La nostalgia e di un mondo in via di dissoluzione e che lascia percepire una dimensione onirica, fantastica e fiabesca. Uomini, animali, vegetazione i cui tratti e colori brillanti riportano immediatamente alla memoria l’America Latina dove non c’è posto per la sfumatura e che favorisce l’esuberanza di forme e racconto. Questa la cifra stilistica di Fernando Botero, origini colombiane, famoso e popolare in tutto il mondo per il suo inconfondibile linguaggio pittorico, immediatamente riconoscibile. Alla sua arte, nel suo ottantacinquesimo compleanno, rende omaggio un’esposizione che ripercorre attraverso 50 suoi capolavori, molti dei quali in prestito da tutto il mondo, la carriera del Maestro dal 1958 al 2016. La mostra, che si presenta come la prima grande retrospettiva dell’opera di Botero in Italia, fino al 27 agosto è a Roma al Complesso del Vittoriano – Ala Brasini, sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio della Regione Lazio e dell’Ambasciata di Colombia in Italia.
Ad accogliere il pubblico fuori dalla mostra, visibile anche a tutti i passanti, la gigantesca scultura in bronzo Cavallo con briglie – di oltre una tonnellata e mezzo di peso e alta più di tre metri – che occupa con tutta la sua maestosa imponenza lo spazio antistante il Museo raccontando la perfetta plasticità volumetrica delle forme simbolo dello stile Botero.
“Credo molto nel volume, in questa sensualità che nella pittura suscita piacere allo sguardo. Un quadro è un ritmo di volumi colorati dove l’immagine assume il ruolo di pretesto”. Da questa dichiarazione del Maestro si capisce immediatamente che la sua arte rivela un universo più complesso di quanto può apparire a una prima e immediata visione delle sue opere che sono invece la risultanza di un delicato equilibrio tra maestria esecutiva e valori espressivi. E così nei suoi ritratti austeri, nei nudi privati di ogni malizia, nelle nature morte, dove è fortissimo il concetto di abbondanza, si percepisce altrettanto fortemente la dolcezza delle forme, così come nelle sue corride, nei suoi giocolieri è altrettanto percepibile un senso di nostalgia e smarrimento che cattura il cuore di chi le osserva.
Emblematiche della poetica boteriana sono le figure dalle forme abbondanti, soprattutto femminili, caratterizzate da un linguaggio ridondante e originale che accentua i volumi e la plasticità tridimensionale. Botero dilata le forme perché è un atto funzionale anche a far comprendere l’importanza del colore, steso in grandi campiture piatte e uniformi, senza contorni e ombreggiature.
I protagonisti dei suoi dipinti sono sempre privi di stati d’animo riconoscibili, non provano né gioia, né dolore. Di fronte ai giocatori di carte, alla gente del circo, ai vescovi, ai matador, ai nudi femminili Botero non esprime alcun giudizio. Nei suoi dipinti scompare la dimensione morale e psicologica: il popolo, in tutta la sua varietà, semplicemente vive la propria quotidianità, assurgendo a protagonista di situazioni atipiche nella loro apparente ovvietà. Per Botero dipingere è una necessità interiore, ma anche un’esplorazione continua verso il quadro ideale che non si raggiunge mai.
Apolide, eppure legato alla cultura della sua terra, Botero ha anticipato di diversi decenni l’attuale visione globale di un’arte senza più steccati, né confini: lo si può leggere e apprezzare in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo, se ne apprezza il continuo richiamo alla classicità in una visione assolutamente contemporanea che include nella riflessione la politica e la società. La sua pittura non sta dentro un genere, pur esprimendosi attraverso la figurazione, ma inventa un genere proprio e autonomo attorno al quale il pittore colombiano ha sviluppato la propria poetica in oltre mezzo secolo di carriera.
Organizzata e co-prodotta da Gruppo Arthemisia e MondoMostreSkira, la mostra è curata da Rudy Chiappini in stretta collaborazione con l’artista.