Il nuovo commissario Montalbano.

Montalbano 2016 homeÈ uno degli appuntamenti più attesi del piccolo schermo. Luca Zingaretti, volto e anima della serie “Il commissario Montalbano”, la trasposizione televisiva dei celebri e omonimi romanzi scritti da Andrea Camilleri, torna in prima serata su Rai1 con due nuovi film per la tv, per la regia di Alberto Sironi, che vedranno l’amatissimo Salvo Montalbano alle prese con nuovi e intricati casi da risolvere. Si comincia lunedì 29 febbraio con “Una faccenda delicata”, tratto dalle raccolte “Un mese con Montalbano” e “Gli arancini di Montalbano”, mentre lunedì 7 marzo sarà la volta de “La piramide di fango” tratto dall’omonimo romanzo del Maestro Camilleri.

Sullo sfondo dell’assolata cittadina di Vigata ritroveremo Salvo Montalbano insieme al suo gruppo storico di fidati collaboratori e amici del piccolo commissariato siciliano, intento come sempre in difficili indagini tra fitti misteri e depistaggi. In “Una faccenda delicata” Salvo, ancora scosso per la morte di François e preoccupato per le ferite che questa perdita ha provocato in Livia (interpretata dalla new entry Sonia Bergamasco), si mette sulle tracce dell’assassinio della settantenne Maria Castellino, una prostituta attempata ritrovata strangolata nel piccolo appartamento in cui accoglieva i clienti. Ne “La piramide di fango”, invece, Montalbano si troverà a fare i conti con un grande giro di corruzione e malaffare che vede coinvolto il settore delle costruzioni. Un’altra indagine complessa e pericolosa avviata dal commissario dopo il ritrovamento, in un cantiere, del cadavere del trentacinquenne Gerlando Nicotra, contabile di un’ impresa edile.

“Il commissario Montalbano”, una produzione Palomar con la partecipazione di Rai Fiction, prodotta da Carlo Degli Esposti e Nora Barbieri con Max Gusberti, per la regia di Alberto Sironi. Accanto a Luca Zingaretti come sempre Cesare Bocci (Mimì Augello), Peppino Mazzotta (Fazio) e Angelo Russo (Catarella).

Montalbano è a Boccadasse in compagnia di Livia quando la voce dell’ineffabile Catarella rompe l’incantesimo: “Hanno stranguliato una bottana settantina”. Montalbano protesta: “Ma che volete da me? Non c’è Mimì Augello?”. La voce di Catarella si arrochisce come il verso di un pappagallo… “Dottori dottori…”. Il problema è proprio Mimì, che alle prese con il delitto della bottana, ha imboccato una pista a dir poco discutibile. Fazio reclama la presenza di Montalbano perché la faccenda è particolarmente delicata. Il commissario torna a malincuore a Vigata, dovrà porre un freno alle strane ipotesi investigative di Mimì Augello, senza colpire la sua suscettibilità, muovendosi quindi con molta delicatezza tra i personaggi di questo strano presepe vigatese.

“Camilleri – afferma il regista Alberto Sironi – si è divertito in questa storia a sovvertire allegramente i canoni della morale borghese. Hanno ammazzato una bottana settantina che continuava a professare con profitto il mestiere, e scopriamo che tutti a Vigata le volevano bene, a cominciare dai figli della vicina, che la chiamavano nonna. Il marito della bottana, interrogato, protesta: “Che vulite da me? La mia è una famiglia normale e normale è il lavoro di mia moglie. Io l’ho conosciuta che faceva il mestiere, che diritto avevo io di farle cambiare lavoro?”.

Tutti i personaggi raccontano candidamente la loro storia. Scopriamo che il preside Vasalicò, consigliere finanziario della bottana, frequenta il catoio della signora, come si può frequentare il circolo di conversazione di Vigata. Scopriamo che il disoccupato gerontofilo ha un alibi inattaccabile: il giorno del delitto stava dando assistenza al centro anziani, e così via…

“Il mio compito – prosegue il regista – è stato prima di tutto questo: dare un volto credibile alla bottana settantina, al marito innamorato, al disoccupato gerontofilo, al preside/protettore, al cliente impazzito, alla vicina troppo bella e intraprendente e alla lunga serie di caratteri che la penna di Camilleri ci regala. Nella ricerca dei caratteri camilleriani abbiamo affinato una tecnica collaudata negli anni: setacciamo la Sicilia nei teatrini di provincia, negli stabili delle grandi città, nei gruppi amatoriali, nelle compagnie di dilettanti. Trovate le figurine del presepe resta il compito di muoverle sulla scena. Mi sono dato alcuni obiettivi: una mano lieve nelle scene più crude, il tono di Montalbano meno duro, più cauto davanti agli indagati, più attento alle diversità di questo mondo borderline, in modo da poter entrare nella vita di personaggi apparentemente estremi e allo stesso tempo molto semplici, per renderli credibili allo spettatore”.

Nel secondo episodio, invece, c’è una sequenza in cui Montalbano lascia il commissariato per raggiungere uno dei cantieri sui quali sta indagando. Sta infuriando il temporale e Montalbano ferma l’automobile in uno spiazzo fangoso, a ridosso di un’enorme montagna di detriti. La pioggia aumenta di intensità e il commissario è costretto ad abbassare il finestrino appannato. Ora la montagna è davanti a lui, enorme, minacciosa. La pioggia battente ha scavato la terra lungo i fianchi fino a formare una specie di piramide. Montalbano sembra atterrito davanti a quel mostro. “L’immagine e la sequenza racchiudono l’enigma e il senso profondo del film – racconta Alberto Sironi -. Montalbano ha messo le mani negli appalti di alcuni cantieri dopo la morte misteriosa di un uomo che sembra essersi trascinato a morire in uno di questi. L’inchiesta procede a fatica, avvolta nella ragnatela degli intrighi, nel dedalo delle pratiche pubbliche, nel labirinto della burocrazia. Davanti a Montalbano non si materializza nessun volto, nessun colpevole, tutto è avvolto nella nebbia dell’anonimato.Soltanto alla fine un misterioso faccendiere, deus ex machina di questi giganteschi imbrogli, svela la diabolica macchina garantita e protetta dalla politica nel nostro disgraziato paese. Questa volta ho dovuto imboccare una strada nuova. Niente personaggi, niente caratteri, niente volti. Soltanto ombre che si palesano nelle parole di una coraggiosa giornalista”.

L’inchiesta avanza faticosamente senza prove, sorretta dalle elucubrazioni di Montalbano. C’è un unico cadavere in tutta la vicenda: il corpo dell’impiegato che, nella sequenza iniziale del film, si è trascinato a morire all’interno di uno dei cantieri. “Al di là del dovere morale di dare corpo e immagine a una storia esemplare – conclude il regista – La piramide di fango ha dato nuova linfa al mio lavoro. Raccontare le ipotesi di Montalbano, indagare nelle macchinazioni senza volto, leggere le ombre, mostrare lo sgomento e l’indignazione del commissario davanti ai muri di gomma dove si nasconde il malaffare… tutto ciò mi ha confermato nella convinzione che ogni volta per me Montalbano è una nuova avventura che sono lieto di affrontare”.

A quasi vent’anni dal suo arrivo sul piccolo schermo e dopo 26 film per la tv accolti da record di ascolti anche con le repliche, per Luca Zingaretti “Camilleri ha creato un personaggio estremamente seducente, che trova in se le risposte che gli servono e non va dietro nè ai soldi nè al potere. Non ha il cartellino del prezzo attaccato. Montalbano afferma la sua unicità e suscita un’attrazione fatale. Noi uomini vogliamo assomigliarli e le donne vorrebbero averlo vicino”.

A chi gli ricorda che, qualche anno fa, aveva espresso la tentazione di chiudere l’esperienza di Montalbano, Luca Zingaretti risponde: “E’ vero, nel 2008 avevo detto basta. Poi mi sono chiesto: ma perché? E’ un prodotto di alta qualità per il quale, tra l’altro, lavoro due mesi ogni due – tre anni. Sarebbe stupido negare che per la maggior parte del pubblico sono Montalbano ma esistono tanti pubblici. E, poi, a fare Montalbano io mi diverto, soprattutto umanamente. Quando non avrò più l’entusiasmo che ho adesso non lo farò più. Fino ad oggi per tutti noi è stata una scelta, senza obblighi contrattuali ne’ umani”. Anche perché, aggiunge l’attore, “è vero che chi fa il mio mestiere per natura vorrebbe cambiare sempre ruolo. Ma anche potersi permettere il lusso di coprire un personaggio per tutto l’arco della sua vita è un privilegio”.

Ma la creatura letteraria di Andrea Camilleri, potrebbe debuttare anche al cinema, stando a quanto ha detto il regista della serie Alberto Sironi. “Camilleri ha scritto l’ultimo Montalbano come voi sapete – ha spiegato oggi nella conferenza stampa a Viale Mazzini per il ritorno del Commissario in Tv – ed è ancora chiuso nella cassaforte di Sellerio. Andrea ci ha raccontato la trama e ci ha chiesto di mantenerla segreta. Forse quel romanzo potrebbe diventare un film, chi lo sa, staremo a vedere”.

Molto meno convinto di uno sbarco al cinema è il produttore della serie (insieme a Nora Barbieri e con Max Gusberti), Carlo Degli Esposti: “non ci penso proprio a farne un film. Quello di Alberto è solo un pensiero, noi invece pensiamo principalmente a far tornare al più presto Montalbano in tv”. Infatti due nuovi film per il piccolo schermo saranno girati da marzo e andranno in onda l’anno prossimo.

I commenti sono chiusi.