Malarazza (Una storia di periferia), del talentuoso regista siciliano Giovanni Virgilio, è stato presentato a Roma, alla Casa del cinema, dallo stesso autore e da buona parte del cast (Stella Egitto, Paolo Briguglia, Cosimo Coltraro e il giovanissimo Antonino Frasca Spada) in un’animata conferenza stampa moderata da Laura Delli Colli.
Malarazza è un film che racconta la storia di una giovane madre (Stella Egitto) e suo figlio (Antonino Frasca Spada) che, assieme al fratello transessuale della donna (Paolo Briguglia), sono vittime di un sistema di potere malavitoso rappresentato da un boss in declino (David Coco) e da un “capo” emergente” (Cosimo Coltraro). Per queste tragiche esistenze non sembra esserci speranza per un riscatto sociale.
Tristi protagonisti che vivono luoghi in cui lo Stato sembra essere del tutto assente. “Spero che questo film possa rappresentare un monito per le istituzioni”, ha dichiarato il regista in conferenza stampa. Virgilio, infatti, è noto al grande pubblico, soprattutto quello siciliano, per il suo impegno sociale espresso in particolare attraverso l’arte, senza rinunciare all’elemento spettacolare. Alle domande dei giornalisti, infatti, ha confessato che ha “volutamente lasciato in sospeso alcune questioni nel film” perché spera di “realizzare una serie televisiva sui Malarazza”. In fondo, i suoi personaggi –particolarmente intensi, come ha sottolineato Paolo Briguglia che nel film veste i panni di un transessuale, forse quello che più di tutti, risente di un isolamento sociale sempre più dilaniante – concedono numerosi spunti narrativi che potrebbero aprire le porte ad una forma di serialità. L’interprete ha spiegato come abbia cercato in tutti i modi “di evitare la macchietta nell’interpretare un trans”, ispirandosi a “due grandi interpretazioni: quella di Jared Leto in Dallas Buyers Club e a quella di Cillian Murphy in Breakfast on Pluto”.
Anche Stella Egitto ha dichiarato di “aver avuto paura del suo personaggio”. Per questo, ha iniziato “a conoscere i quartieri sin dai sopralluoghi del film”, confidando che “l’impatto con questa realtà è molto particolare, ma una volta compreso questo tessuto sociale”, ha fatto in modo che la sceneggiatura la attraversasse, “aderendo a ciò che il quartiere le restituiva”.
E nel film sono soprattutto i ruoli femminili – che come ha giustamente sottolineato la Delli Colli sono fondamentali, parlando addirittura di un vero e proprio “focus” sulle donne – a farsi metafore di una situazione ben più complessa che non può essere relegata alla sola periferia siciliana ma che, al contrario, assume un carattere universale. La periferia come simbolo di una cultura, soprattutto familiare, che nonostante i “vinti” da cui è abitata, è portatrice di valori che spesso nelle realtà metropolitane si vanno a dissolvere. Un Sud che torna dunque protagonista, come ha più volte specificato il regista – autore anche della sceneggiatura assieme a Luca Arcidiacono.
Insomma, il film che ci porta dritti nel mondo della periferia tout court, non tanto (o non solo) in quella catanese e siciliana, ci porta dove la coesione sociale sta svanendo in fretta e ogni strada può essere un confine tra ultimi e penultimi. Cosa sapremo in più e meglio dalla Commissione parlamentare che da un anno indaga sulle periferie in Italia e a fine novembre presenterà la sua relazione finale?