“Non si può trattare l’omosessualità come una malattia”. Intinto nella drammatica realtà di un mondo forzatamente marginale e scritto sulla pelle di un adolescente che deve affermare la propria identità di fronte al mondo: è questa la parabola raccontata dall’esordiente catanese Sebastiano Riso in “Più buio di mezzanotte”, il film che porta a Cannes, nella sezione Semaine de la Critique.
La storia di un sedicenne diviso tra un padre incapace di accettare la sua differenza e un universo di sconosciuti che lo accolgono in un giro fatto di libertà e dolore nasce da un progetto a lungo coltivato dal regista trentunenne.
Alla base c’è una sceneggiatura finalista al Solinas nel 2010, scritta sull’onda dell’emozione suscitata in lui dalle parole di Davide Cordova, in arte Fuxia, una drag queen del celebre locale gay romano ‘Muccassassina’.
Un racconto, quello di Cordova, che ha le stimmate del dramma più classico nell’esperienza dei gay: un padre che si vergogna di avere un figlio omosessuale e lo caccia di casa, una madre che lo accetta e vorrebbe proteggerlo ma non ne ha la forza, la fuga da casa e la scoperta di un mondo nuovo e diverso in cui riconoscersi, accogliente di affetti gratuiti ma anche tracciato da attenzioni a pagamento. Sebastiano Riso elabora questo drammatico racconto di formazione scrivendolo sul volto efebico dell’esordiente Davide Capone, catanese anche lui, volto luminoso e sguardo fermo, che incarna coi suoi 16 anni la storia del suo omonimo: un padre (Vincenzo Amato) vestito sempre di bianco ma dal cuore nero, che non accetta il suo modo di essere e lo tormenta cercando di farlo essere uomo a furia di sopraffazione e punture di ormoni; una madre (Micaela Ramazzotti) che lo ama e lo comprende, dolce ma anche un po’ smarrita nella cecita’ che le vela gli occhi…
E infine la fuga da casa, per scelta e soprattutto per necessità, in una dispersione esistenziale che trasforma la doppia confusione dell’adolescente che si scopre diverso dalla norma imposta dalla società, in un viaggio nel mondo un po’ fantastico e un po’ spaventoso della strada. In un cinema porno incontra Rettore, un quasi coetaneo che si prostituisce e che lo introduce nell’universo di Villa Bellini, un angolo di Catania che accoglie i marginali. Ed è tutto un susseguirsi di figure accoglienti e simbiotiche, un giro di ragazzi in cerca di se stessi nell’esposizione della loro femminilità trovata in trucchi, vestiti, pose… La disillusione dell’amore smarrito nel corpo in vendita, l’innamoramento impossibile, le incursioni della polizia e di occasionali picchiatori: Davide tiene la sua purezza, rifiuta di vendersi, si innamora di un ragazzo che lo introduce al suo protettore, un altro uomo in bianco (Pippo Delbono) che vorrebbe prenderlo sotto la sua tutela.
Sebastiano Riso illustra questo universo senza volerlo esaminare: il suo sguardo sta programmaticamente fisso sul suo giovane protagonista, lo cerca nelle sue insicurezze e nella sua curiosità, lo perde nei suoi smarrimenti e nel bisogno di affetto impossibile. Il film è semplice e diretto, onesto nel suo calore e nell’accoglienza che mostra per questo universo così fragile ed esposto. Sospeso in un tempo che è a noi contemporaneo, ma descrive una realtà sociale e culturale più vicina agli anni ’80, “Più buio di mezzanotte” traccia un affresco notturno di Catania, percorso da figure un po’ spettrali ma mai spaventose, curioso di un universo che cerca la sua identità esattamente come le figure che lo popolano.
“I miei ci sono ancora, ma non hanno visto il film, e mia madre è cieca. Ma sono fiducioso che tanti genitori, a prescindere dalla diversità del figlio, vedendolo capiscano che un figlio va amato e coccolato: c’è solo una vita e dobbiamo essere amati”, afferma Davide Cordova.
Il film da oggi è presente anche nelle sale cinematografiche italiane.