Dal 6 settembre Lucky Red porta al cinema un film che piacerà ai fan della serie tv Black Mirror, dal quale sembra ispirato: “Ride”: il primo film italiano sugli sport estremi che intreccia il linguaggio delle action cam al genere thriller, horror e action regalando allo spettatore un’esperienza adrenalinica simile a quella del colossal Hunger Games.
Italianissimo ma girato in lingua inglese, il film è diretto da Jacopo Rondinelli e scritto da Marco Sani insieme a Fabio Guaglione e Fabio Resinaro (già registi del fortunato Mine, che nel 2016 è stato accolto con favore da pubblico e critica come un caso esemplare di rinnovamento e rinascita del cinema italiano) che lo hanno anche supervisionato artisticamente e co-prodotto e si avvale di un cast italiano e internazionale con protagonisti Lorenzo Richelmy e Ludovic Hughes al fianco di Simone Labarga e Matt Rippy.
Il film è stato girato lo scorso autunno in Trentino, grazie al sostegno della Film Commission, lungo i circuiti di downhill dell’Altopiano della Paganella e di San Martino di Castrozza; il film inoltre ha aderito al disciplinare T-Green Film di Trentino Film Commission per la riduzione dell’impatto ambientale.
Boschi, sentieri, dirupi, bici ad alto tasso tecnologico, velocità e salti nel vuoto. Questi sono gli ingredienti principali del downhill, extreme sport. Max (Lorenzo Richelmy) e Kyle (Ludovic Hughes) sono due riders acrobatici. Quando ricevono l’invito a partecipare a una misteriosa gara di downhill con in palio 250.000$ accettano senza esitazione per poi scoprire – ormai troppo tardi – di doversi spingere oltre i limiti delle loro possibilità fisiche e psicologiche. Quella che affronteranno sarà così una corsa estrema per la sopravvivenza.
Ride sarà anche un libro edito da Mondadori, “Ride – il gioco del custode”, basato su una storia di Adriano Barone e Fabio Guaglione e scritto da Adriano Barone. Il libro – disponibile in tutte le librerie e nei negozi e-commerce dal 4 settembre – offrirà al pubblico di lettori e spettatori l’opportunità di conoscere più a fondo le storie parallele e i segreti dei personaggi del film, un thriller tra Philip K. Dick e Lost ed è a tutti gli effetti uno spin-off del film.
Il film presentato a Roma, presso la Casa del Cinema ha riscosso grande consensi dai giornalisti presenti che hanno incontrato gli autori e il protagonista italiano Lorenzo Richelmy. La sceneggiatura di Ride è stata scritta con l’intento di fondere diversi linguaggi narrativi. L’idea di base è quella di sfruttare il tipico linguaggio dei film cosiddetti Found Footage, quelli cioè, in cui non esiste un narratore esterno che guida il racconto ma tutta la narrazione avviene attraverso dei filmati girati dai personaggi stessi. “Ci piaceva – afferma il regista Jacopo Rondinelli – mostrare l’immaginario dei filmati sportivi, tipicamente girati dagli atleti stessi con Action-Cam, calandolo però in una solida struttura narrativa di genere. Questo tipo di linguaggio sportivo e d’azione si sgancia per la prima volta dal contenitore documentaristico per mettersi al servizio di una narrazione cinematografica. Il mix di Thriller-Azione-Sportivo, raccontato attraverso un linguaggio in prima persona, con i personaggi che diventano i principali punti di vista della narrazione, ci è da subito sembrato originale è ancora intentato. La difficoltà principale è stata quella di riuscire a strutturare il film con i vincoli che il Found-Footage impone. Il rischio era quello di forzare eccessivamente gli eventi affinché i personaggi potessero raccontare visivamente quello di cui avevamo bisogno. Ma siamo riusciti a creare un contenitore narrativo che giustificasse questo meccanismo. Abbiamo, infatti, deciso di raccontare la storia di due giovani atleti di sport estremi, due personaggi che rappresentano appieno il modo in cui le nuove generazioni gestiscono i social media, condividono la loro vita e le loro imprese sportive quasi in diretta costantemente. È quindi più che credibile che, quando i due protagonisti vengono coinvolti nella pericolosissima competizione organizzata da una misteriosa organizzazione, filmino ogni istante della gara. Questa forte motivazione dei personaggi, che accettano e, anzi, desiderano che tutto quello che accade venga filmato, ci ha consentito di strutturare una narrazione che potesse procedere attraverso tutte le tipiche fasi del viaggio dell’eroe. Abbiamo anche deciso di fare in modo che l’organizzazione segreta che gestisce la gara fosse una sorta di metafora di “Grande Fratello”, che attraverso la capacità di infiltrarsi nella rete, nei profili social, nei dispositivi dei concorrenti, fosse anche in grado di fornirci ulteriori elementi per raccontare i personaggi. La storia in generale, di fatto, è metafora dell’ormai diffusa idea “dell’apparire per esistere”. I nostri protagonisti sono apparentemente personaggi “ribelli” che rifiutano il sistema e vivono la loro vita ‘adrelinica’ sempre sul confine della legalità. Ma, alla fine capiamo che sono le prime vittime del sistema, perché ne hanno bisogno proprio per sentirsi oppositori dello stesso”.
Ride è il film che ha la media di camere utilizzate per scena più alta della storia del cinema. “Ogni attore – ricorda il regista – aveva tre camere: una sul petto, una dietro le spalle e una sul casco. Inoltre avevano delle camere anche sulle bici che riprendevano l’azione, e molte altre posizionate e nascoste negli ambienti. Noi dalla regia vedevamo solo una parte di queste perché essendo più di 20 sarebbe state pressoché impossibile monitorarle tutte in diretta. Soprattutto in remoto, e in un bosco!”.