Al cinema dal 2 maggio The Sisters brothers, con protagonisti John C. Reilly, Joaquin Phoenix, Jake Gyllenhaal e Riz Ahmed. L’obiettivo di due ambiziosi fratelli è ammazzare un cercatore d’oro dai modi molto eccentrici. Riusciranno a portare a termine la missione?
Con The Sisters Brothers, l’acclamato regista Jacques Audiard prende in mano le redini dei legami di sangue come aveva già fatto in precedenza, questa volta nel contesto del genere western. Il risultato è un film che unisce la tensione dei suoi ultimi lavori come Il profeta e Tutti i battiti del mio cuore con la compassione conquistata a fatica dei suoi più recenti Ruggine e ossa e Dheepan – Una nuova vita.
Audiard e il suo assiduo collaboratore Thomas Bidegain hanno adattato il romanzo di Patrick deWitt The Sisters Brothers, che era stato opzionato da Reilly e Alison Dickey come produttori nel 2011.
Lo scrittore ricorda: “Avevo già lavorato con John su Terri, la cui sceneggiatura era un mio adattamento di alcuni miei scritti inediti. Il regista Azazel Jacobs ha letto The Sisters Brothers in bozza e ha pensato che questo materiale sarebbe piaciuto a John e mi ha chiesto se poteva dargli il libro e io gli ho risposto che ne sarei stato felice. La reazione di John è stata forte e, da subito, ha appoggiato e sostenuto il progetto.”
Il candidato all’Oscar ricorda: “Di solito tendo a procrastinare la lettura, ma quando ho ricevuto The Sisters Brothers l’ho letto in 24 ore. Mi sono subito immedesimato nei personaggi, specialmente in Eli Sisters. Riconosco la dinamica che ha con suo fratello Charlie perché ho anch’io tre fratelli. Era anche molto divertente e c’era un’accessibilità emotiva al posto dell’impenetrabilità da macho dei personaggi del genere western.”
DeWitt spiega: “Ho pensato molto a Charles Portis, uno scrittore diventato famoso per True Grit (Il Grinta – Si fa sul serio) anche se i suoi altri libri non sono per niente western, e ai romanzi di Monterey di John Steinbeck. Avevo cominciato con una scena in cui due uomini dialogano in sella ai loro cavalli ed è stato un caso che poi abbia scritto un western.”
Reilly dice: “Quello che mi ha affascinato del linguaggio di Patrick nel libro è che noi diamo per scontato, grazie a film e storie televisive sul West, che le persone parlassero in modo chiassoso, vivace, irruento e invece ci si rende conto che forse non era affatto così. Non c’era la radio, il cinema o la televisione, solo la parola scritta. Ci doveva essere un esasperato senso della formalità — e trattare le persone con rispetto o senza poteva significare vita o morte.”
La collega produttrice di Reilly, Alison Dickey fa notare che: “era da tempo che cercavamo un western da far fare a John; è una forma in cui possiamo raccontare delle storie fondamentali su noi stessi. Sono rimasta sveglia tutta la notte a leggere il libro, era fantastico.”
Il libro è stato considerato così buono da essere inserito nella breve lista dei finalisti del prestigioso Man Booker Prize per la fiction e a quel punto “Hollywood ha cominciato a chiamare,” sorride la Dickey.
Di conseguenza, lei e Reilly si sono alleati con il produttore candidato all’Oscar Michael De Luca (The Social Network) per sviluppare il progetto.
De Luca, che aveva già lavorato con Reilly circa vent’anni prima sul pluripremiato Boogie Nights, dice: “John è uno dei più grandi attori americani e la parte di Eli Sisters sembrava proprio il ruolo che era destinato a interpretare. Avere John come collega produttore anche questa volta ha reso il lavoro a questo progetto ancora più piacevole.
“Il romanzo di Patrick deWitt è un classico moderno, secondo me. Amo i western ma questo è anche una storia fantastica e commovente di fratelli e uomini, e una ricerca di umanità.”
All’inizio, passavano i mesi e “un regista non c’era,” ricorda de Witt. “Io ho incrociato le dita.”
Poi, a settembre 2012, De Luca, Dickey e Reilly sono andati al Festival Internazionale di Toronto, dove Audiard presentava Ruggine e ossa. Il loro interesse nel cineasta era precedente alla visione del nuovo film. Alison Dickey dice: “Io e John avevamo visto Sulle mie labbra al cinema circa dieci anni prima e da allora abbiamo sempre seguito il lavoro di Jacques. I suoi film sono così viscerali e immediati.”
Reilly aggiunge: “Jacques non ha fatto così tanti film quanto altri registi della sua generazione, ma io non credo di conoscerne nessuno che abbia un curriculum così perfetto. Sapevo che con questo materiale sarebbe arrivato dritto alla storia più intima e personale.”
Un incontro è stato fissato e quando Audiard è tornato a casa in Francia ha trovato una copia della versione francese del libro appena pubblicata ad aspettarlo sulla sua scrivania. Due mesi dopo, tutti si sono rivisti a Los Angeles “e la conversazione si è fatta profonda,” dice la Dickey. “Abbiamo costruito una fiducia reciproca e deciso di lavorare insieme.
“C’è una logica nel rivolgersi a un regista straniero per occuparsi di quello che può essere percepito come materiale americano. Non portano alcuna zavorra culturale e approcciano le cose con una prospettiva fresca e originale; basta pensare a che magnifico lavoro ha fatto Ang Lee nei suoi film.”
Reilly rivela: “Jacques è abituato a lavorare in maniera completamente indipendente e con i suoi tempi e le sue condizioni. Noi gli abbiamo dato il materiale dicendogli di farlo suo.”
Uno dei primi istinti di Audiard nello scrivere la sceneggiatura con Bidegain è stato quello di ampliare i personaggi bersaglio dei fratelli Sisters, John Morris e Hermann Kermit Warm. La produttrice Dickey commenta: “Lo sviluppo di questi personaggi è andato avanti ed è diventato più un quartetto formato da due coppie con un rapporto che diventava sempre più profondo e in movimento.”
Reilly aggiunge: “In The Sisters Brothers, Warm ha grandi ideali riguardo all’esperienza umana. Quando le persone pronte al cambiamento si imbattono in lui, Warm ha su di loro un effetto magnetico; sentono che lui sa che le cose possono essere diverse in futuro. Per quanto riguarda Morris, lui ha visto tante situazioni bizzarre nel suo lavoro e ora conosce qualcuno che è molto bravo ad ascoltare e a comprendere le cose.”
Il vincitore dell’Emmy Riz Ahmed (The Night Of), che interpreta Warm, crede che questo chimico progressista “sia un genio autodidatta che vede il meglio negli altri. Non sta solo cercando l’oro nella terra, cerca anche di tirare fuori l’oro dalla gente. Ora ha svelato a troppe persone interessate la formula chimica che ha creato per trovare l’oro in maniera efficiente e per questo viene inseguito – mentre lui è simile al fondatore di una start up diretto a San Francisco!
“Jacques è uno dei miei registi preferiti e quando è venuta fuori l’opportunità di lavorare con lui mi ci sono buttato a pesce. Prima che ci incontrassimo, mi ha mandato delle e-mail dettagliate che erano molto acute, ma anche criptiche e misteriose. È stato anche molto affascinante fare ricerche su cosa fosse la scienza e a che punto fosse negli anni ’50 dell’800.”
Il film ci ha messo più tempo per partire perché Audiard e Bidegain hanno iniziato e portato a termine i film che si erano già impegnati a dirigere: rispettivamente Dheepan – Una nuova vita e Les Cowboys — con Reilly che appare in quest’ultimo per Bidegain.
Durante il lavoro di scrittura della sceneggiatura è stato consultato deWitt anche sui dialoghi.
Alison Dickey commenta: “Jacques aveva la capacità di smontare il libro e gettarne i pezzi in aria. Poi li riprendeva e creava qualcosa di nuovo mantenendo sempre una fedele connessione con la fonte.”
La ricerca delle location per il film è iniziata nel 2015. Audiard e soci hanno percorso la strada che fanno i fratelli Sisters, a caccia di Morris e Warm, dall’Oregon a San Francisco.
Quando la sceneggiatura era pronta, la squadra di produzione è stata completata dalla francese Why Not Productions e, molto prima dell’inizio delle riprese, sono stati ingaggiati i capi di ogni dipartimento.
Audiard ha cercato il direttore della fotografia Benoît Debie (che aveva girato Spring Breakers) come nuovo collaboratore. “C’è stata una lunga preparazione per The Sisters Brothers,” dice Debie. “Io e Jacques abbiamo avuto molte cose di cui discutere riguardo al film e alle possibili ispirazioni che spaziavano dalle strisce comiche ai film western.
“Io e [lo scenografo] Michel Barthélémy abbiamo parlato della tavolozza di colori che avremmo utilizzato, sia per gli interni che per gli esterni. Jacques credeva fosse importante avere del colore, ma non troppo intenso.”
Barthélémy, che è stato lo scenografo di molti film di Audiard, ammette: “Ho saputo del progetto anni prima che iniziassimo a girarlo ed è stata davvero una sorpresa che Jacques facesse un western. Poi ho letto la sceneggiatura e sono stato completamente sopraffatto dalla documentazione di cui avrei avuto bisogno per affrontare questo periodo storico. Passo dopo passo, tutto è andato al suo posto.
“Una delle cose sulle quali si concentrava la sceneggiatura era l’ingegnosità umana, la capacità dell’uomo di inventare. Per questo mi sono ritrovato a cercare tracce di un prototipo del sistema di scarico del 19mo secolo. Abbiamo cercato di restare vicini alla realtà e se c’è un piccolo anacronismo è perché ci siamo presi delle libertà riguardo ai principi esistenti. Talvolta bisogna attenersi a quello che c’era e talaltra bisogna liberarsi della ricostruzione pedissequa dell’esistente.”
Con un colpaccio, la produzione si è assicurata la partecipazione della costumista Milena Canonero, che ha vinto quattro Oscar per il suo lavoro. “Lei è una leggenda,” dice Barthélémy pieno di meraviglia. “I suoi tessuti sono super precisi. Per lei tutto deve avere un senso una buona energia. Lei controlla ogni singola comparsa sul set.”
Ahmed ammira “i dettagli e l’autenticità che hanno guidato la ricerca dei costumi giusti. Milena rintraccia pezzi antichi provenienti da tutto il mondo e poi li incrocia e compara con fotografie e resoconti scritti. La conseguenza di tutto questo lavoro per un attore è che lo mette nella condizione di trovarsi sul set e sentirsi completamente a suo agio e libero.”
Le location spagnole e rumene scelte alla fine per le riprese “sono state in grado di rispondere alle esigenze di budget ma hanno anche combinato l’intensità emotiva del copione con la potenza di filmare all’esterno, nella natura e avere la possibilità di entrare in relazione uno con l’altro,” commenta la produttrice Dickey.
La produttrice aggiunge: “Sul set si parlavano tante lingue diverse – francese, spagnolo, rumeno, italiano, inglese – e che ognuno esprimesse sé stesso con reale intenzione rispecchiava la storia del film.”
Ahmed riflette: “Da londinese io vivo in una delle città più multiculturali del mondo. Una delle cose più interessanti di fare The Sisters Brothers è stato stare sul set con gente di tutte le diverse nazionalità. Il film parla di cercare di trovare uno scopo attraverso il legame e la connessione con altre persone e superando le strutture che ci tengono divisi. Per me, questo è stato illuminante come lavorare con tutti questi attori insieme.”
Il candidato all’Oscar Jake Gyllenhaal — con il quale Ahmed aveva già lavorato in Lo sciacallo – Nightcrawler — e Joaquin Phoenix sono stati scelti per interpretare, rispettivamente, John Morris e Charlie Sisters. Reilly aveva attivamente spinto perché Phoenix fosse nel film: “Sapevo che lui doveva essere Charlie. Ho la massima stima per lui come attore.
“Io e lui però non abbiamo parlato di come sono i fratelli, abbiamo semplicemente iniziato a trascorrere del tempo insieme. Durante il periodo delle prove, andavamo a farci delle passeggiate in cima a questa collina in Spagna; facevamo un miglio e mezzo senza scambiarci nemmeno una parola. Eravamo testimoni dell’esistenza uno dell’altro e ci stavamo abituando ad essere in sintonia, a sentire uno i bisogni e l’energia dell’altro.”
Per quanto riguarda i rapporti tra i fratelli, fondamentalmente Reilly vede il suo personaggio di Eli come “il ‘custode’; lui è quello che si assicura che abbiano la colazione e che i cavalli siano pronti per portare i fratelli dove devono andare. Charlie è più focoso e non accetta un no come risposta.
“Recitare con Joaquin è stato fantastico. Lui è molto istintivo, per cui se fai una supposizione su qualcosa lui te la rilancia direttamente in faccia. Devi accettare quello che porta il momento, essere nel momento. Non c’è leader né seguace – devi trovare e seguire la corrente. Quest’esperienza con Joaquin è entrata in Eli e Charlie. Quando lui non era sul set con me, sentivo un grande vuoto.”
Durante le riprese, Audiard ha incoraggiato e poi ‘sistemato’ i momenti di improvvisazione degli attori nei panni dei loro personaggi. Debie nota: “Jacques si prendeva il tempo di lavorare con gli attori, specialmente per arrivare alla commedia. Su The Sisters Brothers, io pure ho dovuto improvvisare perché quello che facevamo cambiava ogni giorno.”
Ahmed rivela: “L’approccio di Jacques è che lui non vuole che le cose stagnino. Per questo ti spinge continuamente a provare qualcosa di diverso; non ti guida verso un’idea che ha nella sua mente e che è precostituita, vuole vedere che le cose evolvano. A quel punto può mandarle in un’altra direzione.
“L’ho trovato un modo di recitare creativamente stimolante che mi teneva sulle spine. È un processo aperto, fluido, dinamico.”
Reilly afferma: “Ho fiducia in Jacques perché lui ha un incredibile detector per le cazzate. Sta lì con la telecamera e ti guarda dritto. Si accorge se qualcosa non è genuina ed è artificiale, se stai esagerando. Lui vuole un’interpretazione inaspettata: qual è un modo nuovo per fare questo che stai facendo? E questo modo di procedere e pensare va dal casting alla recitazione delle scene.
“L’altra cosa che mi ha colpito di lui come regista è che nella sua testa pensa al montaggio. Tu puoi dire, ‘L’ultima volta sono arrivato camminando fino a qui…’ e lui dirà, ‘Non importa, tanto non lo vedremo.’ Lui immagina anche il tempo della scena mentre la stiamo facendo, e la sua capacità di trovare il ritmo è anch’essa legata al modo in cui già vede il montaggio.”
Dickey riflette: “Non ho mai visto nessun filmmaker lavorare nel modo in cui lavora Jacques, nessuno che progetta le riprese nel modo in cui fa lui. Lui pensa a 10 cose differenti nello stesso tempo ed è comunque anche totalmente presente nel momento. È preparatissimo ma sa anche essere molto flessibile.”
Lo stile unico e originale del regista impreziosisce quello che Dickey definisce “un film su due fratelli ambientato in un periodo storico unico e nelle bellissime distese del West in cui venivano inseguiti i sogni.”
Reilly aggiunge: “In maniera più ampia, credo che The Sisters Brothers sia un film sulla fondazione dell’America e sulle sue fondamenta. Ma in maniera più umana parla di rapporti. Va dal macro al micro, e ritorno.”
De Luca afferma: “Credo che Jacques abbia fatto un film davvero bello.”