Pelé, la leggenda della Ginga.

A 50 anni dai mondiali di calcio del 1966 dove, come cantava Antonello Venditti “la regina d’Inghilterra era Pelè” nella celebre canzone ‘Giulio Cesare’, la M2 PICTURES porta sul grande schermo dal 26 maggio la storia di Dico, EDSON ARANTES DO NASCIMENTO, un film di Jeff e Mike Zimbalist.

PELELa storia di un ragazzo che non aveva niente, neanche le scarpe per giocare a pallone, ma che è riuscito a cambiare tutto. La nascita di uno dei più grandi campioni di tutti i tempi. Un film biografico che ripercorre i primi anni della vita del goleador, la povertà del suo Brasile, il rapporto con il padre, i primi successi fino alla clamorosa vittoria della Coppa del Mondo con la nazionale brasiliana a solo 17 anni. Ad interpretarlo, due sorprendenti e giovanissimi talenti al loro esordio, Leonardo Lima Carvalho e Kevin de Paula. Tra gli interpreti Vincent D’Onofrio (Full Metal Jacket, Men in Black), Rodrigo Santoro (Love Actually, 300), Diego Boneta (Pretty Little Liars) e Colm Meaney (Star Trek: The Next Generation, Giustizia Privata). A produrre la pellicola, che tra i doppiatori italiani conta anche della partecipazione di Bruno Pizzul, lo stesso Pelé (presente nel film con un cameo), insieme a Brian Grazer, premio Oscar per A Beautiful Mind. Il film, diretto dai fratelli Jeff e Mike Zimbalist, è stato presentato in anteprima mondiale nella sezione Special Screening del Tribeca Film Festival.

Dopo la devastante sconfitta della nazionale brasiliana nel mondiale del 1950, Dico, 9 anni (nato con il nome EDSON ARANTES DO NASCIMENTO, ma soprannominato DICO dai suoi genitori), fa un’audace e improbabile promessa al padre, promettendogli che un giorno porterà il Brasile alla vittoria dei mondiali. Il ragazzo cresce e tutti i giorni, dopo la scuola, per aiutare la sua famiglia, dà una mano al padre nel suo lavoro di custode nella clinica locale.

PELE

Un giorno Dico accompagna la madre a fare le faccende domestiche in una casa benestante, dove per caso sente parlare il figlio dei proprietari con i suoi amici a proposito di un torneo giovanile di calcio e della presenza di un famoso osservatore. Quando Dico pronuncia male il nome di un famoso portiere, José e i suoi amici si prendono gioco di lui, soprannominandolo “Pelé”, un nome che all’inizio il ragazzo detesterà. Dico convince i suoi amici a iscriversi al torneo durante il quale arriveranno fino alla finale che disputeranno contro José e i suoi. Purtroppo perdono il match, ma dopo una plateale rimonta che li stava quasi portando alla vittoria, grazie alle incredibili capacità di Dico e alla sua Ginga: la gioia e lo spirito del popolo brasiliano. Dopo il torneo, il talent scout offre a Dico la possibilità di provare a giocare con il Santos FC, una squadra di prestigio. Il nome Pelé lo seguirà fino al Santos, dove giocherà prima nelle giovanili, poi nelle riserve per approdare infine in prima squadra. La sua particolare Ginga è motivo di forte contrasto con l’allenatore, ma quando il calciatore si dimostra l’elemento decisivo in diverse vittorie, i due non avranno più nulla di cui discutere. All’età di 16 anni Dico riceve l’improbabile convocazione in nazionale per i mondiali del 1958. PELEQui imparerà che dovrà guadagnarsi un posto da titolare entrando in competizione con un altro fenomeno del calcio: il suo rivale d’infanzia José. La competizione per entrare in prima squadra è molto alta e Dico durante un allenamento si fa male a un ginocchio, mettendo a rischio la sua partecipazione all’intera competizione. Ma è troppo tardi per rimpiazzarlo e così parte insieme alla squadra per i mondiali del 1958 che avranno luogo in Svezia. José è scelto per entrare in prima squadra mentre Dico si sottopone ad alcuni trattamenti al ginocchio ferito; nel frattempo il Brasile riesce a mala pena a qualificarsi per la fase a gironi. Non appena Dico è pronto per entrare in campo, José subisce un infortunio e il ragazzo lo sostituisce diventando titolare. Il Brasile riesce, con non pochi problemi, a superare l’URSS e ad arrivare allo scontro con la Francia in semifinale. Durante l’intervallo, con la partita in parità, José rivela a Dico di non essersi fatto male, ma di essersi volontariamente fatto da parte per permettere a lui di giocare, avendo finalmente capito che la squadra brasiliana deve essere fiera di ciò che è e abbracciare la Ginga come stile di gioco, ricordando a Dico il modo in cui aveva giocato in quel famoso torneo di quando erano bambini. Supportato dalle parole di José, un ispirato Dico segna tre goal e porta il Brasile in finale, dopo aver battuto la Francia. Nonostante le schiaccianti probabilità a loro sfavore, il Brasile si raccoglie tutto dietro a Dico e allo stile della Ginga, battendo la favorita Svezia in un match sbalorditivo. Giocando con questo stile unico e straordinario, che farà affermare in tutto il mondo il calcio come “il gioco più bello del mondo”, il Brasile guidato da Dico, ormai per tutti Pelé, vince il suo primo mondiale diventando la prima nazione ad aver mai vinto una World Cup fuori dal proprio paese.

Non solo Pelé è il miglior bomber di tutti i tempi del Santos FC e della nazionale brasiliana, ma è anche il capocannoniere con più gol segnati nella storia del calcio (1283 gol in 1366 partite).

Durante il match che ha decretato la fine della sua carriera, l’1 Ottobre del 1977 allo Giants Stadium, di fronte a settantacinquemila fan, Pelé ha gridato “Amore! Amore! Amore!”, incoraggiando il pubblico a prestare attenzione alle nuove generazioni di tutto il mondo.

Pelé non dimenticherà mai da dove proviene e ha un inesauribile desiderio di donare a sua volta. Dalle sue umili origini, ai suoi ineguagliabili gesti atletici, alla sua influenza post-carriera e l’impatto che ha avuto in ogni continente – Pelé ricorda sempre con onore e orgoglio il luogo in cui è nato (Três Corações, che significa Tre Cuori), “Dove sono nato, dove sono cresciuto, dove ho giocato a calcio – questo ha dato anche a me tre cuori.”

Inserito dal Time Magazine nella lista “Delle venti persone più importanti del ventunesimo secolo”, nominato come “Il giocatore del secolo” dalla FIFA, e dopo aver ricevuto il Pallone D’Oro alla carriera, creato appositamente per lui, Pelé oggi continua il suo impegno nello sport e nella società adempiendo a vari ruoli come portavoce, ambasciatore e filantropo.

Sia i produttori che i filmmaker descrivono il film come una lettera d’amore non solo al leggendario campione e alla sua eredità, ma anche al suo paese natale e alla sua cultura.

Al fine di mantenere intatte l’integrità e l’autenticità della storia, è stato deciso che il film sarebbe stato girato interamente in Brasile, occasione che ha permesso ai filmmaker l’opportunità di mostrare le bellezze naturali del paese, del suo popolo e delle sue tradizioni. Questa decisione ha però portato la crew a dover affrontare diverse sfide, come il problema della lingua, una diversa industria cinematografica, diverse leggi e regolamentazioni, in aggiunta alle difficoltà di produrre un vero e proprio pezzo di storia, con le questioni legate alla proprietà intellettuale di un’opera basata su una storia realmente accaduta, in aggiunta a tutte le problematicità legate alle coreografie delle partite di pallone e alla moltitudine di persone che assistevano ad esse. Per superare tutte queste difficoltà, i produttori Ivan Orlic e Colin Wilson sono andati in Brasile molto prima dell’inizio delle riprese, per iniziare a mettete insieme i partner locali e lo staff che sarebbe stato necessario ad arginare le problematiche sopra citate. Ispirati da ogni sviluppo della storia, sono stati capaci di rendere tutto possibile.

Forse l’aspetto più emozionante del lavorare in Brasile è stato la dedizione delle persone del posto. E quando la produzione del progetto è andata avanti, il talento dello staff brasiliano è stato innegabile. L’inserimento nel cast di persone del luogo ha dato al film maggiore autenticità ed è stato uno dei tanti modi con i quali Pelé è servito come lettera d’amore a tutto il popolo brasiliano. La dedizione al film e alla storia di tutto il cast attoriale e tecnico è stata l’elemento che ha davvero permesso agli artisti di elevare il film al servizio dell’eredità della leggenda di cui si stava raccontando la storia.

pele

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