Immaginate di essere in visita a Roma solo per un giorno. Non sapete come iniziare il vostro Grand tour? Semplice, seguite l’eredità delle opere seminate da Giovan Lorenzo Bernini in giro per la città. Passerete da santa Bibiana in via Giolitti, a Santa Maria della Vittoria in via XX Settembre, dalle fontane di piazza Barberini alla piazza di Montecitorio, da piazza Navona a Piazza del Popolo. Proseguendo vi ritroverete immersi nell’abbraccio del Colonnato di San Pietro. Infine, potrete concludere la serata con un bel drink a Trastevere, non senza aver ammirato gli interni di san Francesco a Ripa. A farvi da Virgilio le opere dell’artista, che hanno lasciato un’impronta indelebile in ciascuno dei luoghi testé citati. Ora immaginate di avere il privilegio di essere nella più bella galleria d’arte romana all’interno del più bel parco capitolino, e di trovarvi vis a vis con una selezione di 80 opere scultoree e non di Bernini. Questo è il senso della mostra, appena terminata, per celebrare i vent’anni dalla riapertura della Galleria Borghese, fortemente voluta 5 secoli prima dal Cardinale Scipione Borghese. Forse parliamo del più fine collezionista del Barocco romano che pur di possedere la “Madonna dei palafrenieri” di Caravaggio riesce a farla tacciare di oscenità sottraendola alla basilica di S. Pietro al fine di esporla fieramente nella sua galleria.
Lo sguardo compiaciuto del Cardinale lo ritrovi esposto nella mostra, ti sorride beffardo sfidandoti e dicendo “questa collezione che tu osservi l’ho pensata io, e tu sapresti fare di meglio?”. È difficile riuscire a migliorare l’esperienza di visita della Galleria, dove dialogano Pinturicchio e Pietro da Cortona, Canova e Lorenzo Lotto, Raffaello e Rubens. Ebbene questa mostra ci è riuscita. Il merito va ascritto ai curatori, Andrea Bacchi e Anna Coliva, che se da un lato certamente sono privilegiati visto il contesto entro il quale operano, dall’altro riescono ancor di più a valorizzare la meraviglia della Galleria. Aggirarsi nei saloni monumentali e trovarsi dinanzi a una serie incredibile di sculture di Bernini, lasciano l’occhio dello spettatore esterrefatto. Come essere circonfusi nell’atelier dell’artista. Un passo dopo l’altro ti ritrovi a fissare dai busti Papali al cardinale Richelieu, senza tralasciare la fine raccolta di dipinti, tra i quali spiccano gli autoritratti dell’Artista. Ah all’osservatore appassionato non sarà sfuggito il busto di Costanza Bonarelli, amante dei Bernini, ma l’approfondimento della vicenda lo lasciamo al lettore. Una maestria incredibile, anche considerata l’età dell’artista nell’esecuzione delle sue prime opere, nell’uso della materia e delle più variegate tecniche artistiche, questo è il senso della mostra.
Lo osservi quando ammiri il gruppo scultoreo Enea, Anchise e Ascanio posto accanto alla tela, di Federico Barocci, una sfida ai massimi livelli tra pittura e scultura dove l’unico vero trionfatore è la Bellezza. E poi ti ritrovi a circumnavigare il capolavoro dell’Apollo e Dafne, dove il marmo diventa vivo come l’alloro che troveresti seduto alle pendici dell’Acropoli, è lì che comprendi la vittoria del Bernini sulla materia inerte, riuscendo a fissare in un solo sguardo quello per cui la mitologia ellenica ha impiegato pagine su pagine. E i demiurghi della mostra, ma anche il visitatore che ha sputo cogliere quest’incredibile opportunità, hanno ben diritto di accomodarsi sul carro dei vincitori, gli altri con un po’ di fatica potranno mettersi sulle tracce di Bernini in giro per la Capitale.