Nomadland, trionfo agli Oscars 2021

Il film che si aggiudica l’Oscar 2021 è Nomadland. Il film americano di una regista cinese, Chloé Zhao celebrata anche come miglior regista, racconta la comunità nomade che si riprende gli ampi spazi americani intorno a un fuoco o a un mercatino del riciclo. Premiata anche la protagonista, Frances McDormand nel ruolo della vedova Fern.

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Dopo il collasso economico di una città aziendale nel Nevada rurale, Fern (Frances McDormand) carica i bagagli sul proprio furgone e si mette in strada alla ricerca di una vita fuori dalla società convenzionale, come una nomade moderna.

Terzo lungometraggio della regista Chloé Zhao, NOMADLAND e basato sul libro omonimo, vede nel cast la presenza dei veri nomadi Linda May, Swankie e Bob Wells nel ruolo di mentori e compagni di viaggio di Fern durante la sua esplorazione attraverso i vasti paesaggi dell’Ovest americano.

“Nell’autunno del 2018 afferma la regista -, mentre giravamo NOMADLAND a Scottsbluff, in Nebraska, vicino a un campo ghiacciato di barbabietole, sfogliavo le pagine di Desert Solitaire di Edward Abbey, un libro che mi era stato dato da una persona che avevo incontrato lungo la strada. Mi sono imbattuta in questa citazione: Gli uomini vanno e vengono, le città nascono e muoiono, intere civiltà scompaiono; la terra resta, solo leggermente modificata. Restano la terra e la bellezza che strazia il cuore, dove non ci sono cuori da straziare. A volte penso, senz’altro in modo perverso, che l’uomo è un sogno, il pensiero un’illusione, e solo la roccia è reale. La roccia e il sole”.

“Per i successivi quattro mesi – continua Chloé Zhao -, i nomadi andavano e venivano mentre viaggiavamo e giravamo il film – alcuni conservavano rocce trovate durante le loro peregrinazioni, con le loro case su ruote alimentate dal sole. Dispensavano storie e saggezza davanti e dietro l’obiettivo della telecamera. Essendo cresciuta in città della Cina e dell’Inghilterra, sono sempre stata profondamente attratta dalla strada aperta, un’idea che trovo tipicamente americana: il viaggio senza fine alla ricerca di ciò che si trova oltre l’orizzonte. Ho cercato di catturare quest’idea nel film, pur sapendo che non è possibile riuscire a descrivere veramente la strada americana a un’altra persona. Bisogna scoprirla da soli”.

Un vasto ritratto panoramico dello spirito nomade americano, che segue il flusso della manodopera migratoria stagionale, NOMADLAND di Chloé Zhao (SONGS MY BROTHERS TAUGHT ME, THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY) è un road movie per i nostri tempi, ora ancora più importante e attuale in questo momento di ridefinizione e cambiamento. Vediamo lo splendore dell’Ovest americano, dalle Badlands del South Dakota al deserto del Nevada, fino al Pacific Northwest, attraverso gli occhi della sessantunenne Fern. Fern è interpretata da Frances McDormand (FARGO, TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI) che ha coinvolto nel progetto anche Zhao dopo aver trovato uno spirito affine nel precedente film della regista, THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY. Insieme hanno creato il ritratto di una donna, che ha perso suo marito e tutta la sua vita precedente, dopo che la città mineraria in cui viveva è stata sostanzialmente dissolta. Ma durante il suo percorso, diventa più forte e trova una nuova vita. Fern trova la propria comunità nei raduni tra nomadi a cui partecipa, che comprendono Linda May e Swankie (due autentiche nomadi che interpretano loro stesse), nella forte amicizia con Dave (David Strathairn), e nelle altre persone che incontra durante il suo viaggio. Ma soprattutto, come afferma Zhao, ‟…nella natura, mentre lei si evolve; nelle terre selvagge, nelle rocce, negli alberi, nelle stelle, in un uragano, è in questi luoghi che trova la propria indipendenza”.

Nel 2017, Frances McDormand e Peter Spears (CHIAMAMI COL TUO NOME) hanno collaborato per opzionare i diritti del libro d’inchiesta Nomadland. Un racconto d’inchiesta della scrittrice di Brooklyn Jessica Bruder. “Il libro è un lavoro di giornalismo investigativo”, afferma Zhao, “e ciascun capitolo affronta un argomento differente. Metà del libro si concentra sullo stile di vita dei nomadi, mentre l’altra metà è un’inchiesta sotto copertura: Jessica è stata sotto copertura da Amazon e ha lavorato nelle coltivazioni di barbabietole”.

“Frances e io avevamo opzionato i diritti del libro,” afferma il produttore Peter Spears, “e poi Frances ha visto THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY al Toronto International Film Festival e mi ha detto, ‘Devi vedere questo film, credo che questa sia la regista che fa al caso nostro’”.

“THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY è una delle cose migliori che io abbia visto negli ultimi tempi,” afferma McDormand. “Non avendo preconcetti sui personaggi, sulla regista e non avendo sentito parlare molto del film, mi è sembrato come se il film fosse una scoperta personale. Come produttrice, mi sono sentita attratta da una regista che aveva usato i classici tropi del genere maschile/Western per raccontare una storia più universale sul trionfo di fronte alle avversità e sulla volontà di sopravvivere e di adattare i propri sogni”.

“Per svolgere le ricerche necessarie a scrivere il libro,” afferma Bruder, “mi sono immersa nelle vite giornaliere delle persone di cui scrivevo, trascorrendo settimane in una tenda e poi mesi in un furgone. L’esperienza è una grande maestra. All’inizio sapevo molto poco sui nomadi, ma poi mi sono ritrovata a bocca aperta di fronte alla creatività, alla resilienza e alla generosità che ho incontrato lungo la strada, spesso da persone che sono state costrette ad affrontare sfide enormi nelle loro vite”.

“In effetti stavo costruendo un furgone,” afferma Zhao, “semplicemente perché mentre giravo i miei primi due film avevo trascorso molto tempo a dormire nella mia Subaru, ma non ero esattamente consapevole di tutte le persone che vivevano questa vita. Fran e Peter mi hanno regalato il libro, l’ho letto e ho pensato ‛Wow, non ne sapevo davvero nulla’”.

Bob Wells, che ora ha ottenuto un grande seguito grazie ai suoi video su YouTube e al suo libro How To Live In a Car, Van or RV, afferma: “Ero un vagabondo senzatetto che viveva in un furgone. Era un periodo molto, molto brutto della mia vita. E poi è accaduta una cosa strana: mentre risolvevo tutti i problemi e trovavo tutte le soluzioni, mi sono innamorato della strada, della libertà. Avevo fatto tutto ciò che la società mi aveva detto di fare: avevo trovato un lavoro, mi ero sposato, avevo avuto dei figli, avevo comprato una casa… ma non ero mai stato felice. E poi ho fatto l’esatto opposto di ciò che la società mi aveva detto, e per la prima volta mi sono sentito felice. E questo mi ha spinto a mettere in discussione tutto”.

“Non potevo semplicemente dire alle persone di andare a vivere nel deserto o nelle foreste nazionali americane,” aggiunge Wells. “Dovevo costruire una comunità. C’era una caratteristica in comune: le persone volevano trovare altre persone. Ricevevo tantissime e-mail in cui la gente mi chiedeva ‘Come faccio a trovare qualcuno? Non voglio partire e ritrovarmi da solo!’. La comunità era estremamente importante”, prosegue. “Pensate agli uomini di montagna della fine del XIX secolo. Erano cacciatori e commercianti di pellicce, amavano la natura, amavano stare soli, amavano esplorare. Eppure si riunivano sempre una volta all’anno per una grande festa. Così nel 2011 ho dato inizio al Rubber Tramp Rendezvous, un raduno di nomadi. Il primo anno c’erano soltanto 45 persone. L’anno scorso avevamo tra le ottomila e le diecimila persone, come minimo. È difficile contare tutte quelle persone nel deserto”.

Man mano che si immergeva nelle ricerche, Zhao ha iniziato a pensare a che tipo di film volesse realizzare. Ha deciso di portare avanti il suo abituale metodo di lavoro, mettendolo allo stesso tempo in discussione. “Ho realizzato un solo tipo di film finora,” afferma Zhao, “e so di aver imparato a essere in qualche modo brava in ciò che faccio, quindi non volevo abbandonare il mio metodo ma continuare a espanderlo. Allo stesso tempo, ero curiosa di provare a fare qualcosa che non era stato fatto molto spesso”.

“Fran è venuta da me semplicemente come produttrice, e fin dal primo giorno mi ha chiesto se avesse dovuto far parte del progetto anche come attrice,” prosegue Zhao. “Sentivo però che non sarebbe stato semplice convincere il pubblico. In THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY i protagonisti erano dei cowboy, il film era un western. Ma stavolta è più difficile: c’è una discriminazione basata sull’età in questo paese, un pregiudizio contro le storie incentrate sulle persone più anziane e sulla gente che vive ai margini della società. Dunque ho pensato che, se Fran fosse stata d’accordo, avremmo potuto affrontare questo pregiudizio nel film. Fin dall’inizio è stata sempre una decisione molto pragmatica per me. Ma allo stesso tempo, ero curiosa riguardo a questa sfida creativa”.

“Credo che per Frances l’idea di realizzare un film diverso dal solito sia stata entusiasmante fin da subito,” afferma Spears, “con una regista di questo tipo”.

“Nei panni di Fern, ho ‛lavorato’ insieme ai veri dipendenti di un centro di distribuzione di Amazon, in una coltivazione di barbabietole da zucchero, nel bar di un’attrazione per turisti e come camp host in un Parco Nazionale,” afferma McDormand. “Nella maggior parte dei casi, nessuno mi riconosceva e tutti pensavano che fossi una dipendente come tutti gli altri. Ovviamente, non ho lavorato per tutte le ore richieste da questi mestieri. Ma abbiamo cercato di comunicare l’impressione di un lavoro reale e delle sue conseguenze: le sfide fisiche e il disagio vissuti da una persona più anziana, ma anche la gioia di lavorare e vivere in mezzo alla natura come camp host in un parco nazionale, la sensazione di avere uno scopo e il guadagno disponibile grazie a questi lavori”.

Zhao ha lavorato a stretto contatto con McDormand. “Fran e io abbiamo trascorso molto tempo insieme prima di metterci in viaggio, e sono riuscita a conoscerla davvero bene. Fran non è il tipo di attrice a cui piace parlare costantemente del personaggio. Le piace fare davvero le cose in prima persona, le piacciono le cose tangibili. Dunque siamo andate estremamente d’accordo da questo punto di vista”, afferma Zhao.

“Chloé si immerge nelle vite e nelle storie delle persone reali che vuole raccontare, e si mette alla ricerca della “chiave” che le fornisca un arco drammatico per un film,” afferma McDormand. “Il processo per realizzare NOMADLAND è stato complicato per entrambe, dato che da una parte c’erano interpreti non professionisti provenienti dalla comunità nomade, e dall’altra c’eravamo io e David Strathairn, ovvero due attori professionisti che interpretavano dei ruoli. Tuttavia, Chloé e Josh, il nostro direttore della fotografia, hanno trascorso del tempo con me e David, e le nostre rispettive famiglie, nella piccola città in cui viviamo. Chloé si è appuntata dei dettagli sulle nostre vite e sulle interazioni tra noi due come amici, ed è partita da lì per sviluppare la sua idea del rapporto tra Fern e Dave”.

Zhao e McDormand hanno lavorato insieme alla costruzione della casa nomade su ruote di Fern, un furgone Ford Econoline che McDormand ha battezzato Vanguard. “Ci siamo chieste: in che modo Fern strutturerebbe il suo spazio abitabile?,” afferma Zhao. “Quando vivi in uno spazio così ridotto, gli oggetti che porti con te dicono molto sulla persona che sei, molto più di quando vivi in una casa”.

“Nel collaborare con Chloé alla creazione del personaggio di Fern” afferma McDormand, “abbiamo parlato molto di come avremmo potuto inserire alcuni elementi della mia vita in quella di Fern, e questo dipendeva non solo dal mio background ma anche dalle attività giornaliere che svolgo. Ho suggerito di far svolgere a Fern delle attività artigianali, perché è un modo per trascorrere il tuo tempo quando sei in viaggio e inoltre ti permette anche di realizzare oggetti di cui hai bisogno, e che magari potresti barattare lungo la strada. Ho portato con me la mia borsa per realizzare presine da cucina, il telaio e l’uncinetto. Devo aver realizzato circa 75 presine, che ho regalato a diverse persone che abbiamo incontrato lungo la strada e a membri della nostra compagnia. Ed erano oggetti di scena”.

“Un altro elemento della mia vita che ho utilizzato nella storia è un servizio di piatti con un motivo chiamato Foglia d’Autunno,” afferma McDormand. “Quando mi sono laureata, mio padre ha collezionato un intero servizio di piatti comprati in diversi mercatini e me lo ha regalato per la laurea. Ho pensato che avrebbero potuto dare una maggiore profondità personale alla storia. E ho portato con me anche la mia argenteria, che penso abbia un certo stile”.

Zhao afferma: “Dato che volevamo incorporare interpreti non professionisti nel film che dovevano solo essere se stessi, allora anche Fran doveva in qualche modo essere se stessa, perché non poteva sapere esattamente cosa avrebbero fatto gli altri. È per questo che nel film il suo personaggio è molto simile a lei”.

“In SONGS MY BROTHERS TAUGHT ME,” afferma la produttrice Mollye Asher (SONGS MY BROTHERS TAUGHT ME, THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY) “abbiamo iniziato le riprese con un soggetto al posto di una sceneggiatura, e ogni giorno Chloé scriveva le scene. In NOMADLAND ha lavorato come aveva fatto per THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY: c’era una sceneggiatura, ma Chloé riscriveva o modificava le scene, talvolta giornalmente, in base a ciò che scopriva durante le riprese”.

Le riprese di NOMADLAND hanno richiesto sei mesi e hanno avuto inizio a settembre 2018 in South Dakota, dove sono state girate le scene ambientate nelle Badlands e al Wall Drug. “Le riprese in South Dakota,” afferma Zhao, “dove ho girato altri due film, devono svolgersi necessariamente a settembre-ottobre oppure a maggio”. Da lì, la compagnia si è spostata in Nebraska.

“Abbiamo guidato attraverso Deadwood per raggiungere una coltivazione di barbabietole nel Nebraska occidentale,” afferma Spears. “Poi abbiamo fatto una piccola pausa e ci siamo ritrovati a Empire, in Nevada, vicino al deserto Black Rock, dove si svolge il festival Burning Man”. Zhao e McDormand avevano scelto Empire come punto di partenza per la loro eroina Fern, e la città era stata anche il punto di partenza per il libro di Bruder.

“Empire era una città aziendale che per anni fu la casa di generazioni di minatori di gesso prima di essere cancellata a causa della grande recessione, durante la quale tutti furono sfrattati,” afferma Bruder. “Persino il codice postale venne cancellato”.

La destinazione successiva della squadra è stata la città di Point Arena, che un tempo era una delle capitali della controcultura, situata nella contea di Mendocino, sulla costa della California settentrionale: lì sono state girate le scene con Dave (David Strathairn) e la sua famiglia.

“Poi c’è stata la pausa natalizia,” afferma Asher, “che è durata cinque giorni, credo. Abbiamo trascorso insieme Capodanno. Poi siamo scesi fino a Yuma, in Arizona, e alla fine siamo tornati in California, nella contea di San Bernardino”.

Oltre ad Asher e Spears, Zhao ha coinvolto come produttore anche Dan Janvey (RE DELLA TERRA SELVAGGIA, HEART OF A DOG). “Chloé conosceva personalmente Dan e lui aveva già affrontato riprese simili con Benh Zeitlin,” afferma Asher. Ogni membro del team è stato scelto individualmente. “Nel corso di riprese come queste, in cui ci rechiamo in comunità che non sono le nostre, bisogna essere in un certo senso invisibili, quindi ci servivano persone che non fossero soltanto brave nel loro lavoro ma che avessero anche la giusta personalità”.

“Le nostre prime conversazioni erano incentrate sull’idea di lavorare all’interno di diverse comunità e su come fare in modo che il nostro approccio fosse genuinamente collaborativo e rispettoso. Era un’opportunità incredibilmente entusiasmante e un’avventura garantita attraverso l’Ovest americano con Chloé, Fran e il miglior gruppo possibile di tecnici e collaboratori,” afferma Janvey.

“Trovare la giusta squadra era davvero fondamentale,” afferma il direttore della fotografia Joshua James Richards (SONGS MY BROTHERS TAUGHT ME, THE RIDER – IL SOGNO DI UN COWBOY). “Ad alcuni poteva sembrare una squadra molto piccola, ma per me era esattamente la giusta quantità di persone e tutti erano perfetti per questo lavoro”.

“Chloé e Josh hanno lavorato con un numero molto ristretto di persone così da potersi immergere più facilmente in questa comunità,” afferma Asher. “Abbiamo svolto il nostro lavoro all’interno di vecchi furgoni che sarebbero potuti appartenere ai nomadi e che ci hanno permesso anche di girare a 360 gradi”.

“Come produttrice, sono entrata a far parte di una compagnia molto unita composta da 23 giovani filmmaker e ho viaggiato con loro realizzando il film da loro pari. Non ero lì per insegnare, ero lì per imparare e questo è stato il motto del nostro viaggio”, afferma McDormand. Il team era composto da 19 uomini e 17 donne.

L’approccio quasi improvvisato di Zhao nei confronti della narrazione si è esteso anche alle riprese. “Invece di arrivare sul set sapendo esattamente cosa fare,” afferma Richards, “Chloé è molto aperta all’idea di scoprire il film man mano che si va avanti”.

“Non sai mai con esattezza cosa Chloé stia cercando e questo ti dà la libertà di esplorare,” afferma Strathairn (GOOD NIGHT AND GOOD LUCK, LINCOLN), amico di vecchia data e vicino di casa di McDormand. “Eppure mi sembrava che avesse come l’occhio di un cacciatore e che sapesse esattamente cosa voleva catturare”.

“Non riesco a vedere i personaggi che prendono vita fino all’inizio delle riprese,” afferma Zhao. “Devo assistere al modo in cui il personaggio interagisce con l’ambiente, il tempo atmosferico e le persone che lo circondano, a seconda dell’ora del giorno e di quanto la telecamera si avvicina a lui. E poi prende vita”.

“Chloé è una persona estremamente consapevole. Riesce a prendere in considerazione tutto ciò che la circonda. Assorbe ogni cosa. E sa cosa è veritiero e cosa non lo è,” afferma Janvey. “Riesce a riconoscere gli elementi più interessanti, sia tematicamente che visivamente. È estremamente decisa e chiara. E allo stesso tempo è pronta a scoprire e ad adattarsi”.

“Chloé monta nella sua mente le scene che abbiamo girato durante la giornata,” afferma Richards parlando di Zhao, che è anche la montatrice del film. “Poi torna a casa, guarda i giornalieri e a volte mi telefona la mattina per dirmi ‛Voglio aggiungere soltanto una cosa’. Non è un approccio convenzionale, e lei è costantemente alla ricerca del film e del montaggio”.

Per le musiche del film, Zhao afferma di essersi messa ‟alla ricerca di musica ispirata alla natura” e di essere stata attratta dal compositore italiano Ludovico Einaudi e dal suo ultimo lavoro, Seven Days Walking, uscito nel 2019. Einaudi ha basato le sue composizioni su una serie di passeggiate sulle Alpi italiane nel 2018, seguendo sempre lo stesso percorso ogni giorno ma aprendosi alle emozioni e agli stimoli che sperimentava osservando il cambiamento della luce, della temperatura, della fauna e delle condizioni climatiche. “Imparare a vivere con la natura è una parte molto importante dell’evoluzione di Fern. Vivendo in un furgone, si trova sempre più esposta alla natura, alla sua bellezza e alla sua ostilità, alla sua capacità di alimentarsi e guarire”. Seven Days Walking contiene brani suonati da Einaudi al pianoforte, Federico Mecozzi al violino e alla viola e Redi Hasa al violoncello.

Il sound design era molto importante per il film ed è stato ideato per adattarsi ai vari paesaggi visitati da Fern. Per questo Zhao e il suo team si sono rivolti al messicano Sergio Diaz, che ha collaborato con celebri registi come Alfonso Cuarón (Roma), Guillermo del Toro (Il Labirinto del Fauno, Hellboy: The Golden Army) e Alejandro González Iñárritu (21 Grammi, Babel). Per Nomadland, Diaz ha collaborato con il sound designer di Los Angeles Zach Seivers, che ha lavorato anche come re-recording mixer. “Volevamo che il sound design fosse fedele ai paesaggi sonori attraversati da Fern,” spiega Zhao. “Proprio come avevamo fatto per le musiche, non volevamo ricorrere a “trucchi” sonori per dire al pubblico come sentirsi e quali emozioni provare. Volevamo essere creativi, esperienziali nel nostro sound design, oltre a rimanere sinceri e onesti”.

Molti dei veri nomadi presenti nel film sono stati selezionati nel corso di diversi mesi trovando una o due persone alla volta e lavorando con coloro che avevano legami più stretti all’interno della comunità. Swankie e Linda May sono state entrambe ingaggiate fin dall’inizio, poiché erano citate anche nel libro di Bruder. “Per me ovviamente, la mia vita appare molto normale e ordinaria. Leggere di me nel libro di Jessica mi ha fatto sentire imbarazzata e umile al tempo stesso,” afferma Swankie. “Ho messo da parte alcune circostanze della mia vita per un breve periodo per partecipare al film, ma ne è valsa la pena. Chloé ha inserito nella sceneggiatura anche la fasciatura che porto al braccio”.

Suanne Carlson (che nel film spiega la lezione del secchio da venti litri) ha fondato insieme a Bob Wells il gruppo no profit a sostegno dei nomadi, Homes on Wheels. I produttori Asher e Janvey hanno scoperto che il loro sostegno aveva dato una certa dose di validità e fiducia alla società cinematografica quando si è rivolta ai nomadi, inoltre il gruppo ha suggerito anche un certo numero di persone che poi sono state selezionate per il film. “Ci inviavano delle note come ‘ha un cagnolino di nome Wilbur, ama fare il barbecue e sfamare le persone’,” afferma Asher. “Alla fine abbiamo preparato un documento per il casting da dare a Chloé, con nomi, foto e immagini dei loro oggetti personali, oltre a piccole curiosità su di loro. Una dei nomadi, una donna di 86 anni di nome V.J. Flanary, è stata una delle prime donne pilota!”.

Chloé ha scelto quali nomadi inserire nel cast in base a quel documento, ma poi ha eseguito degli ulteriori casting per le scene individuali durante l’allestimento dell’RTR (Rubber Tramp Rendezvous) a cui Chloé è andata per conoscere tutti i nomadi presenti, uno per uno. Per esempio, il gruppo che racconta storie attorno al fuoco è stato scelto attraverso questo procedimento. Una delle caratteristiche del lavoro di Zhao consiste nell’instaurare una grande fiducia con i suoi soggetti reali, gettando le basi per una sincerità e un’autenticità che sono davvero uniche nel suo lavoro. “Il set era silenzioso e le macchine da presa erano fisse su di loro. Avevano a disposizione tutto il tempo, lo spazio e il rispetto necessari a raccontare le loro storie. Questo rappresenta il cuore di NOMADLAND”, spiega Asher.

I viaggiatori, come Derek, il giovane ragazzo che Fern incontra, sono simili ai nomadi sotto alcuni punti di vista, ma sono una sottocultura differente e non socializzano spesso con i nomadi. Chloé voleva però mostrare che al personaggio di Fern piace socializzare, e così hanno creato la scena in cui Fern offre il sandwich a Derek e gli fa delle domande sui suoi genitori per illustrare questa caratteristica. Alla fine Derek si è unito alla squadra del film. Zhao e i suoi produttori hanno pensato che ingaggiarlo fosse un altro modo per far sì che il processo di realizzazione di NOMADLAND rispecchiasse lo spirito della storia.

Parlando della sua esperienza lavorativa con Zhao, Swankie afferma: “All’inizio mi intimidiva, ma dopo averla conosciuta meglio mi sono accorta che era l’unica persona in grado di vedere il quadro complessivo. Quando mi chiedeva di fare qualcosa che sembrava contrario alla mia personalità, mi ricordava con gentilezza che si trattava di una storia, non della mia vita reale. Ho pensato che fosse meravigliosa. Ho imparato molte cose guardando Chloé e Frances lavorare insieme”.

“Non avevo mai sentito parlare di Fran e non avevo mai visto nessuno dei suoi film,” prosegue Swankie, “eppure, da come si comportava con me, sembrava che io fossi una famosa star del cinema e lei fosse una mia fan. Le ho confessato che non avevo la minima idea di chi fosse, ma lei non si è offesa, ha soltanto iniziato a parlare con entusiasmo della nostra collaborazione. Mi sembrava di aver ritrovato un’amica persa di vista da molto tempo. Durante la realizzazione del film, mi sono sentita più amata, voluta e apprezzata che in tutta la mia vita”.

“Credo che in passato sia stata fatta una promessa alla generazione dei baby boomer,” afferma Spears, “ossia che se avessero fatto X, Y e Z, tutto avrebbe funzionato alla perfezione fino al giorno in cui sarebbero andati in pensione. Chiaramente questo non è accaduto e non sta accadendo. La rete di sicurezza si è strappata e molte persone ora stanno cadendo. Come dice Bob Wells, è come se il Titanic stesse affondando”.

“Eppure,” prosegue Spears, “questa situazione si incastra alla perfezione con la tradizione dell’individualismo americano forte e vigoroso. Molte di queste persone, che stanno trovando se stesse dopo essere state costrette a vivere una vita di questo tipo, stanno scoprendo una nuova indipendenza e un nuovo senso di identità. Per la prima volta nella loro vita, hanno degli obblighi soltanto verso se stessi. Penso che questo sia di grande ispirazione e, ovviamente, molto complicato, nello stesso modo in cui molte cose in America sono così stratificate e complicate in questo momento storico”.

“Queste sono persone che stanno ridefinendo il sogno americano,” afferma Asher. “È interessante perché penso che in tutti i suoi film, Chloé affronti questo concetto del sogno americano da una prospettiva originale: il punto di vista di un’artista nata e cresciuta in una cultura completamente diversa”.

“Il potere del cinema di finzione è ciò che mi ha colpito di più e mi ha ispirato a realizzare film,” afferma Zhao, “e in questo periodo stiamo correndo il rischio di dimenticare questo potere. Non volevo solo concentrarmi su qualcuno che usava la strada come un mezzo per un fine: non ero interessata a fare un commento sociale su quanto sia brutto il capitalismo americano. Preferirei vedere un documentario su questo argomento, girato da qualcun altro. Ciò che volevo fare era entrare in questo mondo ed esplorare un’identità americana unica: il vero nomade. È questo il campo dove voglio incontrare il pubblico: spero di incontrare e magari coinvolgere uno spettatore alla volta”.

“Chloé sta utilizzando il cinema per mostrare le vite di persone reali che vengono completamente ignorate: anziani, senzatetto,” afferma Richards. “Si tratta di esplorare la vita da una certa prospettiva, che non sia semplicemente basata sull’osservazione. C’è della poesia in questo”.

Linda May descrive la sua vita on the road: “Le persone che incontro lungo la strada sono persone con cui non avrei mai socializzato per via delle nostre carriere, dei nostri stili di vita, dei luoghi in cui vivevamo. I nostri percorsi erano molto diversi, ma quando ci siamo incontrati abbiamo instaurato un grande spirito di squadra, iniziando subito a sostenerci a vicenda e occuparci l’uno dell’altro. Un’amicizia che normalmente avrebbe impiegato anni per svilupparsi è nata in modo estremamente veloce grazie al nostro legame comune: lo stile di vita nomade”.

“Alcuni lo chiamano ‘viaggio’ o ‘avventura’. Io non lo faccio”, riassume Swankie. “Cerco soltanto di vivere pienamente la mia vita, provando ad allargare i miei orizzonti. Un tempo, lo scopo della mia vita era essere una parte importante nelle vite dei miei figli e dei miei nipoti. Questo non ha funzionato in modo salutare, né per me né per loro. In realtà era scoraggiante e deprimente. Dovevo canalizzare le mie energie verso uno stile di vita più sano. Per riuscirci ho deciso di diventare una nomade. Non vivo avventure, non visito luoghi turistici per poi tornare a casa. Non ho una casa. Sono una Nomade da più di dieci anni ormai e non sono ancora stanca. Tutto ciò che possiedo è qui con me. Non devo tornare da nessuna parte a prendere qualcosa. Essere Nomade è una scelta, non una circostanza”.

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