DUNE: PARTE DUE

Quello di Dune è un mondo immenso, con una storia ed un’importanza culturale nel panorama sci-fi paragonabile solo a quello che il “Signore degli Anelli” rappresenta per il genere fantasy. La seconda parte dell’adattamento di Dune curato da Denis Villeneuve rende giustizia a tale grandezza ed è giusto mettere le cose in chiaro da subito, quando è il film stesso ad esigere attenzione con la Voce autoritaria di una ‘Bene Gesserit’ ancora prima che appaia il logo della Warner Bros.
La seconda parte dell’epica ascesa al potere di Paul Atreides (Timothee Chalamet) è anche la conclusione della sua epopea e rappresenta, oltre che una naturale evoluzione della prima parte uscita quasi tre anni fa, il vero spettacolo dell’opera di Herbert. “Dune – Parte Due” racchiude la maggior parte degli eventi del libro e mostra tutti i contendenti pronti a combattere per ottenere le risorse di Arrakis e sottomettere, o liberare, i Fremen. Il fascino estraniante è continuo; la fotografia precisa e ricercata come non mai. Questa seconda parte della storia fa emergere la complessità ed il fascino distante di un mondo curato, denso, ma pur sempre alieno.
“Dune – Parte Due” è grandioso nel senso più stretto del termine. Bastano pochi colori, tendenti sempre o all’arancione o alla palette seppia, insieme ad un sound design d’eccezione che a tratti sbalza dalla sedia, per ricreare immagini e location evocative, a metà tra lo stile di David Lynch e ciò che Villeneuve aveva già sperimentato con Blade Runner 2049 e con la prima, più contenuta, parte di Dune con la caduta di casa Atreides. Questo è un film da vedere al cinema e che renderà meno in qualsiasi altro modo in cui potrà essere visto in futuro. Sentire la propria poltrona vibrare, come se ci si trovasse in un aereo pronto al decollo, nel momento in cui Paul è alle redini di uno dei grandi vermi di Arrakis, è un’esperienza che da sola vale l’ingresso in sala.
Senza andare nel dettaglio, c’è tanto in “Dune – Parte Due” che tenta di impressionare e spesso ci riesce, ma dopo una prima ora davvero eccezionale, l’estremizzazione epica funziona a fasi alterne ed incespica su un finale che non sa mai quando arrivare.
“Dune – Parte Due” paga una mole considerevole di personaggi ed una struttura epica un po’ vetusta che, per quanto ci provi, non può dare più di tanto spazio a tutti i personaggi che lo meriterebbero, ma è il meglio che si poteva ottenere con una trama così fitta senza una compressione terribile come nel caso dell’adattamento del 1984. La forza dei personaggi sta, piuttosto che nella scrittura nuda e cruda, comunque funzionale, quanto nelle grandi prove attoriali che li animano, oltre che nel costume design superbo.
Paradossalmente Chalamet, seppure sia il fulcro dell’esperienza, risulta, insieme a Zendaya, uno degli attori meno incisivi, non tanto per demeriti suoi, quanto piuttosto per la classe e l’esperienza di attori come Javier Bardem e la grande sorpresa Austin Butler, fenomenale nel ruolo del figlio dell’Imperatore.
I limiti narrativi del primo film rimangono, mentre la messa in scena raggiunge dei picchi d’eccellenza. Lo stile più arido e meno scanzonato rispetto al grosso dei film commerciali odierni non può incontrare i gusti di tutti, ma da un punto di vista oggettivo il lavoro fatto è impressionante, e la storia ha più colore ache in passato grazie ad una lieve anima romantica totalmente assente nella prima parte.
Non tutti i blockbuster che escono dovrebbero essere come “Dune – Parte Due”, ma tutti i blockbuster che si rispettino dovrebbero aspirare ad avere questo livello di cura e questa visione cristallina, possibile davvero solo sul grande schermo.

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