Il Ragazzo e l’Airone, il film ‘definitivo’ di Hayao Miyazaki

È uscito in patria a luglio senza che nessuno sapesse niente, o quasi, del contenuto; c’era solo un poster molto minimale e una domanda come titolo: “E voi come vivrete?”. In un’epoca dove è facile e comune sapere tutto di un prodotto ancora prima che questi esca, andare controcorrente con un marketing stunt simile può essere, paradossalmente, molto remunerativo, soprattutto se la firma del progetto è quella di uno dei più grandi maestri dell’animazione giapponese.
Presentato al Festival del Cinema di Roma in anteprima nazionale, “Il ragazzo e l’airone”, questo il titolo adottato per la versione italiana del nuovo film dello Studio Ghibli diretto da Hayao Miyazaki, è un film pregno di idee che si presenta nella forma per la maggior parte del tempo quieto, misterioso, ammantato da un velo crepuscolare e da un forte sense of wonder. Se questa descrizione potrebbe essere superficialmente applicata a uno qualsiasi degli altri film di Miyazaki, va detto che il suo ultimo film è tra i più personali, se non il più personale, a cui abbia mai lavorato. “Il Ragazzo e l’Airone” pesca a piene mani dalla lunga carriera cinematografica del regista e recupera i suoi stilemi più riconoscibili per creare un’esperienza ricca, trasognata, a volte grottesca, ma sempre vera, sempre con il supporto dell’inattaccabile qualità tecnica e senza disdegnare anche qualche omaggio al compianto collega Isao Takahata.
“Il Ragazzo e l’Airone” è un film che è più godibile meno si sa a riguardo. Svelare la trama nel dettaglio sa quasi di tradimento nei confronti dell’idea originale intorno al marketing, ma è, tuttavia, una caratteristica che purtroppo nel mercato occidentale andrà (anzi, è già andata) inevitabilmente a perdersi. A grandi linee, la domanda che fa da titolo originale, “come vivi?”, è la domanda che da il via al viaggio del giovane Mahito. La madre è venuta a mancare durante i bombardamenti che hanno distrutto anche la sua casa, ed il ragazzo è costretto a spostarsi insieme al padre, già risistematosi, in una casa in campagna. In questa situazione di forte crisi interiore, Mahito riceve sempre più spesso la visita di un airone cenerino, un personaggio che presto si rivelerà in grado di condurlo in un altro mondo dove la madre potrebbe essere ancora viva.
Senza scendere nei dettagli, c’è tutto ciò che ha reso Miyazaki l’autore immediatamente riconoscibile e la leggenda dell’animazione che è, pregi e difetti. C’è la guerra sullo sfondo di una vicenda intima e umana e c’è il rapporto dell’uomo con la natura; ci sono l’evasione in mondi fantastici, la crescita, il conflitto e la morte. Ci sono momenti dall’animazione talmente impeccabile da far commuovere. C’è, soprattutto, una trasparenza totale nel raccontare la vicenda, eguagliata solo alla maestria con cui viene raccontata.
Per il primo terzo del film il tono è più intimista, familiare nei rimandi bucolici de “Il Mio Vicino Totoro” e nelle relazioni di “Si Alza il Vento”; poi viene ceduto il passo alla trasmigrazione nell’altro mondo de “La Città Incantata” e agli aspetti più surreali de “Il Castello Errante di Howl”. Nonostante questa spartizione, l’idea, vedendo il film, è quella assistere ad un lungo, dolceamaro, flusso di coscienza frutto della mente di un uomo avanti con gli anni, che prima ricrea in maniera maniacale la realtà e che poi cerca di creare un mondo nuovo che risulta, per sua natura, sconnesso, pieno di crepe e destinato a finire di lì a breve. Entrambe queste anime si intersecano continuamente: c’è magia nell’ordinario; c’è la necessità della morte nello straordinario.
Non è un film pulito e i riferimenti, seppur presenti solo concettualmente, a volte funzionano solo per autoreferenzialità; questa è l’unica grande debolezza della struttura. Il film gioca col tempo, le dimensioni, le possibilità e a tratti ci sono dei passaggi la cui consequenzialità è confusa. Il film preferisce abbracciare il lato emotivo molto più spesso di quanto si preoccupi di mantenere una propria coesione interna. Se però le idee sono così tante da generare spaesamento, gli intenti invece non sono mai stati così chiari. Il film riesce nella straordinaria impresa di avere una personalità distinta nonostante abbia una riconoscibile identità patchwork, o nonostante i personaggi al centro della vicenda non affrontino mai dei conflitti davvero incisivi.
Sarebbe oltretutto sbagliato interpretare il film solo come una parabola metanarrativa sulla vita e le opere del regista giapponese. Mai come in questo caso, l’artista rivolge lo sguardo al presente ed accetta il fatto che i propri difetti si scontrano con la storia che deve raccontare. C’è una forte malinconia che permea ogni personaggio, creatura ed ambiente del mondo con cui Mahito si interfaccia, ma c’è anche un forte senso di pace e di equilibrio. Ciò che è inquietante diventa aggraziato e poi ritorna inquietante, ancora e ancora come in un cerchio. E poi, semplicemente, tutto finisce.
I film di Miyazaki sono stati in grado di fare breccia nel cuore di così tanti appassionati per lo stesso motivo per cui ci sono riusciti tutti i grandi registi autoriali: perché instaurano una discussione con lo spettatore. In questo caso, la domanda è più aperta che in qualsiasi altro suo lavoro: “Tu come vivi? Io ho vissuto in questo modo”. Così facendo, resta un messaggio per chi verrà: per quanto il mondo possa essere pieno di cose spaventose ed incomprensibili vale la pena trovare il bello in esso. Le cose finiscono, a volte senza essere completamente risolte o comprese, e va bene così. Qualunque cosa accada, in qualche modo, andrà tutto bene.
Chi non ha mai apprezzato la poetica di Miyazaki difficilmente cambierà idea con “il Ragazzo e l’Airone”, contando anche che le tematiche sono già state ampiamente affrontate dallo stesso regista, ma è un film il cui calore è avvolgente, costante, resta sottopelle e sedimenta ulteriormente quando si considera che questo potrebbe essere l’ultimo film di un regista amatissimo (o uno degli ultimi, dato che, a quanto pare Miyazaki si è già messo all’opera sul suo prossimo progetto). Quello che può sembrare uno sguardo, un po’ solipsistico, sulla propria eredità, diventa una sincera considerazione sul valore di un mondo che cade a pezzi e si accartoccia su sé stesso, ma dove emerge la necessaria interconnessione tra tutte le cose; tra vita e morte; tra animali e uomini.
“Il Ragazzo e l’Airone” è un dono per i fan di Miyazaki, per chi ama l’animazione o più in generale il cinema che fa emozionare. È un’elegante esplosione di colori e creatività che si risolve poi in un addio brusco, ma umile e sentito. Non potrebbe esserci un finale migliore di questo per una tale carriera, come se fosse la fine di un concerto: il virtuoso direttore d’orchestra, dopo aver fatto più di un bis, conclude con un timido inchino e, quasi di straforo, esce di scena… almeno fino alla prossima “ultima” volta.

“Il ragazzo e l’airone” è in uscita il 1° Gennaio 2024 distribuito da Lucky Red.

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