Un giorno, una vita. Roma, è la notte fra il 1° e il 2 novembre 1975 quando il grande poeta e cineasta italiano Pier Paolo Pasolini viene assassinato. Simbolo di un’arte che si è scagliata contro il potere, gli scritti di Pasolini scandalizzano e i suoi film sono perseguitati dalla censura. Molti sono quelli che lo amano, non pochi quelli che lo odiano.
Il giorno della sua morte Pasolini trascorre le sue ultime ore in compagnia dell’amatissima madre, degli amici più cari; poi esce di notte a bordo della sua Alfa Romeo in cerca di avventure nella città eterna. All’alba del 2 novembre il corpo di Pasolini viene ritrovato senza vita all’idroscalo di Ostia.
Dopo l’anteprima mondiale del trailer, il 2 luglio 2014 alle Giornate Professionali a Riccione, finalmente il film su “PASOLINI” di Abel Ferrara, arriva alla Mostra del Cinema di Venezia.
Un film onirico e visionario, un intreccio di realtà e immaginazione. Abel Ferrara ricostruisce l’ultimo giorno di vita di questo grande poeta e lo fa insieme al suo attore feticcio Willem Dafoe, straordinario interprete di Pasolini.
“Non vogliamo trovare chi l’ha ucciso, quel che è successo quella notte è successo quella notte”. Parola del regista Abel Ferrara, tornando all’ultima notte del poeta, scrittore, saggista, regista, attore e sceneggiatore.
“Quella di ‘Pasolini’ di Abel Ferrara – afferma lo sceneggiatore Maurizio Braucci – è stata una sceneggiatura molto impegnativa perché abbiamo cercato di raccontare un mito della cultura italiana del ‘900, un personaggio immenso e complesso, durante i suoi ultimissimi giorni di vita (dal 31 ottobre alle 00.30 circa del 2 novembre del 1975) senza cadere nell’errore di fare un film solo per i nostalgici e per gli esperti del grande poeta di Casarsa. ‘Pasolini’ doveva essere specialmente per i più giovani – quest’ultima è una cosa che ci siamo ripetuti spesso io ed Abel durante la scrittura e le riprese – un film per vedere il quale non bisognava per forza entrare in sala conoscendo già il chi-dove-come-quando del personaggio che volevamo raccontare. Allo stesso tempo, doveva essere un film che non facesse concessioni didascaliche e riduttive ma restituisse al pubblico le tematiche controverse, sperimentali e radicali del Pasolini dell’ultimo periodo. Siamo partiti da una documentazione minuziosa sull’opera pasoliniana, abbiamo ricostruito gli ultimi giorni della sua vita intervistando le persone a lui legate (specie i suoi cugini Graziella Chiarcossi e Nico Naldini e l’amico del cuore Ninetto Davoli) e ritrovando documenti che comprovavano le loro testimonianze, infine abbiamo sentito tutte le persone informate dei fatti riguardanti la sua morte (da Pino Pelosi all’avvocato Guido Calvi ai giudici dei vari processi o delle riaperture delle indagini) e inoltre abbiamo voluto sentire degli esperti di Pasolini (come Walter Siti, Dacia Maraini, Virgilio Fantuzzi). Mentre facevamo questo, abbiamo iniziato a lavorare alla storia dandoci due regole fondamentali: rispettare i fatti ovvero i momenti reali che Pasolini aveva vissuto in quelle ultime ore; raccontare soltanto le opere a cui stava lavorando in quei giorni e che sono per lo più rimaste incompiute. Il risultato finale è stato un flusso narrativo simile al modo con cui in pittura si utilizza la tecnica delle velature -sovrapponendo strati di colori con tonalità diverse e giocando con le trasparenze per avere un risultato più intenso e allo stesso tempo più brillante- infatti alle vicende reali di quelle ultime ore e ai personaggi che li hanno animati, Ferrara ha sovrapposto l’immaginario che emergeva dalle opere che Pasolini stava allora sviluppando, cioè alcuni capitoli del romanzo “”Petrolio” (gli appunti 55, 97, 98) e parti della sceneggiatura di “Porno-Teo-Kolossal” insieme alle ultime due interviste da lui concesse, una alla tv francese, l’altra a Furio Colombo per «La Stampa», che raccontano le polemiche e la poetica pasoliniana di quell’ultimo periodo. Anche il reparto scenografico ha contribuito ad una ricostruzione filologica degli ambienti e degli oggetti, dai libri, ai giornali, alle scritte sui muri delle strade. Tuttavia, come detto nell’esempio delle velature, i livelli della narrazione si intrecciano per dare maggiore forza visiva e intensità e liberarsi dalla cronaca e dal documentario, il montaggio di Fabio Nunziata ha completato infine questa tensione registica”.
“La sceneggiatura – prosegue Braucci – è stata scritta sia in inglese che in italiano, partendo dall’una o dall’altra lingua a seconda dei casi. Per alcune scene abbiamo lavorato gomito a gomito con Willem Dafoe, adattando con lui i dialoghi dall’italiano all’inglese o, poiché lui recita in italiano in alcune scene, scegliendo le espressioni più adatte al carattere che lui dava al nostro Pasolini. Alla fine, trattandosi di una produzione internazionale, la versione originale è in inglese e anche in italiano nelle parti girate con i ragazzi di vita, mentre la versione italiana sarà per intero nella nostra lingua”.
“Io – conclude lo sceneggiatore – ho seguito tutte le riprese, continuando a modificare a volte i dialoghi insieme agli attori – specie con Ninetto Davoli e Riccardo Scamarcio per le scene di ‘Porno-Teo-Kolossal’ quando nascevano delle nuove idee o l’attore sentiva in modo diverso il personaggio. La ricostruzione dello sfondo storico è stata impegnativa, abbiamo consultato spesso l’emeroteca della Biblioteca Nazionale di Roma alla ricerca di notizie che ridessero il clima della Roma di quegli anni, un clima molto violento dentro il quale è avvenuto l’omicidio di Pasolini. Lo stesso dicasi per i documenti giudiziari, abbiamo letto tutto quello che c’è di serio sull’omicidio e studiato minuziosamente il processo di primo grado del 1976 che, a mio parere, rimane, grazie alla relazione del perito Faustino Durante, l’inchiesta più affidabile condotta sul caso. Ma, ripeto, tutto questo costituisce lo sfondo entro il quale il cuore di un grande poeta ha battuto le sue ultime ore e ha dato ritmo al nostro film”.
“Non è un giallo, non è un’indagine”, gli fa eco Dafoe, mentre Ferrara rispedisce al mittente apparentamenti troppo stretti tra lui e Pasolini: “La differenza? Io sono cresciuto guardando i suoi film, lui no. Da buddista quale sono, medito sul mio maestro”.
Davoli parla di un film realizzato con “grande onestà, attento alla realtà, sebbene non bastino le ultime 48 ore della sua vita per raccontare Pasolini”, mentre Dafoe sottolinea di non “aver rappresentato, interpretato Pier Paolo, ma incarnato le sue riflessioni, i suoi pensieri”.
Ma qual è il merito principale del film? Secondo il montatore Fabio Nunziata, “quello di avvicinarsi all’umanità, la verità umana di Pasolini: per 40 anni si è discusso sulla sua morte, sul complotto, sull’ipotesi dei siciliani, ma tutto questo ne ha oscurato la grandezza. Viceversa, qui si racconta l’importanza della morte nella sua vita: Pasolini è un mito, una divinità moderna, e solo un regista straniero come Abel poteva farlo”. Nel cast anche
Scamarcio, che confessa “un senso di militanza per Abel: è molto energetico sul set, gira ogni scena come se fosse l’ultima. Da buon soldatino quando chiama vado e seguo il maestro. L’atmosfera sul set è stata quella che mia spettavo, fedele a Pasolini”.
Sulla straniante lingua inglese messa in bocca al Pasolini di Dafoe, infine, Ferrara spiega: “Come Willem, sono americano, e io nemmeno parlo italiano: le cose che dice le avremmo potute esprimere solo nella nostra lingua, mentre il romanesco dei ragazzi di vita è una scelta artistica e creativa. Non solo, questo film non è Pasolini, Roma, 1975, per me potrebbe essere a New York ieri notte, con un ricco e famoso su una bella macchina che a Brooklyn rimorchia ragazzi dominicani”. Conclude Dafoe, “il nostro è un omaggio onesto a Pasolini e l’Italia”.
Il film sarà dal 25 settembre nelle sale con Europictures in versione originale e doppiata in italiano con la voce di Fabrizio Gifuni. Nel cast oltre Willem Dafoe nei panni di Pasolini e Ninetto Davoli in quelli di Epifanio ovvero Eduardo De Filippo, anche Valerio Mastandrea, Andrea Bosca, Riccardo Scamarcio in quelli di Ninetto Davoli, Maria De Medeiros per Laura Betti, Adriana Asti per la madre Susanna Pasolini, mentre Furio Colombo, autore dell’ultima, celebre intervista è Francesco Siciliano.
Leggi il commento di Camilla Lombardozzi sul film: Pasolini “l’inglese”.
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