Il filo di speranza.

“Cara mamma ti scrivo dal fronte…” 15, 16 e 17 maggio, ore 21,00 al Centro Culturale Elsa Morante di Roma lo spettacolo in prosa e musica realizzato dal laboratorio teatrale dell’Istituto Leon Battista Alberti

ALBERTI_LocandinaIl laboratorio teatrale dell’Istituto di Istruzione Superiore Statale “Leon Battista Alberti” di Roma presenta lo spettacolo “Cara mamma ti scrivo dal fronte …”, realizzato dagli studenti dello stesso Istituto, da un’idea e con la regia di Fatima Scialdone, con testi originali di Fernando Pannullo. La scenografia e direzione artistica sono di Massimo Maselli, le musiche di Francesco Bancalari, la coreografia e l’assistenza alla regia di Carlo Del Giudice. Lo spettacolo andrà in scena giovedì 15, venerdì 16 e sabato 17 maggio, alle ore 21,00, presso il Centro culturale Elsa Morante, Piazzale Elsa Morante, Roma.

Gli studenti dell’Alberti, oltre a recitare, hanno collaborato alla esecuzione delle suggestive scenografie, alla realizzazione dei costumi, al trucco e – in qualità di assistenti – alla regia e alla direzione tecnica di scena.

“La rievocazione di un momento così doloroso per la storia del nostro Paese ha una valenza soprattutto dal punto di vista umano, prima che storico. Le parole delle lettere scritte dai nostri soldati dal fronte ai loro cari sono le parole che, ancora oggi, ciascun soldato impegnato nei tanti, troppi conflitti che sconvolgono il mondo, scriverebbe ai propri cari lontani. E’ uno spettacolo che invita i nostri ragazzi a riflettere sull’orrore, sempre, di tutte le guerre” sottolinea la regista Fatima Scialdone.

Da un vecchio baule polveroso, dimenticato in soffitta, Matilde Serao estrae documenti sonori e cartacei relativi alla guerra di Tripoli e a quella del 15-18: libri, foto, dischi, copielle di canzoni, lettere scritte dai soldati al fronte alle famiglie e, per contro, lettere di madri, sorelle, fidanzate ai loro uomini. Condotti per mano dalla estroversa scrittrice, “rivisitiamo” il repertorio di canzoni che si cantavano e recitavano a ridosso della Grande Guerra ed entriamo lentamente, lontano dalla finzione della ribalta, nella realtà delle sofferenze e dei disagi che la interminabile guerra  genera ai soldati e alle famiglie, attraverso diari e lettere, un’enorme mole di lettere, circa 4 milioni e mezzo. Nelle lunghe ore di snervante attesa, tra un “attacco” e il successivo, nel caldo soffocante o nel gelo paralizzante, si ripeteva migliaia di volte il rito della ”scrittura”, unico legame col paese natio, sottile filo di speranza per sopravvivere all’immane disastro.

Un vero e proprio excursus letterario e canoro mediante il quale onoriamo il ruolo determinante delle donne nel conflitto, riviviamo il minuscolo Festival della canzone che gli italiani riuscivano ad organizzare nelle trincee e nei campi di concentramento, ricordiamo le molte canzoni sorte proprio nel periodo bellico. Reginella, Tiempe belle ‘e ‘na vota, La canzone del Piave, ’O surdato ‘nnammurato” sono un vero messaggio di speranza di pace. “PACE” la parola magica  che, dopo la narrazione di tanta catastrofe, si auspica  rifulga nitida e netta negli obiettivi delle generazioni future…

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