Un paese apparentemente tranquillo in riva al lago. Una giovane ragazza che scompare misteriosamente e un’altra che ritorna, proprio lì dove è nata e dove non avrebbe mai pensato di ritornare. Le strade di Gioia e Eva si incroceranno per un attimo – prima che tutto accada – e da allora resteranno profondamente connesse. Al via su Rai Uno da domenica 15 marzo per 4 serate la fiction tv “Bella da morire”, che vede protagonista Cristiana Capotondi nel ruolo di una ispettrice di polizia ferrea, spigolosa, con un passato ancora da elaborare.
Bella da morire è una storia di donne forti, emancipate, appassionate del loro lavoro che cercheranno, insieme, di scoprire la verità e fare giustizia per Gioia e le altre donne a cui è stata tolta la voce e, talvolta, la vita. Insieme a Eva Cantini (Cristiana Capotondi), anche Giuditta Doria (Lucrezia Lante della Rovere), PM instancabile che ha sacrificato moltissimo sull’altare della sua professione, e infine, Anita Mancuso (Margherita Laterza), giovane e un po’ strambo genio della medicina legale, molto a suo agio con i cadaveri, decisamente meno con le persone reali. Le tre diventano ben presto una squadra e si ritrovano a condividere non solo ipotesi investigative, ma anche confidenze personali e lezioni di vita. A collaborare con loro ci sarà anche Marco Corvi (Matteo Martari), poliziotto dai modi socievoli, talvolta un po’ irruenti, che prenderà molto a cuore il caso e sarà di grande aiuto ad Eva.
Ognuno di loro porterà il proprio vissuto nelle indagini e, all’avvicinarsi della verità, questo vissuto tornerà ad affiorare, scombinando equilibri familiari, facendo emergere insospettabili intrecci di segreti e relazioni malate.
Bella da morire è una serie crime prodotta da Cattleya in collaborazione con Rai Fiction che vuole contribuire a sollevare veli su un tema tristemente attuale come quello dei femminicidi, cercando di restituire la complessità, i retroscena e le sfumature di queste storie.
“Bella da morire è una serie fortemente tematica – afferma il regista Andrea Molaioli -, che sfugge alla tradizionale classificazione per generi e che tratta il complesso rapporto uomo/donna attraverso il crime ed il family, raccontando una galleria di personaggi insolitamente densi. Al centro della storia c’è Eva, una poliziotta esperta suo malgrado di casi di femminicidio. Come sempre quando si mette in scena una storia di detection, il rischio di entrare nel territorio del già visto o già letto è enorme. E proprio per evitare di scivolare nell’“originalità” come presupposto e non come risultato abbiamo cercato di seguire una strada semplice ma, a mio avviso, efficace: quella dell’adesione emotiva alla storia e alle figure che si muovono dentro. I riferimenti letterari e visivi sono molteplici!”.
“Eva – continua Andrea Molaioli – è un personaggio complesso pieno di sfumature, dalla sensibilità ricca e pronunciata. Caratteristiche che sembrerebbero mal declinarsi con il suo modo di esprimere i sentimenti. Si presenta come una donna spigolosa, intransigente. Pronta a marcare con la matita blu la distanza tra l’ambizione di chi vorremmo essere e ciò che nella realtà dei fatti riusciamo a realizzare. Eva è dura con gli altri perché lo è con sé stessa. Mal tollera le incongruenze e le contraddizioni di chi le sta intorno. I loro errori rappresentano per lei una sconfitta personale perché testimoniano la delicatezza del proprio sistema di pensiero. La sua capacità di osservazione, la sua determinazione quasi malata nel cercare la verità sono solo alcune delle caratteristiche che costantemente mette in campo. Eva ha dei tratti irrisolti, delle paure che solo apparentemente sono da considerarsi aspetti negativi. In realtà proprio la consapevolezza di questi “difetti” le permetterà di trovare soluzioni agli intricati aspetti della sua vita professionale e privata. Col susseguirsi degli eventi capirà e capiremo quanto”.
“La scrittura precisa e sensibile – conclude il regista – degli sceneggiatori Filippo Gravino, Flaminia Gressi e Davide Serino è sempre stata una vera guida. Da qui si è partiti per poi lavorare con tutti gli interpreti cercando di trovare le soluzioni meno scontate per la narrazione dei personaggi. Ognuno di loro, anche quello apparentemente meno centrale trova, in questa serie, la dignità del racconto. Non solo per il suo apporto allo sviluppo della storia quanto per lo sguardo compassionevole che lo spettatore saprà regalargli trovandosi di fronte a personaggi così fallibili, splendidi e terribili, eccellenti e sciagurati. Uomini e, soprattutto, donne che si sapranno farsi amare mostrando angoli e aspetti dei loro caratteri che riguardano tutti noi nel profondo. Non siamo in un racconto con i buoni e i cattivi. Ci troviamo davanti a personaggi che si portano dietro fragilità, insicurezze, la difficoltà di riuscire a stare insieme o a stare da soli. E la loro sfida è accettarle ed affrontarle. Condividerle e non avere paura dei fallimenti. Al centro della nostra serie c’è il femminicidio, una tematica molto delicata che abbiamo cercato di affrontare con il rispetto e l’indignazione che merita, ma senza la presunzione di sapere come e dove risolvere il problema. Ma non solo. Bella da morire è anche un racconto di relazioni familiari e sentimentali, complicate dalla diversità, dalla distanza e dai segreti. Rapporti tra sorelle, tra genitori e figli, tra amanti, dove la superficie nasconde una complessità che si svela poco a poco, dove si può nascondere la violenza, ma in cui imprevedibilmente nasce anche la possibilità di un cambiamento. Per una mia precisa tendenza alla condivisione, ho voluto cimentarmi in un racconto che non doveva mai diventare elitario, ma rimanere aperto. La prima serata nel più importante canale generalista ti impone un’attenzione ed un senso di responsabilità ancora più elevato rispetto al solito. La possibilità di affrontare argomenti così intensi e di tradurli in un racconto destinato ad un ampio pubblico è stata una straordinaria occasione portata avanti cercando di smarcarci da qualsiasi forma di censura e banalizzazione, senza però mai dimenticare la complessità e varietà dei sentimenti che sono sempre il miglior veicolo con cui poter viaggiare”.
PROFILI PERSONAGGI
EVA CANTINI: ispettrice di polizia, dopo molti anni fuori decide di tornare nella sua città natale, per stare vicina alla sorella Rachele. Eva è una donna dalla volontà di ferro, emancipata e a volte molto dura; una che crede profondamente nel proprio lavoro e farlo al meglio è l’unico modo in cui pensa di poter e dover conquistare la fiducia di chi lavora con lei. Pazza, competente, ossessiva, rompicoglioni. Queste le parole dei vecchi colleghi per descriverla. E anche nella nuova destinazione i rapporti con i colleghi non sono buoni. Non che Eva faccia qualcosa per facilitarli: non è mai stata una dal carattere facile, e anni di esperienza in polizia le hanno insegnato che spesso, troppo spesso, degli uomini non ci si può fidare, e infatti lei non lo fa. Le uniche relazioni che si concede, fuori dal lavoro, sono degli incontri da una notte e via che si procura online. Quando non lavora pratica immersioni, hobby che si rivelerà molto utile nel corso dell’indagine.
MARCO CORVI: ispettore di polizia collega di Eva e innamorato di lei da bambino, è l’unico in questura a fare un passo verso la nostra protagonista. Anche lui è un buon poliziotto, sebbene i suoi modi lascino spesso a desiderare. Irruento, ma capace di stupire con gesti gentili che rivelano un animo romantico. Sportivo, grande giocatore di rugby insieme agli amici di sempre. Al fianco di Eva, in un crescendo di tensione sentimentale, indaga sulla morte di Gioia Scuderi. La sua profonda conoscenza dei luoghi, oltre che della comunità locale, sarà di grande aiuto nell’investigazione. Il suo carattere complesso si rispecchia in quello di Eva: anche lui è, a suo modo, una testa calda. Tuttavia ha imparato – forse un po’ meglio di lei – a curare i rapporti con i colleghi. Quello che ancora non ha imparato completamente a domare è la tendenza ad essere troppo controllante e possessivo.
GIUDITTA DORIA: Procuratore Capo, è la prima e l’unica a credere nella teoria di Eva secondo cui Gioia non è scappata. Bella e autorevole, è una professionista in cui la grande esperienza lavorativa si accompagna a una profonda dedizione. Suo marito, Michele, la ama e la sostiene in quello che fa. Ciononostante, gli anni che passano l’hanno resa un po’ sensibile alle attenzioni maschili, cosa che rischierà di mettere in crisi il suo matrimonio. Per Eva, oltre che una PM, – e quindi un capo, – sarà anche un’amica e soprattutto una mentore. Una figura in grado di aiutarla a smussare i lati più spigolosi del suo carattere e a insegnarle che a volte, nella vita, è necessario ascoltare gli altri e giocare di squadra.
ANITA MANCUSO: giovane promessa della medicina legale, è una ragazza studiosa, che ha fatto della propria passione un mestiere in cui eccelle. Una passione, la sua, che ad alcuni potrebbe sembrare strana e fare pensare a lei come a una un po’ fuori di testa, ma non è così. È vero, Anita parla con il corpo di Gioia, ma lo fa perché in lei vede una proiezione di una vita vissuta con allegria e incoscienza, quella che lei non è in grado di vivere. Anita è una donna di scienza, sì, ma che sotto il camice nasconde un cuore palpitante, pronto a battere per un uomo che lei stia accanto.
RACHELE CANTINI: sorella di Eva e mamma single del piccolo Matteo, pur amando suo figlio ancora non ha fatto pace con il suo ruolo di madre. Schietta, simpatica e vitale, a volte si comporta come un’adolescente in cerca dell’amore, tanto che i servizi sociali minacciano di portarle via il bambino. Ha un rapporto molto conflittuale con suo padre ed è stata lei a richiamare Eva in città perché, pur avendo con lei la sorella un rapporto complicato, è l’unica persona di cui si fidi.
GIOIA SCUDERI: la vittima, motore vitale della nostra storia. Bellissima, dolce e tragicamente ingenua, generosa e –triste a dirsi- abituata alle umiliazioni. Sincera al punto da sembrare naif, Gioia era sempre la damigella e mai la sposa, ma in realtà aveva un disperato bisogno di amore e approvazione, che in vita non è riuscita a trovare. Una ragazza alla ricerca di un suo posto nel mondo … che non avrà il tempo di trovare.