio Catania.

E’ la storia di una madre che decide di fare ciò che nessuna donna in Sicilia, fino a quel momento, aveva fatto mai. Parlare, denunciare, gridare al mondo i nomi e i cognomi di chi ha ucciso suo figlio. Rincorrere lo Stato, che vorrebbe archiviare il delitto prima come atto terroristico, poi come suicidio per compiacere gli interessi dei mafiosi, e costringerlo a darle giustizia.

felicia_impastato_2“Raccontare in un film la storia di una persona realmente esistita o addirittura ancora esistente – afferma il regista – costituisce un’impresa particolarmente impegnativa, sia da un punto di vista etico che da quello squisitamente stilistico. Mi era già accaduto dieci anni fa con ‘Il Figlio della Luna’ dove Lunetta Savino era stata chiamata a interpretare Lucia Frisone, una madre siciliana fuori dagli schemi, furiosamente impegnata nell’impresa di riscattare il figlio disabile da un destino senza speranza. E adesso Felicia Impastato, un’altra donna siciliana non corrispondente agli stereotipi, un’altra madre forte di una personalità incoercibile, determinata senza mai un cedimento nel perseguire giustizia e verità per il figlio assassinato. Ancora una volta Lunetta Savino nel ruolo della protagonista. Come mettere in scena queste personalità senza tradirle? Senza cadere nella tentazione della spettacolarizzazione dei sentimenti? Come sfuggire al rischio del didascalismo e, peggio, della retorica? Come evitare, pur aiutati dalla magia del trucco, una meccanica anche se nobile imitazione? Di Felicia esistono alcuni documenti filmati, sono le interviste che lei ha rilasciato nel corso della sua ventennale battaglia. Quei documenti Lunetta e io li abbiamo guardati, guardati, guardati… Abbiamo incontrato il figlio, la nuora, i nipoti, gli amici di Felicia e non solo, per giorni e giorni li abbiamo tormentati con domande di tutti i generi, anche molto private, presi come eravamo dall’ansia di voler ‘conoscere’ Felicia. Conoscerla, cercare di capirla, per poi tentare di restituire sullo schermo l’essenza di quella personalità. Di quella persona. Già, l’essenza. Noi, Lunetta e io, abbiamo creduto di averla individuata nella fierezza. Un comportamento e un luogo dell’anima oggi non molto di moda, tanto nella realtà reale come in quella virtuale”.

“La struttura del film – prosegue Gianfranco Albano – è costituita da un lungo flash-back che s’interpone nella lunga deposizione di Felicia al Tribunale di Palermo nel 2000. Questo flash-back costituisce il punto di vista di Felicia. Felicia racconta ai giudici e alla Corte, al pubblico e a noi spettatori quello che è avvenuto dal 1978 al 2000: dalla morte di suo figlio Peppino, ai tentativi di farlo passare per suicida terrorista, dai depistaggi, alle morti violente dei giudici, alla sua implacabile ostinazione di madre nel credere nella giustizia. Il suo racconto si snoda quasi come un documentario oggettivo, segnato dal ricorrere delle immagini della morte di Peppino o di alcune parole e frasi che si ripetono ossessive, ma non indulge mai al dolore e all’autocommiserazione, mostra invece quella che noi riteniamo l’essenza di questa speciale donna siciliana: la fierezza. Fierezza di una madre per un figlio che si è battuto letteralmente fino alla morte per le proprie idee, fierezza di chi in quelle idee si identifica, fierezza di una battaglia per la giustizia e la verità che non è affatto una questione personale, ma sociale e dell’intera collettività. Spero dunque di aver risolto al meglio l’impegno etico e stilistico che mi ero posto all’origine. Ciò di cui sono certo è che senza Lunetta Savino non so se sarei riuscito nell’impresa. Lunetta ha dato di Felicia un’interpretazione francamente memorabile. Le dobbiamo tutti un grazie”.

felicia impastato 0Il film segue la cronaca dell’inchiesta sulla morte di Peppino Impastato. Il 25 ottobre del 2000 Felicia viene chiamata come primo teste al processo contro Badalamenti, accusato di essere il mandante. È anziana, ormai, cammina aiutandosi con un bastone, morirà solo quattro anni dopo. Ma sono ventidue anni che aspetta quel giorno. Può sedersi in un’aula di giustizia perché questa volta non è più lei che ha bussato inutilmente alla sua porta, è lo Stato che è venuta a cercarla. Davanti a lei, in videoconferenza, perché è ospite di una galera americana, c’è Badalamenti. Felicia lo guarda negli occhi, senza paura, e finalmente può dirgli in faccia quello che per tanti anni ha gridato solo in solitudine: “tu hai ucciso mio figlio”. Badalamenti verrà condannato all’ergastolo l’11 aprile del 2002. Due anni prima, il 6 dicembre del 2000, la commissione parlamentare antimafia aveva approvato all’unanimità la relazione sul “caso Impastato” in cui venivano accertate le responsabilità di rappresentanti delle istituzioni per i depistaggi sulle indagini dell’omicidio.

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